Il Fronte del Cielo - Gli Apparecchi - 14.1 - Velivoli Italiani
L'aviazione europea nacque in Francia e lì conobbe la maggiore crescita. In Italia l'attività
produttiva si sviluppò in ritardo rispetto alle altre potenze continentali. Ciò spiega perché
all'inizio del conflitto gli aerei di cui potevamo disporre erano per lo più francesi. Ad essi si
aggiunsero alcuni modelli tedeschi copiati e riprodotti ed altri velivoli sempre stranieri. Apparecchi
di tipo pionieristico, con potenze che arrivavano più o meno a 50 cavalli e che si dimostrarono
poco prestanti, vennero passati in carico alle scuole di volo dove svolsero brillantemente
il compito di macchine da addestramento. Fu il destino del
«BleriotXI», del
«Farman»
del 1910 e del «Nieuport» monoplano. Tra gli apparrecchi impiegati nell'attività addestrativa
sono da citare alcuni mezzi quasi unici e molto diversi tra loro: il tedesco «
Etrich Taube», gli italiani «Asteria» e
«Filiasi», il «
Deperdussin», gli idrovolanti «Breguet», «
Borel»,
«Curtiss»
e «Albatros». Considerazione a parte spetta al
«Gabardini» costruito a Cameri (NO) in vari
esemplari con diverse caratteristiche e impiegato nella locale scuola. Questo mezzo si fece particolarmente apprezzare. Era un monoplano con potenze tra i 50 e 90 cavalli. Il costruttore e fondatore della scuola
fu il pittore
Giuseppe Gabardini. Dai vecchi modelli «Farman» i fratelli
Maurice e Henry ricavarono nel 1914 il
«MF». Era questo un biplano con un motore
«Gnome» rotativo da 80 cv, in posizione spingente. Fu prodotto in Italia nelle varie versioni
disponibili. Anche se lento (circa 100 kmh), si dimostrò affidabile. Inoltre con l'applicazione delle prime armi, fornì una piattaforma accettabile. Continuò comunque a servire nelle scuole
e nel dopoguerra fu ancora impiegato nelle colonie fino agli anni '20. Poco dopo il «Farman» per l'appoggio all'artiglieria furono adottati i
«Caudron G3» che come struttura erano simili al
precedente, e provvisto del solito motore
«Gnome» da 80 cv ma montato in posizione trattiva.
La differenza era soprattutto nella velocità di salita che si rivelò maggiore, caratteristica che fu ulteriormente migliorata con il bimotore
«Caudron G4». Il velivolo venne prodotto anche in Italia e adottato
specialmente presso i reparti montani che avevano i problemi tipici del volo in quota. Per contro il
«G3» era lento e poco armato trovandosi spesso in posizione indifendibile. Nato nel
1914 il
«Voisin» fu adottato in Italia un anno dopo. Era un aereo molto robusto, con la struttura
in acciaio. La fusoliera era piuttosto avanzata rispetto alla cellula biplana e fu equipaggiato con vari motori anche assai potenti (da 60 a 190 cv.). La caratteristica più originale era rappresentata
dal carrello quadriciclo e che impediva il cappottamento. Queste caratteristiche permisero di usare il velivolo come bombardiere leggero e ricognitore. Il primo aereo tedesco
abbattuto in Francia, fu preda proprio di un «Voisin».
Poiché il motore era posteriore come nel
«Farman», l'uso dell'arma anteriore era comodo e preciso. Vi vennero installati anche
dei cannoncini da 37 ma, come già sottolineato, i
«Voisin» furono usati anche per il lancio di ordigni da 60 - 162 Kg. con il lanciabombe «Bailo».
In Italia questo aereo divenne famoso per essere stato scelto da
Gelmetti che nella primavera del '18 atterrò in piena notte alle Focate di
Aviano in una tipica azione di appoggio alle missioni di "intelligence» Italiane".
In Germania nel 1914 comparve un aereo biplano di formula moderna, l'
«Aviatik B-I». Esso
aveva una struttura in legno con rivestimento in tela, era biposto con l'osservatore sul sedile anteriore,
e un motore «Mercedes» da 160 cv. Nella successiva versione «C-I» l'osservatore fu
spostato dietro al pilota. L'«Aviatik» suscitò grande interesse, anche in Italia, per le sue doti di
robustezza e velocità. Il velivolo non è da confondere con l'«Albatros B-I» del 1914, che apparentemente
è simile ma più leggero e meno veloce. Il progetto fu opera di Heinkel che passerà poi alla
Hansa Brandemburg, progettando il
C-I». Anche quest'ultimo dai piloti italiani era erroneamente
chiamato «Albatros». Anche altre aziende produssero aerei con la stessa configurazione come il
«Lloyd» e il «Lohner». I nostri tecnici vennero in possesso dei disegni dell'«Aviatik».
L'italiana SAML lo riprodusse con la sigla «A1», usando un motore «Fiat A10» da 100 hp ed equipaggiandolo
con una mitragliatrice Fiat. Il velivolo risultò sottopotenziato. Fu quindi sviluppata la successiva
versione «A2» da difesa, con motore stellare «Salmson» da 160 cv. L'armamento venne potenziato
con l'aggiunta di una pistola-mitragliatrice «Villar Perosa». Il velivolo fu prodotto anche con
differenti motorizzazioni, come ad esempio il propulsore rotativo «Gnome» e gli «Isotta Fraschini
Colombo» da 110 cv. In tutto ne vennero costruiti 410 esemplari. Da esso fu derivato l'«S1»
per
l'impiego montano, ottenuto con una velatura maggiorata e sostituendo il motore con un «Fiat
A12» da 160 cv. Seguì poi la versione «S2» con ali maggiormente corte, equipaggiata con il più
potente motore «Fiat A12bis» da 300 cv. e provvista di una mitragliatrice fissa per il fuoco frontale
- installata sopra l'ala - e di una seconda arma brandeggiabile. I tipi
«S1» e
«S2» furono costruiti in
660 esemplari. Le doti di volo e robustezza di questo apparecchio lo fecero apprezzare dai piloti
Italiani. Rimase in servizio anche dopo il conflitto trasformandosi in aereo scuola.
Dopo i primi esperimenti fatti dalla marina con vari modelli stranieri e prototipi italiani, si scelse di acquistare
la licenza di produzione del
«Franco-British-Aviation C», un aereo a scafo centrale, biplano con
motore spingente, costruito da
Lois Schreck con finanziatori inglesi. Fu prodotto dalla SIAI, ma anche da
Piaggio, Ducrot, Zari e altre in 982 esemplari. I primi erano in versione «C» con motore rotativo Gnome
ma ben presto si passò alla versione «H» triposto con motori Isotta Fraschini da 180cv. I piloti Italiani per
le sue caratteristiche di volo gli appiopparono il nomignolo di «Fate Bene Attenzione» giocando sull'acronimo
FBA di Franco-British Aviation Company. La differenza con il concorrente austriaco «Lohner» stava
nel fatto che l'FBA aveva un buon scafo mentre l'idro austriaco volava meglio. L'apparecchio italiano in
aria era instabile mentre il «Lohner» aveva diffi coltà di flottaggio. La SIAI gli affiancò la produzione di modelli
originali come l'
«S8» e l'
«S9» con migliori caratteristiche. Quando sul Canal Bianco presso Volano,
nel maggio 1915 ammarò e venne catturato il
«Lohner L40», questo fu subito trasferito a
Porto Corsini e poi inviato alla Macchi che lo riprodusse con la sigla «
L1». Biposto, dotato di motore «IF» da 180 cv.,
esso si dimostrò più prestante dell'«FBA». Vennero quindi prodotte la versione «L2» e poi la
«L3», che
fu rinominata in «M3» perché ormai differiva molto dall'originale. Seguì poi
il tipo potenziato con il «Fiat A12bis» da 300 cv. battezzato
«M4», sul quale a titolo di esperimento, venne montato anche un cannoncino
«Vickers» antisommergibile. L'«M5» era invece un monoposto da caccia, cui fecero seguito l'
«M6», l'
«M7» (monoposto con propulsore «IF» da 250 cv), l'«M8» da ricognizione (equipaggiato con motore
«IF» 180 cv.) e l'
M9, anch'esso da ricognizione, (spinto da un «Fiat» 300 cv) alcuni esemplari del quale
furono resi in grado di trasportare bombe antisommergibile sferiche. Da ultima venne prodotta la versione
«M12» triposto da ricognizione.
I velivoli della «Nieuport» furono prodotti in Italia dalla «Macchi» che nel 1912 aveva iniziato a costruire su
licenza il modello «III-G», precedente a quello sul quale il fondatore della fabbrica francese aveva trovato
la morte. La «Macchi» in effetti nacque come «Società Anonima Nieuport-Macchi». A fondarla erano stati
Carlo Felice Buzio,
Giulio Macchi, Roberto Corsi e il vicentino
Costantino Biego. L'obiettivo era quello di
costruire nel nostro paese i modelli della casa transalpina, considerati tra i migliori al mondo e già ben noti
al regio esercito. Essa riprodusse i
«Ni 10»,
«Ni 11» e
«Ni 17», ma non il
«Ni 27». La caratteristica più marcata
dei «Nieuport» era di avere una cellula alare sesquiplana, costituita cioè da un'ala superiore molto più grande
di quella inferiore. Su un biplano le due ali producono un reciproco disturbo aerodinamico. Pertanto la
portanza totale non è la somma delle forze generate dalle due ali. Quelle in uso all'epoca erano sottili e non
permettevano di contenere longheroni di dimensioni sufficienti. Delage tentò allora di risolvere il problema
riducendo le dimensioni dell'ala inferiore in modo che contribuisse alla resistenza della struttura senza influire
negativamente sull'aerodinamica. Purtroppo però, installando un solo longherone in quest'ultima, nelle
affondate ad alta velocità, essa si deformava tra il montante e la fusoliera innescando un vibrazione che
in poco tempo portava al cedimento dell'ala medesima. Tale difetto non fu mai completamente eliminato,
provocando molti incidenti mortali tra cui quello che coinvolse
Giovanni Nicelli al campo di
San Luca presso
Paese. Il fenomeno fu così sottovalutato che persino i Tedeschi, quando disegnarono i primi
«Albatros D»,
copiando l'ala del «Nieuport», riprodussero anche il suo intrinseco tallone di Achille. Viste le conseguenze
adottarono poi una cellula classica. Frattanto nel nostro paese, l'aviazione italiana alla fine del 1917 stava
transitando allo «SPAD». Quello che doveva essere primo caccia di produzione nazionale, lo
«SVA», non
si era rivelato adatto allo scopo. Poichè dunque l'industria di casa nostra non era in grado di soddisfare né
qualitativamente né quantitativamente le esigenze della macchina bellica, fu deciso di ordinare anche il
«Ni 27» alla Francia. Contemporaneamente, la Macchi acquistò la licenza di produzione dell'
«Hanriot».
Questo agile apparecchio, denominato "HD1" era stato progettato nel
1916 dall'ingegner francese Pierre Dupont. Gli interessi dei francesi erano però a quell'epoca concentrati sui «Nieuport» e su altri modelli. Acadde così che l'aereo
non fu addottato dalle forze transalpine e fu offerto all'estero. Il Belgio ne acquistò 125, preferendolo addirittura
al «Camel» britannico. In Italia la «Macchi» acquisì la licenza di produzione e ne realizzò 1700. Il
velivolo con le squadriglie Italiane dimostrò le sue ottime caratteristiche. Decollava in pochissimo spazio,
era robusto e maneggevole. Le uniche manchevolezze che si fecero sentire solo più tardi, furono la scarsa
potenza e il fatto di essere armato con una sola mitragliatrice. La sua vita operativa superò di molto la
guerra e ispirò anche altri aerei da addestramento degli anni '30. Nel 1926 erano ancora 6 le squadriglie
della Regia Aeronautica, che volavano su questa ottima macchina.
Lo SPAD deve il suo successo a
Luis Bleriot
che rilevò l'azienda di
Armand Deperdussin, la «Société
Provisoire des Aéroplanes Deperdussin (SPAD) ormai sull'orlo del fallimento. Il progettista
Louis Bécherau stava lavorando al progetto di un caccia semplice con ali non decalate e
profili sottili e poco curvati. Il velivolo fu realizzato con una struttura alare robusta che divenne la sua dote migliore. Per il propulsore
Bécherau puntò su un motore a V scartando i motori rotativi che avevano
raggiunto il massimo delle possibilità ed erano penalizzati da problemi di vibrazioni e da coppie giroscopiche inaccettabili. Il progettista spinse così l'ingegner
Marc Birkigt della Hispano-Suiza a sviluppare e a produrre un motore adatto.
L'Italia adottò il caccia nella versione
«VII
» con una mitragliatrice singola e poi passò alla versione «
XIII»
con due armi sincronizzate. Fu realizzata anche una versione con un cannoncino tra la V dei cilindri e
passante nel mozzo dell'elica, che però non ebbe il successo sperato. I piloti Italiani storpiarono il nome
«Spad» ribattezzando l'aereo «Spada». Il velivolo equipaggiò le squadriglie
91^,
71^,
77^ e poi fu fornito
in pochi esemplari anche ad altri reparti. Verso la fine della guerra era ormai quasi superato, ma continuò
a mietere successi rimanendo in servizio ancora molti anni.
Lo SVA è stato il primo monoposto italiano sviluppato in maniera razionale dalla DTAM,
ricorrendo fin dall'inizio
ad attenti calcoli strutturali. Tutto ciò in un'epoca in cui le costruzioni aeronautiche erano ancora piuttosto
empiriche. L'obiettivo era quello di assemblare un caccia potente ed efficiente con prestazioni superiori a
quelle di qualsiasi altra macchina dell'epoca. Il motore scelto fu uno SPA. Vennero però impiegate anche
altre motorizzazioni, tutte con cilindri in linea raffreddati ad acqua. L'aereo collaudato da
Mario Stoppani
si dimostrò subito robusto e rapido ma sfortunatamente poco manovrabile. Inoltre era troppo veloce in
atterraggio (120-130 kmh ) al punto che fu necessario allungare la pista di
Ponte San Pietro
dove si
trovava il Centro Formazione Squadriglie per lo
SVA Il velivolo fu così scartato come aereo da caccia
dai piloti della 91^ Squadriglia di
Baracca che nell'agosto del 1917 lo valutarono presso la propria base a
Santa Caterina di Udine. Nel febbraio del 1918
Gino Allegri sfidò con questo aereo
Ferruccio Ranza
ai
comandi di uno Spad, in un combattimento simulato, riuscendo a far la barba all'asso della 91^. Lo
SVA
trovò dunque il suo uso più consono come ricognitore e bombardiere leggero in un ruolo che oggi si chiamerebbe
«strategico». Furono allestite numerose Sezioni di Squadriglia con esso equipaggiate. Si prestava a lunghi
raid fra i quali sono rimasti famosi quelli su Franzenfeste e Friedshafen. La sua impresa più conosciuta
è però naturalmente il volo su Vienna. L'Ansaldo non rinunciò comunque a proporne una versione da caccia e già dal 1917 derivò dallo
SVA ricognitore il modello
A1 «Balilla» che, più piccolo provvisto di due mitragliatrici Fiat e di montanti alari
dritti, fu distribuito ai reparti solo verso la fine del conflitto non influendo sulle operazioni.
Da: "Il Fronte del Cielo, di Renato Callegari e Stefano Gambarotto
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Macchi, Buzio e Rainaldi
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Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il 28 luglio 1914, l’Aviazione della Marina austro-ungarica si era trovata subito nella necessità di sostenere le prime azioni militari. A questo scopo erano stati equipaggiati di mitragliatrici e bombe gli idrovolanti del tipo E allora in dotazione. Questi apparecchi tuttavia non corrispondevano più alle nuove aumentate esigenze di velocità, raggio d’azione e soprattutto di armamento. Così gli ingegneri Bauer e Paulal della ditta Lohner, unitamente ad altri due ingegneri dell’Arsenale di Marina di Pola, furono incaricati di sviluppare un nuovo tipo di idrovolante con due uomini di equipaggio: doveva essere armato di una mitragliatrice sistema Schwarzlose, portare un carico di bombe di circa 150 chili e possedere un’autonomia di volo di sei ore. La nuova macchina, che sarebbe poi divenuta il Lohner serie L, venne accettata dalla Direzione idrovolanti della Marina austro-ungarica che tramite la MLG (società aeroplani e motori) diede l’ordine di costruirne una prima serie di sei esemplari. Già l’11 gennaio 1915 fu effettuato il volo di consegna del primo idrovolante a Pola: portava la sigla L 40. La cattura dell’L 40, il 28 maggio 1915, dunque ebbe molta importanza per l’Aviazione italiana dal punto di vista tecnico e industriale, in quanto questo apparecchio rappresentava una macchina moderna di ottimo progetto, funzionale agli scopi di ricognizione e di bombardamento marittimo in particolare sul mare Adriatico, teatro delle operazioni dei due schieramenti. Lo studio di fattibilità per la riproduzione fu autorizzato il 5 giugno 1915 ed il progetto fu affidato alla Macchi di Varese. In brevissimo tempo, un mese e tre giorni, fu realizzato il primo esemplare che effettuò i voli di collaudo pilotato dal comandante Roberti di Castelvero. Fu utilizzato lo stesso nome, Lohner, e fu siglato come quelli austriaci, divenendo l’L1. Subito dopo fu costruita una prima serie di dieci idrovolanti sui quali venne montato il motore Isotta Fraschini da 150 hp. L’L1 venne poi prodotto, ad iniziare dal settembre del ’15, per un totale di 140 esemplari.(Da: www.mauroantonellini.com)
DATI TECNICI:
Lunghezza: 10,85 m
Apertura Alare: 16,20 - 11,80 m
Peso a vuoto: 1148 kg
Peso a pieno carico: 1698 kg
Velocità: 105 km/h
Quota massima: 2000 m
Motore: Hiero 145 HP