Il Fronte del Cielo - Gli Apparecchi - 14.1 - Velivoli Italiani

L'aviazione europea nacque in Francia e lì conobbe la maggiore crescita. In Italia l'attività produttiva si sviluppò in ritardo rispetto alle altre potenze continentali. Ciò spiega perché all'inizio del conflitto gli aerei di cui potevamo disporre erano per lo più francesi. Ad essi si aggiunsero alcuni modelli tedeschi copiati e riprodotti ed altri velivoli sempre stranieri. Apparecchi di tipo pionieristico, con potenze che arrivavano più o meno a 50 cavalli e che si dimostrarono poco prestanti, vennero passati in carico alle scuole di volo dove svolsero brillantemente il compito di macchine da addestramento. Fu il destino del «BleriotXI», del «Farman» del 1910 e del «Nieuport» monoplano. Tra gli apparrecchi impiegati nell'attività addestrativa sono da citare alcuni mezzi quasi unici e molto diversi tra loro: il tedesco « Etrich Taube», gli italiani «Asteria» e «Filiasi», il « Deperdussin», gli idrovolanti «Breguet», « Borel», «Curtiss» e «Albatros». Considerazione a parte spetta al «Gabardini» costruito a Cameri (NO) in vari esemplari con diverse caratteristiche e impiegato nella locale scuola. Questo mezzo si fece particolarmente apprezzare. Era un monoplano con potenze tra i 50 e 90 cavalli. Il costruttore e fondatore della scuola fu il pittore Giuseppe Gabardini. Dai vecchi modelli «Farman» i fratelli Maurice e Henry ricavarono nel 1914 il «MF». Era questo un biplano con un motore «Gnome» rotativo da 80 cv, in posizione spingente. Fu prodotto in Italia nelle varie versioni disponibili. Anche se lento (circa 100 kmh), si dimostrò affidabile. Inoltre con l'applicazione delle prime armi, fornì una piattaforma accettabile. Continuò comunque a servire nelle scuole e nel dopoguerra fu ancora impiegato nelle colonie fino agli anni '20. Poco dopo il «Farman» per l'appoggio all'artiglieria furono adottati i «Caudron G3» che come struttura erano simili al precedente, e provvisto del solito motore «Gnome» da 80 cv ma montato in posizione trattiva. La differenza era soprattutto nella velocità di salita che si rivelò maggiore, caratteristica che fu ulteriormente migliorata con il bimotore «Caudron G4». Il velivolo venne prodotto anche in Italia e adottato specialmente presso i reparti montani che avevano i problemi tipici del volo in quota. Per contro il «G3» era lento e poco armato trovandosi spesso in posizione indifendibile. Nato nel 1914 il «Voisin» fu adottato in Italia un anno dopo. Era un aereo molto robusto, con la struttura in acciaio. La fusoliera era piuttosto avanzata rispetto alla cellula biplana e fu equipaggiato con vari motori anche assai potenti (da 60 a 190 cv.). La caratteristica più originale era rappresentata dal carrello quadriciclo e che impediva il cappottamento. Queste caratteristiche permisero di usare il velivolo come bombardiere leggero e ricognitore. Il primo aereo tedesco abbattuto in Francia, fu preda proprio di un «Voisin». Poiché il motore era posteriore come nel «Farman», l'uso dell'arma anteriore era comodo e preciso. Vi vennero installati anche dei cannoncini da 37 ma, come già sottolineato, i «Voisin» furono usati anche per il lancio di ordigni da 60 - 162 Kg. con il lanciabombe «Bailo». In Italia questo aereo divenne famoso per essere stato scelto da Gelmetti che nella primavera del '18 atterrò in piena notte alle Focate di Aviano in una tipica azione di appoggio alle missioni di "intelligence» Italiane".

In Germania nel 1914 comparve un aereo biplano di formula moderna, l' «Aviatik B-I». Esso aveva una struttura in legno con rivestimento in tela, era biposto con l'osservatore sul sedile anteriore, e un motore «Mercedes» da 160 cv. Nella successiva versione «C-I» l'osservatore fu spostato dietro al pilota. L'«Aviatik» suscitò grande interesse, anche in Italia, per le sue doti di robustezza e velocità. Il velivolo non è da confondere con l'«Albatros B-I» del 1914, che apparentemente è simile ma più leggero e meno veloce. Il progetto fu opera di Heinkel che passerà poi alla Hansa Brandemburg, progettando il C-I». Anche quest'ultimo dai piloti italiani era erroneamente chiamato «Albatros». Anche altre aziende produssero aerei con la stessa configurazione come il «Lloyd» e il «Lohner». I nostri tecnici vennero in possesso dei disegni dell'«Aviatik». L'italiana SAML lo riprodusse con la sigla «A1», usando un motore «Fiat A10» da 100 hp ed equipaggiandolo con una mitragliatrice Fiat. Il velivolo risultò sottopotenziato. Fu quindi sviluppata la successiva versione «A2» da difesa, con motore stellare «Salmson» da 160 cv. L'armamento venne potenziato con l'aggiunta di una pistola-mitragliatrice «Villar Perosa». Il velivolo fu prodotto anche con differenti motorizzazioni, come ad esempio il propulsore rotativo «Gnome» e gli «Isotta Fraschini Colombo» da 110 cv. In tutto ne vennero costruiti 410 esemplari. Da esso fu derivato l'«S1» per l'impiego montano, ottenuto con una velatura maggiorata e sostituendo il motore con un «Fiat A12» da 160 cv. Seguì poi la versione «S2» con ali maggiormente corte, equipaggiata con il più potente motore «Fiat A12bis» da 300 cv. e provvista di una mitragliatrice fissa per il fuoco frontale - installata sopra l'ala - e di una seconda arma brandeggiabile. I tipi «S1» e «S2» furono costruiti in 660 esemplari. Le doti di volo e robustezza di questo apparecchio lo fecero apprezzare dai piloti Italiani. Rimase in servizio anche dopo il conflitto trasformandosi in aereo scuola.

Dopo i primi esperimenti fatti dalla marina con vari modelli stranieri e prototipi italiani, si scelse di acquistare la licenza di produzione del «Franco-British-Aviation C», un aereo a scafo centrale, biplano con motore spingente, costruito da Lois Schreck con finanziatori inglesi. Fu prodotto dalla SIAI, ma anche da Piaggio, Ducrot, Zari e altre in 982 esemplari. I primi erano in versione «C» con motore rotativo Gnome ma ben presto si passò alla versione «H» triposto con motori Isotta Fraschini da 180cv. I piloti Italiani per le sue caratteristiche di volo gli appiopparono il nomignolo di «Fate Bene Attenzione» giocando sull'acronimo FBA di Franco-British Aviation Company. La differenza con il concorrente austriaco «Lohner» stava nel fatto che l'FBA aveva un buon scafo mentre l'idro austriaco volava meglio. L'apparecchio italiano in aria era instabile mentre il «Lohner» aveva diffi coltà di flottaggio. La SIAI gli affiancò la produzione di modelli originali come l' «S8» e l' «S9» con migliori caratteristiche. Quando sul Canal Bianco presso Volano, nel maggio 1915 ammarò e venne catturato il «Lohner L40», questo fu subito trasferito a Porto Corsini e poi inviato alla Macchi che lo riprodusse con la sigla « L1». Biposto, dotato di motore «IF» da 180 cv., esso si dimostrò più prestante dell'«FBA». Vennero quindi prodotte la versione «L2» e poi la «L3», che fu rinominata in «M3» perché ormai differiva molto dall'originale. Seguì poi il tipo potenziato con il «Fiat A12bis» da 300 cv. battezzato «M4», sul quale a titolo di esperimento, venne montato anche un cannoncino «Vickers» antisommergibile. L'«M5» era invece un monoposto da caccia, cui fecero seguito l' «M6», l' «M7» (monoposto con propulsore «IF» da 250 cv), l'«M8» da ricognizione (equipaggiato con motore «IF» 180 cv.) e l' M9, anch'esso da ricognizione, (spinto da un «Fiat» 300 cv) alcuni esemplari del quale furono resi in grado di trasportare bombe antisommergibile sferiche. Da ultima venne prodotta la versione «M12» triposto da ricognizione.

I velivoli della «Nieuport» furono prodotti in Italia dalla «Macchi» che nel 1912 aveva iniziato a costruire su licenza il modello «III-G», precedente a quello sul quale il fondatore della fabbrica francese aveva trovato la morte. La «Macchi» in effetti nacque come «Società Anonima Nieuport-Macchi». A fondarla erano stati Carlo Felice Buzio, Giulio Macchi, Roberto Corsi e il vicentino Costantino Biego. L'obiettivo era quello di costruire nel nostro paese i modelli della casa transalpina, considerati tra i migliori al mondo e già ben noti al regio esercito. Essa riprodusse i «Ni 10», «Ni 11» e «Ni 17», ma non il «Ni 27». La caratteristica più marcata dei «Nieuport» era di avere una cellula alare sesquiplana, costituita cioè da un'ala superiore molto più grande di quella inferiore. Su un biplano le due ali producono un reciproco disturbo aerodinamico. Pertanto la portanza totale non è la somma delle forze generate dalle due ali. Quelle in uso all'epoca erano sottili e non permettevano di contenere longheroni di dimensioni sufficienti. Delage tentò allora di risolvere il problema riducendo le dimensioni dell'ala inferiore in modo che contribuisse alla resistenza della struttura senza influire negativamente sull'aerodinamica. Purtroppo però, installando un solo longherone in quest'ultima, nelle affondate ad alta velocità, essa si deformava tra il montante e la fusoliera innescando un vibrazione che in poco tempo portava al cedimento dell'ala medesima. Tale difetto non fu mai completamente eliminato, provocando molti incidenti mortali tra cui quello che coinvolse Giovanni Nicelli al campo di San Luca presso Paese. Il fenomeno fu così sottovalutato che persino i Tedeschi, quando disegnarono i primi «Albatros D», copiando l'ala del «Nieuport», riprodussero anche il suo intrinseco tallone di Achille. Viste le conseguenze adottarono poi una cellula classica. Frattanto nel nostro paese, l'aviazione italiana alla fine del 1917 stava transitando allo «SPAD». Quello che doveva essere primo caccia di produzione nazionale, lo «SVA», non si era rivelato adatto allo scopo. Poichè dunque l'industria di casa nostra non era in grado di soddisfare né qualitativamente né quantitativamente le esigenze della macchina bellica, fu deciso di ordinare anche il «Ni 27» alla Francia. Contemporaneamente, la Macchi acquistò la licenza di produzione dell' «Hanriot».

Questo agile apparecchio, denominato "HD1" era stato progettato nel 1916 dall'ingegner francese Pierre Dupont. Gli interessi dei francesi erano però a quell'epoca concentrati sui «Nieuport» e su altri modelli. Acadde così che l'aereo non fu addottato dalle forze transalpine e fu offerto all'estero. Il Belgio ne acquistò 125, preferendolo addirittura al «Camel» britannico. In Italia la «Macchi» acquisì la licenza di produzione e ne realizzò 1700. Il velivolo con le squadriglie Italiane dimostrò le sue ottime caratteristiche. Decollava in pochissimo spazio, era robusto e maneggevole. Le uniche manchevolezze che si fecero sentire solo più tardi, furono la scarsa potenza e il fatto di essere armato con una sola mitragliatrice. La sua vita operativa superò di molto la guerra e ispirò anche altri aerei da addestramento degli anni '30. Nel 1926 erano ancora 6 le squadriglie della Regia Aeronautica, che volavano su questa ottima macchina. Lo SPAD deve il suo successo a Luis Bleriot che rilevò l'azienda di Armand Deperdussin, la «Société Provisoire des Aéroplanes Deperdussin (SPAD) ormai sull'orlo del fallimento. Il progettista Louis Bécherau stava lavorando al progetto di un caccia semplice con ali non decalate e profili sottili e poco curvati. Il velivolo fu realizzato con una struttura alare robusta che divenne la sua dote migliore. Per il propulsore Bécherau puntò su un motore a V scartando i motori rotativi che avevano raggiunto il massimo delle possibilità ed erano penalizzati da problemi di vibrazioni e da coppie giroscopiche inaccettabili. Il progettista spinse così l'ingegner Marc Birkigt della Hispano-Suiza a sviluppare e a produrre un motore adatto. L'Italia adottò il caccia nella versione «VII » con una mitragliatrice singola e poi passò alla versione « XIII» con due armi sincronizzate. Fu realizzata anche una versione con un cannoncino tra la V dei cilindri e passante nel mozzo dell'elica, che però non ebbe il successo sperato. I piloti Italiani storpiarono il nome «Spad» ribattezzando l'aereo «Spada». Il velivolo equipaggiò le squadriglie 91^, 71^, 77^ e poi fu fornito in pochi esemplari anche ad altri reparti. Verso la fine della guerra era ormai quasi superato, ma continuò a mietere successi rimanendo in servizio ancora molti anni.

Lo SVA è stato il primo monoposto italiano sviluppato in maniera razionale dalla DTAM, ricorrendo fin dall'inizio ad attenti calcoli strutturali. Tutto ciò in un'epoca in cui le costruzioni aeronautiche erano ancora piuttosto empiriche. L'obiettivo era quello di assemblare un caccia potente ed efficiente con prestazioni superiori a quelle di qualsiasi altra macchina dell'epoca. Il motore scelto fu uno SPA. Vennero però impiegate anche altre motorizzazioni, tutte con cilindri in linea raffreddati ad acqua. L'aereo collaudato da Mario Stoppani si dimostrò subito robusto e rapido ma sfortunatamente poco manovrabile. Inoltre era troppo veloce in atterraggio (120-130 kmh ) al punto che fu necessario allungare la pista di Ponte San Pietro dove si trovava il Centro Formazione Squadriglie per lo SVA Il velivolo fu così scartato come aereo da caccia dai piloti della 91^ Squadriglia di Baracca che nell'agosto del 1917 lo valutarono presso la propria base a Santa Caterina di Udine. Nel febbraio del 1918 Gino Allegri sfidò con questo aereo Ferruccio Ranza ai comandi di uno Spad, in un combattimento simulato, riuscendo a far la barba all'asso della 91^. Lo SVA trovò dunque il suo uso più consono come ricognitore e bombardiere leggero in un ruolo che oggi si chiamerebbe «strategico». Furono allestite numerose Sezioni di Squadriglia con esso equipaggiate. Si prestava a lunghi raid fra i quali sono rimasti famosi quelli su Franzenfeste e Friedshafen. La sua impresa più conosciuta è però naturalmente il volo su Vienna. L'Ansaldo non rinunciò comunque a proporne una versione da caccia e già dal 1917 derivò dallo SVA ricognitore il modello A1 «Balilla» che, più piccolo provvisto di due mitragliatrici Fiat e di montanti alari dritti, fu distribuito ai reparti solo verso la fine del conflitto non influendo sulle operazioni.


Da: "Il Fronte del Cielo, di Renato Callegari e Stefano Gambarotto

 


 
Elenco dei campi di aviazione La produzione

WWW.IL FRONTE DEL CIELO.IT

NIEUPORT 80 CV 1914 (MACCHI 10000)

Si trattava di un’evoluzione del monoplano IVG (per Gnome, dal nome del motore) usato con successo in Libia nel 1911-12 e selezionato dal Battaglione Aviatori per equipaggiare le proprie squadriglie. La Fratelli Macchi se ne aggiudicò la licenza nel novembre 1912 e avviò la produzione prima della costituzione formale della nuova società congiunta Nieuport-Macchi. La produzione complessiva fu di 44 aerei, compresi due prototipi. Ne furono equipaggiate quattro squadriglie, che presero parte alle primissime fasi della Prima guerra mondiale ma furono quasi subito sciolte per l’obsolescenza degli aerei.(tratto da http://www.aleniaaermacchi100.it)


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FARMAN




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FILIASI 1910


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ASTERIA




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DEPERDUSSIN 1911




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F.B.A (FRANCO-BRITISH AVIATION)




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MACCHI M.5




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GIULIO MACCHI 1866 - 1935

Ingegnere. Nel 1913 a Varese Giulio Macchi fonda la Società Anonima Nieuport-Macchi, dalla "Società anonima Fratelli Macchi", di Giovanni, Giuseppe, Enrico e Giulio Macchi, nata nel 1905 per carrozzeria, automobili, ruotificio. niziò con la costruzione su licenza di aerei francesi, ma dopo la prima guerra mondiale si specializzò nella costruzione di idrovolanti. Negli anni '30 e 40 costruì alcuni tra i più famosi caccia e aerosiluranti in dotazione alla Regia Aeronautica

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ASTERIA




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ETRICH TAUBE




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COSTANTINO BIEGO

Pilota, brevetto n. 56, inserito nei ruoli dell'Aero Club d'Italia il 1 gennaio 1913. comandò il Battaglione Aviatori. Nel 1913 insieme a Giulio Macchi e a Roberto Corsi fondò la società Società Anonima Fratelli Macchi - Carrozzeria, Automobili e Ruotificio.

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NIEUPORT NI.11 BEBE




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VOISIN


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AVIATIK C.I.




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NIEUPORT 17




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HANRIOT HD.1




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GIOVANNI NICELLI 1893 - 1918

Nato a Lugugnano Val d'Arda (Pc) arruolato come motorista nel Battaglione Aviatori, frequentò il corso di pilotaggio e nel gennaio 1917 conseguì il brevetto di pilota militare. Con il grado di caporale fu assegnato alla 79^ squadriglia caccia sul campo di Istrana. Promosso sergente in giugno ottenne la sua prima vittoria il 25 ottobre, ma entro la fine dell'anno ne aveva aggiunte altre due al suo palmares. Il 30 gennaio 1918 abbattè insieme a Reali un biposto, visto cadere in vite e perdere le ali presso Costalunga. Il 5 febbraio , da solo, fece precipitare un Brandenburg C.I presso Case Girardi e il 22 abbattè un Phonix. Le ultime due vittorie le ottenne il 4 maggio. Il giorno successivo a Nicelli venne chiesto dal suo comandante di effettuare un'esibizione di fronte ad un gruppo di ufficiali alleati in visita. L'asso, giunto al vertice di un looping, perse una delle ali inferiori e si fracassò nel cortile di una casa di Porcellengo. (Da: Gli Assi Italiani della Grande Guerra, di Paolo Varriale, Nell'immagine: Nicelli, a sinistra, con Cerutti)




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CAUDRON G.3




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ALBATROSS D.III




Apparso per la prima volta nella primavera del 1917 sul fronte occidentale, fu prodotto in circa 1900 esemplari. LUNGHEZZA: 7,33 m; LARGHEZZA: 9,05 m; ALTEZZA: 2,98 m; PESO: 886 kg a pieno carico; MOTORE: 1 Mercedes D.III a 6 cilindri in linea raffreddato a liquido di 175 HP; VELOCITA': 175 km/h; DISTANZA: 350 KM; QUOTA MAX: 5500 M; VELOCITA' ASCENSIONALE: 886 piedi/minuto

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ANSALDO S.V.A.

La serie dei velivoli SVA segna una pietra miliare per la tecnica aeronautica italiana con il passaggio dalla fase empirica al calcolo su precise basi scientifiche delle caratteristiche aerodinamiche e strutturali dell'aeromobile. Con lo SVA si giunse infatti a determinare sulla carta quali sarebbero state le caratteristiche dell'esemplare realizzato. Come ricognitore e bombardiere leggero fu insuperato, ed ammirato anche dagli avversari. La progettazione del nuovo aereo impegna, nell'estate 1916, gli ingegneri Umberto Savoia e Rodolfo Verduzio, con la collaborazione dell'ingegner Celestino Rosatelli. Nel dicembre 1916, al cantiere di Borzoli Mare cominciava la costruzione del primo esemplare, che differiva dal progetto originale per una diversa forma degli impennaggi e per l'adozione di un radiatore frontale unico. Il primo SVA venne trasferito da Borzoli al campo di Grosseto, dove, con l'allora sergente Mario Stoppani ai comandi, si staccò per la prima volta da terra il 19 marzo. Nell'estate, i primi esemplari venivano collaudati dai piloti militari. Ne emergeva un giudizio negativo sulle qualità manovriere dello SVA, anche se la sua velocità risultava ben superiore a quella dei caccia alleati Hanriot HD.1 e Spad S.VII. Alla luce di queste considerazioni, la D.T.A.M. e l'Ansaldo presero in considerazione l'opportunità di utilizzare lo SVA come aereo polivalente, adattandolo al bombardamento e alla ricognizione.




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SAML S1 AVIATIK

Nel 1913 la Società Anonima Meccanica Lombarda (SAML) cominciò ad interessarsi al mondo dell'aviazione. Il 6 gennaio 1915 avvenne un incontro tra la direzione della ditta e l'ingegnere svizzero Robert Wild che offrì la propria esperienza di progettista maturata presso la fabbrica di aeroplani Aviatik Gmbh di Muehlhausen (oggi Mulhouse) in Alsazia. per la realizzazione di un velivolo derivato dal più recente modello realizzato dalla ditta tedesca, il BII del 1914. Il 31 maggio era pronto per il collaudo il primo prototipo spinto da un motore Samlson da 135 CV, 9 cilindri a stella. Furono costruite 3 serie produttive (A1, A2, A3) con motorizzazioni diverse per un totale di 568 esemplari. La produzione passò poi ai Modelli S1 (con cambiamenti nella forma alare e nella motorizzazione) e S2 (riduzione dell'apertura alare, nuovo armamento e motore) per complessivi 657 velivoli



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LOUIS BLERIOT 1872 - 1936

Fondatore dell'omonima azienda aeronautica ora scomparsa, Louis Blériot è un personaggio noto nell'ambiente dell'aviazione, si può ben dire che è il primo pioniere aeronautico in Europa. Verso i trenta anni comincia ad interessarsi di aerei. Il primo volo avviene con un veicolo di sua costruzione, nel 1907. Il 25 luglio 1909, compie l'impresa di sorvolare per primo il Canale della Manica a bordo di un velivolo da lui stesso costruito, denominato Bleriot XI, dotato di un motore predisposto dall'italiano Alessandro Anzani. Conseguita la laurea in Ingegneria presso l'Ecole Centrale di Parigi, ottiene il brevetto di pilota (il primo rilasciato nella nazione francese) nel 1909; Louis Bleriot mette a punto la tecnica ancora oggi valida per pilotare un aliante e perfeziona quella dei fratelli Wright, per la guida del biplano. La struttura creata da Louis Blériot è quella dei moderni aerei, e prevede la collocazione dei timoni di direzione e spostamento nella zona posteriore del velivolo.




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SOPWITH CAMEL




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SPAD VII



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SPAD XIII




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77^ SQUADRIGLIA CACCIA

La 77^ squadriglia Nieuport è formata il 31 maggio 1916 al campo della Comina. Al Comando del capitano Piccio è armata con velivoli Nieuport 10 ed inizia i voli di guerra nel luglio 1916, andando intanto a riequipaggiarsi con i Nieuport 11. In agosto si trasferisce al campo di Cascina Farello con il compito di fornire protezione agli idrovolanti della Marina. Nel corso del 1916 eseguiva 526 voli di guerra sostenendo 30 combattimenti e abbattendo due velivoli avversari e un Draken. Nel marzo del 1917 l'unità si trasferisce al campo di Aiello e riceve i primi SPAD. Nel corso dell'offensiva di agosto il reparto effettua ben 398 voli di caccia, scorta e crociera, sostenendo 20 combattimenti e abbattendo tre aerei nemici. Dopo Caporetto si ritira ordinatamente alla Comina, quindi ad Arcade e infine si assesta a Marcon a difesa della 3^ armata. Da Caporetto alla fine del conflitto la squadrigflia effettuò 372 voli di caccia, 667 di scorta, 1466 crociere e 44 ricognizioni fotografiche per un totale di 2549 voli bellichi cui occorre aggiungere 47 missioni contro i Draken. Ebbe cinque assi conclamat: Ancillotto, Lombardi, Cabruna, Rizzotto e Allasia. Sarà sciolta nel maggio 1919.



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71^ SQUADRIGLIA CACCIA

Il reparto nasce il 15 aprile 1916 dalla 2^ squadriglia caccia sul campo di Cascina Farello, nei pressi di Aquileia. Al comando del capitano Chiaperotti ha in dotazione Nieuport monoposto e biposto. Il 23 maggio viene trasferita a Villaverla per operare nel settore settentrionale. Nel 1916 aveva compiuto 523 voli di guerra sostenendo 74 combattimenti. . Dopo Caporetto una sezione della squadriglia viene distaccata a Campoformido e il 23 novembre 1917 la squadriglia si ritira a Sovizzo. Il 16 dicembre riceve 12 nuovi velivoli SPAD e passa alle dipendenze del XVI Gruppo. Nel 1917 sostenne 1288 voli di guerra e 89 combattimenti. Il 10 maggio 1918 la squadriglia si sposta a Castelgomberto e il 16 ottobre sul campo di Gazzo. Dal 24 ottobre a 4 novembre 1918 compie 143 voli di guerra, principalmente mitragliamenti. Nel 1918 totalizzò 1183 voli bellici e 46 combattimenti. (Da "I Reparti dell'aviazione italiana nella Grande Guerra, Ufficio Storico AM)

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91^ SQUADRIGLIA

La 91ª Squadriglia possiede una caratteristica che la rende forse unica nella storia delle forze aeree di tutto il mondo, giacché Francesco Baracca ebbe il privilegio di poter scegliere uno per uno “I SUOI” uomini. Nell'esercitare tale indubbio privilegio, l'asso romagnolo cercò negli altri aviatori quelle stesse caratteristiche di eccellenza quale uomo, soldato ed aviatore che pure lui possedeva. Baracca, era un professionista serio ed equilibrato, ben lontano da tronfi fanatismi ed animato da grande rispetto per i suoi stessi nemici. A tal fine conviene ricordare come la contessa Paolina Biancoli, sua madre, avesse definito in una lettera gli aviatori austriaci "birbanti". Baracca la riprese pregandola di non chiamarli in quel modo, giacché lui li considerava semplicemente dei soldati che compivano il loro dovere nei confronti del loro paese. In un esercito allora fortemente strutturato in senso gerarchico, si curava poco anche dei gradi, conscio come era che in aria non contasse la presenza od il numero delle stelle da ufficiale sulle maniche. In questo fu simile al suo grande amico Pier Ruggero Piccio, suo superiore quale comandante del X Gruppo ed Ispettore della Caccia e futuro primo Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica quale Arma indipendente. La figura di Piccio a rigor di logica esulerebbe dalla trattazione poiché l'ufficiale romano non faceva parte della 91ª ma la sua storia è talmente legata ad essa che davvero non si può prescindere dal citarlo. Piccio univa un'enorme competenza ad un carattere focoso che lo rendeva pronto alla lode ed al biasimo senza riguardo alcuno al grado dell'interlocutore. Gli aviatori della 91ª erano uomini con storie, provenienze e caratteri diversi, uniti come si è detto dalle non comuni abilità nell'arte del volo e del combattimento aereo. Fra loro, e solo per citarne alcuni, si possono ricordare figure come Fulco Ruffo di Calabria, di nobilissima famiglia del Mezzogiorno, il padre dell'attuale Regina dei Belgi, che pure mai fece pesare il suo rango e rimase al suo posto scontando l'impegno con una grave forma di esaurimento fisico, assumendo anche la guida del reparto dopo la morte di Baracca. La 91ª Squadriglia possiede una caratteristica che la rende forse unica nella storia delle forze aeree di tutto il mondo, giacché Francesco Baracca ebbe il privilegio di poter scegliere uno per uno “I SUOI” uomini. Nell'esercitare tale indubbio privilegio, l'asso romagnolo cercò negli altri aviatori quelle stesse caratteristiche di eccellenza quale uomo, soldato ed aviatore che pure lui possedeva. Baracca, era un professionista serio ed equilibrato, ben lontano da tronfi fanatismi ed animato da grande rispetto per i suoi stessi nemici. A tal fine conviene ricordare come la contessa Paolina Biancoli, sua madre, avesse definito in una lettera gli aviatori austriaci "birbanti". Baracca la riprese pregandola di non chiamarli in quel modo, giacché lui li considerava semplicemente dei soldati che compivano il loro dovere nei confronti del loro paese. In un esercito allora fortemente strutturato in senso gerarchico, si curava poco anche dei gradi, conscio come era che in aria non contasse la presenza od il numero delle stelle da ufficiale sulle maniche. In questo fu simile al suo grande amico Pier Ruggero Piccio, suo superiore quale comandante del X Gruppo ed Ispettore della Caccia e futuro primo Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica quale Arma indipendente. La figura di Piccio a rigor di logica esulerebbe dalla trattazione poiché l'ufficiale romano non faceva parte della 91ª ma la sua storia è talmente legata ad essa che davvero non si può prescindere dal citarlo. Piccio univa un'enorme competenza ad un carattere focoso che lo rendeva pronto alla lode ed al biasimo senza riguardo alcuno al grado dell'interlocutore. Gli aviatori della 91ª erano uomini con storie, provenienze e caratteri diversi, uniti come si è detto dalle non comuni abilità nell'arte del volo e del combattimento aereo. Fra loro, e solo per citarne alcuni, si possono ricordare figure come Fulco Ruffo di Calabria, di nobilissima famiglia del Mezzogiorno, il padre dell'attuale Regina dei Belgi, che pure mai fece pesare il suo rango e rimase al suo posto scontando l'impegno con una grave forma di esaurimento fisico, assumendo anche la guida del reparto dopo la morte di Baracca.(Vedi scheda)




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CAMPO DI AVIAZIONE DI PONTE SAN PIETRO (BG)

Dalla primavera del 1916, nel comujne di Brembate di Sopra, viene allestito un campo di aviazione destinato alla difesa delle città del nord dalle frequenti incursioni aeree austriache. Fu inaugurato l'11 maggio 1916. Fu sede di un Centro di Formazione Squadriglie. Tra i reparti che videro la luce sul campo bergamascola 65^ Squadriglia, la 67^. la 68^, la 87^,88^, la 89^.




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NIEUPORT NI.27




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CAUDRON G.4




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CAMPO DI AVIAZIONE DI SANTA CATERINA (UD)

Sui campi di Campoformido erano di stanza la 10° squadriglia da bombardamento su trimotori biplani quadripolo Caproni, la 10°, poi 27° squadriglia da ricognizione d’armata e la 2°, poi 33° squadriglia da difesa su biplani biposto Farina 14, la 35° squadriglia da ricognizione d’armata su biplani biposto Voisn III e la I°, poi 70° squadriglia da caccia su sesquiplani monoposto Nieuport 10, 11 “Bebè” e 17. Il campo di Santa Caterina veniva utilizzato come campo d’appoggio per le stesse squadriglie di stanza a Campoformido. Dopo la ritirata di Caporetto i campi d’aviazione di Campoformido e di Santa caterina vennero utilizzati dalle forze aeree austro-ungariche. Sul campo di Santa Caterina viene formata la 91^ Squadriglia e Baracca ne diviene comandante il 6 giugno. E’ dotata di quattro Spad, tre Nieuport 110 HP, tre autovetture e tre motociclette. Viene inserita nel X Gruppo Aeroplani. Il reparto sceglie come proprio emblema il grifone. Definita la “Squadriglia degli Assi”, comprende alcuni fra i migliori piloti da caccia dell’epoca: Fulco Ruffo di Calabria (20 vittorie); Ferruccio Ranza (17) e Pier Ruggero Piccio (24)




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GEROLAMO ALLEGRI 1893 - 1918

Gino o "Fra Ginepro" come lo chiamò D'Annunzio, nacque a Mestre. Artista, trovò impiego come impiegato di banca in Inghilterra e a Vienna. Si arruolò poi nell'esercito come artigliere e prestò servizio nel 5° Artiglieria di Fortezza presso le batterie costiere del lido di Venezia. Divenne sergente e, su sua richiesta, pilota aviatore (1916). Arrivò alla 305^ Sezione come sergente pilota nel dicembre del 1916. Al 1 gennaio 1918 si trova presso la 81^ squadriglia caccia a Istrana. A fine gennaio Allegri lascerà il reparto per raggiungere la 86 ^ Squadriglia SVA, 3^ Sezione sul campo di San Pelagio. Il 17 luglio 1918 partecipa con la 87^ Squadriglia al bombardamento di Pola. Il 9 agosto è tra i piloti che partecipano alla famosa impresa di Vienna con D'Annunzio. Il sottotenente Allegri partecipa il 16 agosto ad una lunga ricognizione di 800 km in pattuglia con altri 3 SVA, che abortita per noie a due velivoli, darà origine alla famosa ispezione che smembrò la famosa squadriglia per motivi disciplinari. Il 5 ottobre , di ritorno da una missione su Aviano, gli SVA di Allegri e Vianini entrano in collisione nel cielo di Montecchia, una frazione di Montegrotto. Allegri vi perde la vita. Compì 119 voli di guerra in 11 mesi di attività. Fu decorato con la Medaglia d'Oro al Valor Militare.




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MACCHI M7




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S.A.M.L. S.2




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ANSALDO BALILLA




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FERRUCCIO RANZA 1892 - 1973




Nato a Fiorenzuola D'Arda, dopo gli studi di ragioneria si arruolò frequentando nel 1914 il primo corso per allievi ufficiali del Battglione Aviatori. Nell'ottobre del 1915 volò con i Caudron della 3^ Squadriglia d'artiglieria e ottenne poi il trasferimento alla 77^ Squadriglia da caccia dove si vide confermare la sua prima vittoria il 14 settembre 1916. Altre due vittorie vennero il 25 novembre e nel gennaio 1917 fu nominato comandante della 77^ squadriglia. . Il 1 maggio fu trasferito alla 91^ squadriglia e diventò un asso il 23 settembre condividendo con Sabelli l'abbattimento di un Brandenburg C.I.. Prima della fine dell'anno ottenne altre due vittorie, l'ultima delle quali, il 30 dicembre. La prima vittoria del 1918 fu ottenuta il l2 gennaio ai danni di un aereo tedesco, un Rumpler C.IV. Una doppietta fu rivendicata il 10 febbbraio e il 15 giugno, primo giorno dell'ultima offensiva austroungarica, abbettè un Brandenburg C.I... In settembre Ranza subentrò a Ruffo nel comando della 91^ Squadriglia ottenenendo le sue ultime due vittorie il 29 ottobre. In tre anni di voli di guerra aveva compiuto 465 voli di guerra con 17 vittorie confermate in 57 combattimenti. Rimasto sotto le armi e passato nella regia aeronautica, proseguì la sua carriera partecipando a voli operativi in Libia e in Africa Orientale. Durante la seconda guerra mondiale , con il grado di Generale di Squadra Aerea ebbe il comando dell'Aeronautica dell'Albania durante la sciagurata campagna di Grecia. All'armistizio Ranza era a Bari al comando della 4^ Squadra Aerea e non perse la testa, rimanendo al suo posto e riuscendo prima a mantenere la saldezza delle truppe evitando il sabotaggio degli aeroporti da parte dei tedeschi, collaborando poi con gli Allearti per mostrare la volontà degli italiani a liberare il proprio paese.. In congedo dal 1952, morì a Bologna nel 1973. (Da: Gli Assi Italiani della Grande Guerra, di Paolo Varriale)

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GABARDINI

Il monoplano Gabardini, costruito nel 1913, e' conosciuto come "Gabarda", non ebbe mai una sigla né un nome identificativo. Venne costruito in quattro versioni principali (di cui una quadriposto) e fu, nel 1912, il primo aereo italiano di costruzione interamente metallica. La foto ritrae un esemplare propulso da un motore "Gnome" da 80 Hp.



da. www.asso4stormo.it

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GIUSEPPE GABARDINI 1879 - 1936

Il pittore e ingegnere aeronautico italiano Giuseppe Gabardini (1879-1936) entrò in contatto con il mondo aviatorio a Parigi. Rientrando in Italia nel 1912, iniziò la costruzione del suo monoplano. Nel 1914, acquisita la AVIS di Cameri (Novara), inaugurò la scuola di volo che nel 1915-18 brevettò oltre duemila piloti, utilizzando quasi esclusivamente apparecchi di propria concezione e costruzione.

da. www.museocaproni.it

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FARMAN 1914

Costruito dal 1914 come MF11, fu abbandonato nel 1916. Era propulso da un motore da 80 CV e fu impiegato come ricognitore, bombardiere e velivolo di appoggio per l’artiglieria. Biplano biposto in grado di sviluppare una velocità massima di 106 km/h e di raggiungere una quota di 4000 metri. Pesava 1188 kg a pieno carico ed aveva una autonomia di volo di 3 ore e 30’.



Apertura alare: 16,13 m
Superfice alare: 54 mq
Lunghezza: 9,42 m
Velocità: 100 km/h
Motore: Fiat A.10 da 100 CV

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HENRY FARMAN 1874 - 1958/MAURICE FARMAN 1877 - 1964

Henry fu un pioniere dell'aviazione francese. Nato a Parigi e figlio di un giornalista inglese, studiò da pittore, ma presto i suoi interessi si rivolsero alla bicicletta e come corridore divenne anche un promettente campione. Dopo una carriera fortunata come costruttore di biciclette e di motori per automobili, si dedicò all'aviazione. Con suo fratello Maurice modificò un biplano Voisin e nel 1909 conquistò il record mondiale di velocità ed autonomia. Già nel 1908 aveva messo in piedi una scuola di volo e di costruzioni vicino Versailles. Qualche tempo dopo Maurice iniziò a produrre velivoli e nel 1912 i fratelli Farman unirono le loro energie in un aazienda a Boulogne-sur-Seine, costruendo molti dei loro biplani caratterizzati da un motore spingente, sia per le commesse militari che per addestramento.


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LLOYD CI/II




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HANSA BRANDENBURG C




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MARIO STOPPANI 1895 - 1959

Sergente Pilota, iniziò le vicende belliche con la 2^ Squadriglia di Artiglieria, poi nella 3^ e infine nella 76^ Squadriglia Caccia. Decorato con 2 Medaglie d'Argento al Valor Militare. Divenne pilota collaudatore




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CARLO FELICE BUZIO 1866 -

Ingegnere, imprenditore, inventore, pilota automobilistico e motociclistico, pioniere dell’aviazione italiana. Insieme all’ingegner Restelli ed ad un altro socio costituì l’azienda per la costruzione di motori Rebus. Nel 1912, Buzio prende contatti con la Macchi per la costruzione di aeroplani militari, e dietro la sua proposta fu stabilita un alleanza con la francese Nieuport, produttrice di aerei all’avanguardia e già conosciuti ed apprezzati dal Regio Esercito. A Buzio si devono i progetti di diversi velivoli Macchi, tra cui i primi idrovolanti L3/M3 ed M5.


Macchi, Buzio e Rainaldi

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MACCHI M9




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AVIATIK B1




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MOTORE GNOME ET RHONE 80 CV




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MACCHI M12




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AVIATIK B2




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FRANCESCO BARACCA 1888 - 1918




Nato a Lugo di Romagna il 9 maggio 1888, da Enrico e da Paola dei conti Bianchi, uscì dalla Scuola militare di Modena, nel sett. 1909, col grado di sottotenente di cavalleria. Passato a sua richiesta nelle file dell'aviazione militare, il 28 apr. 1912 fu assegnato al battaglione "Specialisti d'aviazione" e inviato a seguire i corsi della scuola di pilotaggio dell'aviazione militare francese a Reims, dove il 9 luglio 1912 conseguì il brevetto di pilota. Nel 1913, partecipando alle manovre dell'arma di cavalleria, dimostrò le grandi possibilità militari che l'impiego del mezzo aereo apriva sul piano tattico, e gli fu affidato il compito d'istruire gli allievi piloti. Già completamente padrone della tecnica acrobatica, perfezionò continuamente le sue conoscenze e il suo addestramento tattico, abituandosi a pilotare apparecchi di tipi diversi. Con l'entrata in guerra dell'Italia a fianco dell'Intesa, il 24 maggio 1915, il B. accelerò la sua preparazione sugli aerei tipo "Nieuport", dotati di una velocità eccezionale per l'epoca, presso l'aeroporto parigino di Le Bourget. Rientrato nel luglio 1915 in Italia, fu subito mandato al fronte per collaborare all'organizzazione di una difesa contro i già operanti velivoli austriaci. Compì diverse missioni con vari compiti e ottenne la sua prima vittoria in un duello aereo il 7 apr. 1916, costringendo ad atterrare, ancora quasi intatto, all'interno delle linee italiane un velivolo austriaco tipo "Aviatik" : questa azione, che poneva in mano italiana un apparecchio di uno dei modelli più recenti da ricognizione e da combattimento, gli valse la prima medaglia di argento al V. M. Seguirono numerose altre vittorie: nel 1917, all'ottavo aereo nemico abbattuto, gli fu conferita la croce dell'Ordine Militare di Savoia. Dopo aver combattuto con la 70ª squadriglia, di base al campo di S. Caterina (Udine), passò nella primavera del 1917 alla 91ª squadriglia, una unità di nuova costituzione, nella quale confluirono i migliori piloti della 70a e che fu poi chiamata "la squadriglia degli assi". La nuova formazione ebbe in dotazione apparecchi tipo Spad, superiori ai Nieuport, con i quali collezionò una serie straordinaria di vittorie: dopo avere svolto attività assai intensa con base prima a Istrana (Treviso) e poi a S. Caterina, i piloti della 91ª squadriglia potevano vantare alla fine del settembre 1917 diciannove velivoli abbattuti dal B., comandante della squadriglia, tredici da Fulco Ruffo di Calabria, dodici ciascuno da P. R. Riccio e L. Olivari, sette da F. Ranza. La 91ª divenne in breve la squadriglia più famosa del fronte; i suoi piloti s'impegnavano anche in azioni di bombardamento con apparecchi "Caproni", ma la specialità, nella quale il B. e i suoi aviatori eccellevano, era la caccia: la tattica preferita dal B. consisteva nell'attaccare dall'alto il nemico, sfruttando soprattutto la propria eccezionale abilità nella manovra dell'aereo e delle armi di bordo. Altre due medaglie d'argento vennero a premiare l'audacia del B., che durante la battaglia di Caporetto e la ritirata s'impegnò a fondo per ostacolare il nemico con azioni rischiosissime di mitragliamento a bassa quota, anche nelle strade di Udine, che le colonne austro-tedesche stavano attraversando. Trasferitasi la gia squadriglia a Pordenone, e poi a Padova, la stretta collaborazione con la lotta delle truppe di terra continuò, sia nel campo dell'intervento tattico, sia in quello della ricognizione strategica e dei bombardamento. Il 7 dic. 1917 il B. abbatteva il suo trentesimo aereo nemico, un "Albatros" austriaco, sull'altopiano di Asiago. Per questa vittoria, il B. ebbe la croce di ufficiale della Corona belga, dal re Alberto in persona, il 6 febbr. 1918, sul campo di aviazione di Padova, e la medaglia d'oro al valor militare: seguì la promozione a maggiore per merito straordinario di guerra. Il cavallo rampante e il motto "ad maiora", che il B. aveva dipinto sulla carlinga, contribuivano a creare attorno all'aviatore un'atmosfera romantica, come del resto era accaduto ad altri famosi cacciatori di quella guerra, come il tedesco von Richtofen sul fronte francese e l'austriaco Brumowscky sul fronte italiano. La sua figura diveniva estremamente popolare tra i soldati e contribuiva notevolmente all'affermazione della nuova aviazione italiana. La offensiva austriaca e il contrattacco italiano nel giugno 1918 impegnarono a fondo la gia squadriglia. Il 15 giugno il B. abbatté il suo trentaquattresimo apparecchio nemico. Il 19 giugno, uscito al tramonto con altri due aerei della squadriglia per un'azione di mitragliamento a volo radente sul Montello, l'apparecchio del B. fu colpito da due pallottole incendiarie di fucile, che perforarono il serbatoio, e una delle quali raggiunse alla testa l'asso dell'aviazione italiana. (www.treccani.it)

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PISTOLA MITRAGLIATRICE VILLAR-PEROSA 9 MM




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SIAI S9




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ARMAND DEPERDUSSIN 1864 - 1924




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LOUIS BECHEREAU 1864 - 1924




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LOIS SCHRECK 1874 - 1941




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MACCHI M3




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IDROVOLANTE TIPO CURTISS

Idrovolante a due galleggianti tipo Curtiss nell'Arsenale di Venezia (da: Museo Storico Navale di Venezia)




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IDROVOLANTE TIPO BOREL

Idrovolante tipo Borel nell'Arsenale di Venezia (da: Museo Storico Navale di Venezia)




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MACCHI M4




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MACCHI L3




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MACCHI L1




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SIAI S8




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MACCHI M6




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LOHNER L

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il 28 luglio 1914, l’Aviazione della Marina austro-ungarica si era trovata subito nella necessità di sostenere le prime azioni militari. A questo scopo erano stati equipaggiati di mitragliatrici e bombe gli idrovolanti del tipo E allora in dotazione. Questi apparecchi tuttavia non corrispondevano più alle nuove aumentate esigenze di velocità, raggio d’azione e soprattutto di armamento. Così gli ingegneri Bauer e Paulal della ditta Lohner, unitamente ad altri due ingegneri dell’Arsenale di Marina di Pola, furono incaricati di sviluppare un nuovo tipo di idrovolante con due uomini di equipaggio: doveva essere armato di una mitragliatrice sistema Schwarzlose, portare un carico di bombe di circa 150 chili e possedere un’autonomia di volo di sei ore. La nuova macchina, che sarebbe poi divenuta il Lohner serie L, venne accettata dalla Direzione idrovolanti della Marina austro-ungarica che tramite la MLG (società aeroplani e motori) diede l’ordine di costruirne una prima serie di sei esemplari. Già l’11 gennaio 1915 fu effettuato il volo di consegna del primo idrovolante a Pola: portava la sigla L 40. La cattura dell’L 40, il 28 maggio 1915, dunque ebbe molta importanza per l’Aviazione italiana dal punto di vista tecnico e industriale, in quanto questo apparecchio rappresentava una macchina moderna di ottimo progetto, funzionale agli scopi di ricognizione e di bombardamento marittimo in particolare sul mare Adriatico, teatro delle operazioni dei due schieramenti. Lo studio di fattibilità per la riproduzione fu autorizzato il 5 giugno 1915 ed il progetto fu affidato alla Macchi di Varese. In brevissimo tempo, un mese e tre giorni, fu realizzato il primo esemplare che effettuò i voli di collaudo pilotato dal comandante Roberti di Castelvero. Fu utilizzato lo stesso nome, Lohner, e fu siglato come quelli austriaci, divenendo l’L1. Subito dopo fu costruita una prima serie di dieci idrovolanti sui quali venne montato il motore Isotta Fraschini da 150 hp. L’L1 venne poi prodotto, ad iniziare dal settembre del ’15, per un totale di 140 esemplari.(Da: www.mauroantonellini.com)


DATI TECNICI:
Lunghezza: 10,85 m
Apertura Alare: 16,20 - 11,80 m
Peso a vuoto: 1148 kg
Peso a pieno carico: 1698 kg
Velocità: 105 km/h
Quota massima: 2000 m
Motore: Hiero 145 HP




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IDROSCALO DI PORTO CORSINI

All’interno della stazione torpediniere della Regia Marina di Porto Corsini (Ra) si trovava la sede della squadriglia di aviazione, con la presenza degli idrovolanti Borel n.1 e Borel n. 7. Dapprima vi era un unico pilota, il timoniere di 1^ classe Enrico Mendozza, poi il 21 aprile del 1915 giunse il T.V. Marco Vivaldi Pasqua come comandante. Gli aerei erano ospitati in un hangar smontabile tipo Mercandino lungo 16 metri e largo 13,5 con copertura in tela, sistemato dietro il deposito Oleoblitz e collegato con una pista larga 6 metri e lunga 500 che, tramite uno scivolo di 15 metri permetteva l’accesso in acqua degli idrovolanti. C’era inoltre sempre in comunicazione con l’hangar una pista in terra battuta di 500 metri parallela al canale Baiona che avrebbe permesso il decollo e l’atterraggio di un aeroplano. Sulla punta del triangolo di terra delimitato dalla confluenza dei canali, fu completato all’inizio della guerra, un grande hangar in legno che avrebbe ospitato quattro idrovolanti. (Tratto da: Salvat Ubi Lucet, la base idrovolanti di Porto Corsini e i suoi uomini 1915-1918, di Mauro Antonellini)




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BLERIOT 80 CV 1914

(tratto da www.aviation.com)


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MARK BIRKIT 1878 - 1953

(tratto da www.aviation.com)


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CAMPO DI AVIAZIONE DI SAN LUCA (TV)


Il campo sorto in località San Luca - nel comune trevigiano di Paese - si sviluppava su un'area irregolare di 700x700 m. circa. Posizionato a ridosso del borgo omonimo veniva chiamato anche «di Padernello». Fu sede fin da metà marzo del 1918 delle squadriglie 78^, 79^, 115^ e 139^. Tra marzo e maggio vi sarà destinata anche la 75^ e in aprile diverrà base di una sezione di SVA. Da ottobre infine, anche il 34th Squadron e 6th Bristol Fighter inglesi andranno ad aggiungersi alle formazioni operanti in loco. Su questa base volarono ben 11 assi dell'aviazione italiana. Quanto ai mezzi di cui disponevano le unità schierate a San Luca la situazione era quella che segue. Agli inizi del 1918 furono introdotti i primi Nieuport Ni 27 di produzione francese, per compensare la carenza delle forniture degli Hanriot. I nuovi velivoli vennero distribuiti a varie squadriglie tra le quali la anche 79^. La 78^ invece volava sugli Hanriot HD1 e su alcuni Ni 17 superstiti. La 115^ e la 139^ operavano con i robusti SAML. La 139^ poi, passò in quel periodo sui fragili Pomilio riducendo drasticamente le proprie attività. La 75^ nel breve periodo in cui rimase a San Luca, era equipaggiata con i Ni 17, con qualche Ni 27 e con alcuni SVA. Mentre era dislocata presso la base trevigiana ricevette in carico 3 Hanriot, un Ni 17 e 10 Ni27, potendo così contare su un maggior numero di macchine di tipo diverso. Ogni squadriglia aveva assegnato un ben preciso settore del campo. La 79^ era probabilmente posizionata lungo il lato est all'altezza di Casa Netto, mentre la 78^ era sul lato nord-est divisa in tre sezioni. Tutte le formazioni erano provviste, per ogni singolo aereo, di propri hangar tenda modello Mercandino in tela oppure Sarzotto. Potevano inoltre contare su un hangar grande in tela tipo Bessoneau. Presso il riferimento 2 evidenziato sulla mappa, era impiantata la stazione telegrafica che con ogni probabilità serviva anche il comando del XV° gruppo ubicato a Paese presso Casa Onesti. I documenti dell'epoca lasciano intuire che il lato sud-ovest del campo era occupato da una serie di ricoveri Sarzotto (rif.26), di tettoie, di hangar in tela e simili, che erano stati allestiti sul fondo di una cava dalla quale in precedenza i militari avevano estratta la ghiaia per realizzare i sottofondi delle baracche e per i lavori sull'area di decollo. Lo scivolo era posizionato verso il centro del campo. La cava è esistita fino agli anni '70 del secolo scorso. Nei pressi dell'incrocio del borgo di San Luca sembra fosse presente un altro hangar di grandi dimensioni. Comunque, tutto il lato ovest della base era occupato dalla ricognizione con le squadriglie 115^ e 139^a. Vi si trovava acquartierata anche la IV° Sezione SVA. L'area del campo era stata attrezzata con una serie di infrastrutture in cemento armato, per lo più vasche d'acqua e piazzole per mitragliatrici. Tre di questi serbatoi, benché ricolmati, sono tutt'ora esistenti. Gli ufficiali risiedevano nelle case signorili vicine. Altre baracche erano state realizzate sui campi a sud di casa Bavaresco e attorno a casa Piva (ora Parolin). Di fronte era sistemato il comando del XXIII° Gruppo formatosi in luglio e indicato nella mappa con il riferimento 3. Forse, in questa stessa area, sorgeva anche il comando del campo. Sul lato sud-est presso la casa Netto, erano stanziati gli inglesi del 34th- Squadron, che avevano le cucine all'interno del casolare e un hangar. Nei pressi dell'abitazione erano state impiantate alcune baracche e scavate trincee. Sul lato sud, lungo la strada che fiancheggiava casa Netto, furono tagliati i gelsi all'altezza di 60 cm. per non ostacolare la visuale ai piloti durante l'atterraggio. Da queste note si ricava il ritratto di un complesso molto articolato. Del resto il campo di San Luca ospitò 4-5 squadriglie e una sezione SVA e quindi il suo sviluppo dovette essere notevole.(Immagine: Lo schieramento della 79^ a San Luca. ArchiBallista. Tratta da "Il Fronte del Cielo").

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NIEUPORT 10




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UMBERTO GELMETTI

Bersagliere, nativo di Bardolino, effettivo al 7° Reggimento Bersaglieri come sottotenente, nel giugno del 1916 arrivò alla Scuola di Pilotaggio di Mirafiori per conseguire il brevetto di pilota miltare. L'11 ottobre viene assegnato alla 103^ Squadriglia Voisin sull'aeroporto di Brindisi. . Basato a Brindisi dal novembre 1916 era al servizio della Regia Marina per la protezione della base navale. Nell'aprile del 1917 è in servizio presso la la 25a sul campo di Pozzuolo. Durante i mesi di maggio e giugno compì numerose missioni tali da essere encomiato. Nei giorni di Caporetto partecipa al bombardamento delle truppe avversarie che hanno sfondato. Durante uno di questi, il 25 ottobre, Gelmetti è l'unico a ritornare alla base di quattro velivoli partiti. Nel 1917 viene decorato con una Medaglia d'Argento al Valor Militare. Fu tra i fondatori della "Giovane Italia" il reparto segreto che atterrava oltre le linee nemiche a depositare informatori in abiti civili. Infatti è ricordato per essere stato il primo pilota utilizzato per infiltrare agenti destinati a raccogliere dati oltre le linee avversarie, e fu lui a trasportare con il suo Voisin Camillo De Carlo e Giovanni Bottecchia nella prima impresa del servizio informazioni della 3a Armata. Gelmetti venne selezionato per la sua grande esperienza con il Voisin, velivolo ai comandi del quale era in grado di reggere il confronto anche con uno Spad. Col grado di capitano passò il 30 aprile del 1918 al comando della 80a Squadriglia a Marcon. Il 17 maggio va in crociera dal mare al Montello con uno SPAD prestato dalla 77^ Squadriglia e per un guasto al motore è costretto ad atterrare fuori campo sfasciando l'aereo. Il 17 giugno costringe ad atterrare entro le linee italiane, nei pressi di Capo D'Argine, un biposto con la mimetica "screziata come lo SPAD 200 hp". Si trattava del Phonix C.1 121.22 , che recuperato, sarà fonte di contenzioso tra Gelmetti ed una sezione di mitraglieri che da terra ne rivendicavano l'abbattimento. Dopo la guerra continuò la carriera fino a diventare generale.




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