Il Fronte del Cielo - Gli Apparecchi - 14.2 - La Produzione

Durante la Grande Guerra il comparto aeronautico italiano passò da una produzione praticamente artigianale, in grado di realizzare poco più di un aereo al giorno, ad un sistema industriale completo capace di realizzare 6500 aerei l'anno che, alla fine del conflitto era riuscito a costruire un totale di circa 11000 velivoli. Questo grande sviluppo avvenne nello spazio di tempo compreso tra la fine del 1915 e il 1918. Si può affermare che l'industria italiana non raggiunse mai più il livello di efficienza che ebbe in quei pochi anni. A spronarne la febbrile attività fu soprattutto il ministro per le armi e munizioni generale Alfredo Dallolio, coadiuvato dagli uomini che con lui collaborarono. Nel 1911 era stato costituito lo «Stabilimento sperimentale e costruzioni» (4° reparto). Quattro anni dopo il generale Dallolio riorganizzò questo organismo facendolo diventare la «Direzione Tecnica dell'Aviazione Militare» (DTAM), con i compiti di sovrintendere, valutare e controllare la produzione industriale. La nuova Direzione Tecnica avrebbe inoltre dovuto progettare velivoli rispondenti alle esigenze delle forze armate e farli costruire dalle aziende più adatte. La sede era a Torino e non poteva essere diversamente se si considera che già all'inizio del conflitto, metà della produzione nazionale di aeroplani e fino all'80 % di quella di motori era concentrata in Piemonte. Tra i tecnici che collaboravano con il generale Dallolio, vi erano Umberto Savoia che aveva le funzione di capo del DTAM, Guido Guidi pilota collaudatore e i progettisti Ottavio Ricaldoni e Ottorino Pomilio. Quest'ultimo ai primi del 1916 lasciò l'incarico e fu sostituito da Rodolfo Verduzio. Alcuni piloti furono anche incaricati di eseguire collaudi presso le aziende che producevano i velivoli. Fra di essi Mario De bernardi, che dal fronte fu inviato alla Pomilio, e Mario Stoppani che passò all'Ansaldo come dipendente. Il rapporto di lavoro legava questi collaudatori direttamente alle fabbriche, che cercavano pertanto di aggiudicarsi le prestazioni dei migliori piloti per dare prestigio ai propri prodotti. Anche Baracca fu più volte invitato a collaborare, ma l'asso non volle mai accordarsi con gli industriali. Pomilio poi si era congedato per iniziare l'attività produttiva realizzando aerei e creando così una situazione delicata dove i suoi ex colleghi diventavano poi i suoi controllori. L'industria aeronautica italiana nel 1915 produceva soprattutto aerei francesi costruiti su licenza. La Aer di Orbassano nel torinese assemblava i Caudron, mentre la Sit, operante anch'essa nel capoluogo piemontese, si era assicurata la licenza di produzione dei Bleriot. Questa azienda sarebbe poi confluita nell'Ansaldo. La SAML (Società Anonima Meccanica Lombarda), con sede a Monza, realizzava l'Aviatik derivato dall'omonimo velivolo austriaco, che produsse in due modelli, l'S1 e l'S2. La neonata Macchi, fondata nel 1913 da Giulio Macchi  e battezzata Società Anonima Nieuport-Macchi, produceva nel nostro paese gli apparecchi Ni 10, Ni 11 e Ni 17. Construì inoltre l'Hanriot che con i Nieuport rappresentò in nerbo della caccia italiana. L'azienda, che aveva sede a Varese, fu inoltre incaricata di riprodurre il Lohner (L40) quando questo fu catturato. Da esso la Macchi derivò il principale idrocaccia italiano, l'L3 rinominato poi M3 e i tipi successivi. La Società Italiana Aviazione (SIA) fondata a Torino nel 1916 e poi confluita nella Fiat produsse una serie di ricognitori tra cui si ricordano il SIA 7B e il SIA 9B sviluppati dagli ingegneri Torretta e Carlo Maurilio Lerici. Da quando aveva fondato la sua azienda nel 1911 Giovanni Battista Caproni, aveva sempre cercato di inserirsi nel gruppo dei costruttori che effettuavano forniture all'esercito. Ebbe successo solo nel 1915 grazie a un progetto da lui sviluppato, il bombardiere Ca3, che riuscì ad imporsi come un prodotto esclusivo ed efficiente. Domenico Santoni che con la Società Costruzioni Aeronautiche poi Savoia, riproduceva i Farman, avviò dal canto suo anche la produzione di idrovolanti con la SIAI (Società Idrovolanti Alta Italia) replicando il velivolo anglo-francese Franco-British-Aviation C e sviluppando poi dei modelli propri. Anche la Fiat si dedicò alla riproduzione dei MF. Poi acquisita la SIA fabbricò anche aerei originali. Un altro grosso gruppo industriale, l'Ansaldo si dedicò all'aviazione costruendo su licenza gli idrovolanti Sopwith. La società genovese sorta a Sampierdarena assorbì poi la Pomilio, società creata, come abbiamo visto, dall'ex progettista della DTAM Ottorino Pomilio. L'Ansaldo raggiunse comunque il suo maggior successo aeronautico con l'incarico di realizzare lo SVA, il cui progetto era stato elaborato proprio dalla DTAM.

Gli aerei più famosi che la DTAM progettò furono l'SP1 a cui seguirono l'SP2, l'SP3 A e l'SP4. L'acronimo «SP» stava per Savoia-Pomilio, dai nomi dei due progettisti. Il velivolo fu fatto costruire dalla Fiat, dalla SIA e poi da altre aziende. Il disegno dell'SP fu ricavato dalla riprogettazione del Farman aumentando la potenza del motore. Gli SP vennero usati essenzialmente come ricognitori. Il velivolo dimostrò una particolare robustezza continuando a rimanere in linea di volo anche quando furono introdotti i più veloci SIA e Pomilio PD. Vennero impiegati anche per il lancio con il paracadute degli agenti del servizio informazioni (detti missionari) aldilà del Piave. Altro compito della DTAM, fu quello di indagare sugli inconvenienti tecnici che i reparti riferivano nell'uso del materiale di volo. Ciò accadde ad esempio dopo le prime consegne degli SP2 ai piloti che, dopo averlo provato, sostenevano che tale velivolo fosse affetto da gravi difetti. Il collaudatore Guido Guidi, inviato dalla DTAM dimostrò invece che non si trattava di problemi tecnici, ma di scarsa preparazione degli aviatori all'approccio con questi mezzi nuovi, più potenti e più pesanti rispetto al Farman su cui avevano volato fino ad allora. Per ovviare comunque ad una lamentata manovrabilità dell' SP2, fu realizzato l'SP3 A con apertura alare ridotta, e poi l' SP4 che poteva sviluppare una maggiore velocità di salita. Un intervento analogo si ebbe quando il SIA provocò vari incidenti fino ad essere ritirato dalla linea. Ma il progetto più famoso elaborato dalla DTAM fu lo SVA (Savoia- Verduzio-Ansaldo) nelle varie versioni. Si trattò del primo velivolo interamente progettato, calcolato e collaudato in Italia. Nato come caccia lo SVA non fu però impiegato in tale ruolo e si dimostrò invece un buon ricognitore strategico con compiti di attacco al suolo. Era una macchina dotata di un'ottima robustezza e di una grande longevità. Assieme al Caproni Ca3 fu uno dei successi dell'industria Italiana.

Anche per ciò che concerne la produzione di palloni frenati, i costruttori nazionali fecero grandi passi in avanti. I tedeschi avevano battezzato i loro aerostati «Drakenballon» (palloni drago) disegnandone per primi la forma caratteristica. I francesi li avevano chiamati «saucisse» (salsicce) e gli inglesi, traducendo dal francese «sausages». In Italia all'inizio si riprodusse il modello germanico e la sua costruzione continuò fino alla fine del 1917 quando Avorio e Prassone costruirono un nuovo tipo di pallone frenato, l' A.P., che si diffuse velocemente. Il nuovo «pallone-osservatorio italiano [...] simile al vecchio pallone sferico con l'aggiunta di una specie di grossa coda trilobata», fece la sua prima comparsa dinanzi a Ponte di Piave il 5 febbraio 1918. Era appunto la ditta del colonnello Avorio a costruire i Draken italiani. I Draken erano colorati di giallo nella parte inferiore e d'argento sopra. Avevano una forma cilindrica e dalla sezione mediana partivano numerose funi che si riunivano in due punti chiamati «piè d'oca». Il pallone era tenuto inclinato verso l'alto e stabilizzato da una sacca posteriore che si riempiva d'aria e da due vele laterali.

Se l'industria Italiana poteva contare sull'esperienza e sui prodotti francesi, così gli austriaci si avvalsero delle realizzazioni di quella tedesca. Come in Italia anche in Austria all'inizio del conflitto le forze aeree avevano dimensioni ridotte allineando solo 147 velivoli e pochi piloti, ma l'aeronautica aveva, tra i maggiori sostenitori il capo di Sato Maggiore dell'esercito: Conrad Von Hotzendorf. Fu lui a promuovere il primo concorso dell'esercito per gli aeroplani, chiamando a partecipare costruttori nazionali. Tuttavia fu proprio il primo concorso aeronautico  a segnare l'inizio di una fase di stasi nello sviluppo tecnico dei modelli, derivante dal fatto che la Lohner, sfruttando al meglio le conoscenze ad alto livello dello stesso Lohner, ma sopratutto di Castiglioni, impedì ad altre imprese e costruttori di ottenere commesse dal'esercito, almeno per l'anno 1914.  I tipi di aerei principalmente in uso erano l'Etrich Taube e l'idrovolante Lohner. Per quanto riguarda i dirigibili invece l'Austria si limitò all'acquisto di un Parseval tedesco, che usò in maniera limitata. In un secondo tempo entrarono in linea di volo gli Albatros B-I prodotti dalla Phoenix, gli Aviatik B-II, e i primi Brandemburg B, di cui venne poi iniziata la produzione del modello C-I, che i piloti italiani chiamavano sempre Albatros, e che divenne l'aereo principale dell'aviazione austroungarica. Dopo i primi caccia monoplani tedeschi (Fokker E-III), l'industria austriaca realizzò il Brandemburg KD «Spinne» fabbricato ancora dalla Phoenix, e quindi - nel 1916 - l'Albatros D-III tedesco prodotto dalla Oeffag. Nel 1917 mentre continuava la produzione del Br C-I, fu introdotto l'Aviatik D-I (Berg) che rappresentò il massimo sviluppo dei velivoli da caccia austriaci assieme all'Albatros D-V e che andò a sostituire il D-III. Nel 1918 si diffusero anche i biposti Phoenix C-I, o UFAG C-I e il monoposto Phoenix D-I. Queste macchine però non raggiunsero la diffusione dell'Albatros. Per quanto riguarda i bombardieri, l'aviazione austroungarica introdusse solo tardivamente cinque squadriglie di Gotha G-IV costruiti su licenza. Il sistema produttivo asburgico si basava su numerose aziende che realizzavano i mezzi necessari secondo le propria potenzialità. Lo stesso aereo poteva essere prodotti da più aziende. Le principali fabbriche furono prima la Phoenix che nel conflitto superò la produzione di 1000 aerei, poi la Ufag, l'Aviatik, la Oeffag, la Lohner, la Fischamend, la Lloyd e altre minori. La produzione aeronautica dell'impero austro-ungarico fu comunque tutt'altro che trascurabile. Se all'inizio del conflitto poteva contare su una sola ditta produttrice, la Lohner, alla fine del 1914 il settore aeronautico contava già 1400 lavoratori, e alla fine della guerra sarebbe arrivato a 12000 circa. Fra l'agosto del 1914 e l'ottobre del 1918 fornì 4768 aeroplani terrestri, 413 idrovolanti e circa 4900 motori.

 

 


Da: "Il Fronte del Cielo, di Renato Callegari e Stefano Gambarotto

 


 
Velivoli Italiani Motori

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ALFREDO DALLOLIO 1853 - 1952

Generale del Regio Esercito entrato in Accademia nel 1870. Nel 1911 gli fu affidato il comando d'artiglieria del corpo d'armata, e passò al Ministero della Guerra a Roma come direttore generale di artiglieria e genio. Iniziò ad occuparsi dei problemi logistici, di rifornimento e produttività dell'esercito. Tra il 1911 e il 1915 Dallolio contribuì all'ammodernamento dell'esercito attraverso un rinnovamento delle artiglierie e all'aumento della produttività con la creazione di nuovi stabilimenti privati a produzione bellica. In questo periodo maturò una visione, essenziale per la guerra futura, volta al coinvolgimento dell'industria, pubblica e privata, alle esigenze belliche. Nel 1915 venne nominato reggitore del Sottosegretariato per le Armi e Munizioni (dal 1917 Ministero), una posizione che gli garantì una forte autonomia istituzionale da cui Dallolio seppe ampliare la produzione e regolamentare gli stabilimenti militari. Nel 1917 diventò anche senatore sotto il gabinetto Boselli. Dallolio pensava di creare un “esercito industriale” che potesse sostenere efficientemente l'esercito combattente, mediante l'integrazione della struttura industriale militare (Arsenali e Fabbriche d'Armi) con quella civile e privata, risolvendo i problemi di coordinamento. Il suo grande merito fu quindi nella capacità di coinvolgere gli industriali nella produzione bellica, evitando una loro posizione conflittuale, attraverso la presidenza del Comitato Centrale per la Mobilitazione Industriale. (da:memoriadibologna.comunedibologna.it)




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UMBERTO SAVOIA 1872 - 1954

Ingegnere, pioniere delle costruzioni aeronautiche; conseguì il brevetto n. 2 di pilota di aeroplani (il n. 1 fu di M. Calderara). Partecipò al progetto di numerosi velivoli; tra questi, famoso è rimasto lo SVA. Fu per molti anni direttore tecnico della società SIAI-Marchetti.




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OTTORINO POMILIO 1887 - 1957

Ingegnere, nato a Chieti, nel 1912, fu ammesso come volontario presso l’Ufficio tecnico del battaglione aviatori di Torino per interessamento del tenente colonnello Maurizio Mario Moris, da lui conosciuto durante il soggiorno a Napoli. Qui Pomilio poté sviluppare la propria cultura aeronautica e dimostrare la sua vocazione di inventore e progettista. Partecipò personalmente a esperimenti di volo con i piloti collaudatori e nel 1913, insieme al copilota Pietro Pattazzi, stabilì il primato italiano in altezza; tale successo fu seguito però da un gravissimo incidente che gli costò tre mesi di degenza ospedaliera e un anno di convalescenza. Pomilio ne approfittò per dedicarsi all’attività didattica impartendo lezioni presso la Scuola di costruzione aeronautica di Roma, in un corso organizzato direttamente dall’Istituto centrale aeronautico e destinato a tutti gli ufficiali della Direzione tecnica dell’aviazione militare (DTAM).

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RODOLFO VERDUZIO 1881 - 1958

Ingegnere, Generale ispettore del Genio aeronautico; dal 1930 prof. di costruzioni aeronautiche, poi di meccanica del volo nella Scuola d'ingegneria aeronautica dell'università di Roma. A Verduzio sono dovuti progetti e realizzazioni di dirigibili (i tipi V) con notevoli innovazioni. Con Verduzio Savoia progettò e realizzò il velivolo SVA (Savoia-Verduzio-Ansaldo), aeroplano di avanguardia per l'epoca. Ispettore tecnico della ditta Caproni, prese parte a numerosi progetti, tra cui quello del velivolo Ca 161, che batté alcuni primati di altezza (17.000 m nel 1938). Fu anche autore di numerose ricerche su questioni di aeronautica.




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MARIO DE BERNARDI 1893 - 1959

Ufficiale dell'aeronautica militare. Fu il primo aviatore italiano che nella guerra 1915-18 abbatté un velivolo nemico. Aveva poco più di vent’anni quando nel 1914, il giovane De Bernardi si brevettò presso il Campo Scuola Volo di Aviano (Udine), dimostrando fin da subito una capacità non comune, unita ad una passione sconfinata per il volo. Nell'aprile 1915, durante il primo conflitto mondiale divenne allievo della Scuola Militare di Modena; a gennaio del 1916, Sottotenente effettivo nell'Arma del Genio, fu destinato al Battaglione Aviatori; il 20 marzo dello stesso anno conseguì il brevetto militare su apparecchio da caccia Nieuport ed assegnato alla 75^ Squadriglia dove fu insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare per avere attaccato e colpito un apparecchio nemico, costringendolo all'atterraggio in territorio italiano. Successivamente fu scelto come pilota collaudatore degli aeroplani Pomilio. Così nel maggio 1917 effettuò il primo collegamento postale fra Torino e Roma con un volo di 3 ore e 15 minuti alla media, allora da primato, di 170 Km. all'ora. (continua: http://www.aeronautica.difesa.it/archiviovetrine_news/Pagine/MarioDeBernardiunavitaperilvolo.aspx)




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F.B.A (FRANCO-BRITISH AVIATION)




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SIA 7b


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GIULIO MACCHI 1866 - 1935

Ingegnere. Nel 1913 a Varese Giulio Macchi fonda la Società Anonima Nieuport-Macchi, dalla "Società anonima Fratelli Macchi", di Giovanni, Giuseppe, Enrico e Giulio Macchi, nata nel 1905 per carrozzeria, automobili, ruotificio. niziò con la costruzione su licenza di aerei francesi, ma dopo la prima guerra mondiale si specializzò nella costruzione di idrovolanti. Negli anni '30 e 40 costruì alcuni tra i più famosi caccia e aerosiluranti in dotazione alla Regia Aeronautica

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SIA 9B




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ETRICH TAUBE




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NIEUPORT NI.11 BEBE




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GIOVANNI BATTISTA CAPRONI 1886

Nato a Massone, frazione del comune di Arco (Trento),manifestò presto una spiccata preferenza per gli studi matematici e il disegno. Dopo aver frequentato la Realschule di Rovereto si iscrisse al politecnico di Monaco di Baviera, e si laureò nel 1907 in ingegneria civile. Prese allora la decisione di dedicarsi, come progettista e costruttore, al nascente campo dell'aeronatitica, e pur già fornito di una solida cultura tecnica si iscrisse nel 1908 a Liegi a un corso di specializzazione, diplomandosi in ingegneria elettrotecnica. Risalgono a questo periodo i suoi primi studi e progetti nonché una serie di osservazioni di aeroplani in costruzione e in prova a Parigi e altrove. Ritornato ad Arco, Caproni riuscì ad allestire con mezzi di fortuna una piccola officina per costruire il suo prototipo; pochi mesi dopo, il 5 maggio 1910, si trasferiva in Lombardia, nella cascina La Malpensa nella brughiera del comune di Somma Lombardo. Si trattò anche di una definitiva decisione politica: gestire la propria attività scientifica e imprenditoriale nell'ambito della scelta di una patria italiana, sulla base di un irredentismo condiviso dall'intera famiglia. Alla Malpensa terminò il prototipo del biplano Ca. 1 che compì il primo volo il 27 maggio 1910. Avendo la direzione del Genio militare alla fine dell'anno ritirata la concessione del terreno per impiantarvi una scuola militare d'aviazione, si trasferì nel vicino comune di Vizzola Ticino. Già nella primavera del 1913 Caproni aveva completato i disegni di un biplano bifusoliera biposto bicomando trielica a tre motori in carlinga (Ca. 30), brevettato l'11 febbr. 1914. Si trattava del primo trimotore realizzato, e del primo aeroplano da bombardamento espressamente concepito come tale, quindi con particolari scopi di robustezza e affidabilità, potenza istallabile, raggio d'azione, carico trasportabile, armamento difensivo compatibile. Il bombardiere era concepito come determinante la soluzione della lotta; l'azione delle forze armate di terra doveva essere affiancata e facilitata dall'azione di masse aeree capaci di far breccia nel potenziale militare avversario, nelle sue capacità industriali, nella resistenza morale della popolazione. Iniziate le trattative di commessa col governo, allo scopo nel marzo 1915 si costituiva la cooperativa a capitale illimitato "Società per lo sviluppo dell'aviazione in Italia". La società riscattava, ampliandole e attrezzandole, le officine di Vizzola Ticino, e costruiva quelle di Taliedo a Milano. La congiuntura bellica dette al Caproni, come progettista e come produttore, una affermazione e uno sviluppo tali da influire, non solo per quantità ma anche per qualità, sull'esito positivo della guerra e sugli orientamenti generali dell'aviazione dell'epoca. (continua, vedi scheda, tratto da www.treccani.it)




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NIEUPORT 17




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CAPRONI CA.300




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HANRIOT HD.1




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SAVOIA POMILIO S.P.3


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OTTAVIO RICALDONI 1877 - 1965

Il Colonnello ingegnere Ricaldoni, ufficiale del Genio fu il progettista del primo dirigibile militare italiano. Durante il primo conflitto mondiale fu direttore della Direzione Tecnica Aviazione Militare di Torino. Ottavio Ricaldoni nasce a Buenos Aires, trasferitosi giovanissimo in Italia, vi consegue la laurea in ingegneria ed intraprende la carriera militare come ufficiale del Genio, assegnato alla Brigata specialisti del Genio. Alla fine del secolo si appassiona di problemi aeronautici ai quali ha dedicato la sua vita, spesso in collaborazione con Gaetano Arturo Crocco. Intorno al 1906 Ricaldoni e Crocco ricevono da Maurizio Mario Moris l'incarico di costruire un dirigibile. Ricaldoni nel frattempo costruisce anche un piccolo impianto aerodinamico. Nel 1908 il dirigibile arriva in volo sopra Roma e nel 1909 viene effettuato il raid Bracciano-Napoli-Roma, impresa eccezionale per l'epoca. Nel 1910, insieme a Crocco e a Manlio Ginocchio, costruisce il primo idrovolante italiano. Direttore delle costruzioni aeronautiche fino al 1918, ha raggiunto il grado di generale del Genio, lasciando il servizio attivo per limiti di età.




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ALBATROSS D.III




Apparso per la prima volta nella primavera del 1917 sul fronte occidentale, fu prodotto in circa 1900 esemplari. LUNGHEZZA: 7,33 m; LARGHEZZA: 9,05 m; ALTEZZA: 2,98 m; PESO: 886 kg a pieno carico; MOTORE: 1 Mercedes D.III a 6 cilindri in linea raffreddato a liquido di 175 HP; VELOCITA': 175 km/h; DISTANZA: 350 KM; QUOTA MAX: 5500 M; VELOCITA' ASCENSIONALE: 886 piedi/minuto

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ANSALDO S.V.A.

La serie dei velivoli SVA segna una pietra miliare per la tecnica aeronautica italiana con il passaggio dalla fase empirica al calcolo su precise basi scientifiche delle caratteristiche aerodinamiche e strutturali dell'aeromobile. Con lo SVA si giunse infatti a determinare sulla carta quali sarebbero state le caratteristiche dell'esemplare realizzato. Come ricognitore e bombardiere leggero fu insuperato, ed ammirato anche dagli avversari. La progettazione del nuovo aereo impegna, nell'estate 1916, gli ingegneri Umberto Savoia e Rodolfo Verduzio, con la collaborazione dell'ingegner Celestino Rosatelli. Nel dicembre 1916, al cantiere di Borzoli Mare cominciava la costruzione del primo esemplare, che differiva dal progetto originale per una diversa forma degli impennaggi e per l'adozione di un radiatore frontale unico. Il primo SVA venne trasferito da Borzoli al campo di Grosseto, dove, con l'allora sergente Mario Stoppani ai comandi, si staccò per la prima volta da terra il 19 marzo. Nell'estate, i primi esemplari venivano collaudati dai piloti militari. Ne emergeva un giudizio negativo sulle qualità manovriere dello SVA, anche se la sua velocità risultava ben superiore a quella dei caccia alleati Hanriot HD.1 e Spad S.VII. Alla luce di queste considerazioni, la D.T.A.M. e l'Ansaldo presero in considerazione l'opportunità di utilizzare lo SVA come aereo polivalente, adattandolo al bombardamento e alla ricognizione.




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SAML S1 AVIATIK

Nel 1913 la Società Anonima Meccanica Lombarda (SAML) cominciò ad interessarsi al mondo dell'aviazione. Il 6 gennaio 1915 avvenne un incontro tra la direzione della ditta e l'ingegnere svizzero Robert Wild che offrì la propria esperienza di progettista maturata presso la fabbrica di aeroplani Aviatik Gmbh di Muehlhausen (oggi Mulhouse) in Alsazia. per la realizzazione di un velivolo derivato dal più recente modello realizzato dalla ditta tedesca, il BII del 1914. Il 31 maggio era pronto per il collaudo il primo prototipo spinto da un motore Samlson da 135 CV, 9 cilindri a stella. Furono costruite 3 serie produttive (A1, A2, A3) con motorizzazioni diverse per un totale di 568 esemplari. La produzione passò poi ai Modelli S1 (con cambiamenti nella forma alare e nella motorizzazione) e S2 (riduzione dell'apertura alare, nuovo armamento e motore) per complessivi 657 velivoli



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SAVOIA POMILIO S.P.4




Apparso per la prima volta nella primavera del 1918 LUNGHEZZA: 10,70 m; LARGHEZZA: 19,80 m; PESO: 2300 kg a pieno carico; MOTORE: 2 Isotta Fraschini V.4B 150 HP; VELOCITA': 150 km/h; DISTANZA: 550 KM; QUOTA MAX: 4800 M;

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POMILIO PD


Apertura Alare: 11.64 m
Lunghezza: 8.94 m
Altezza: 3.35 m
Superfice Alare: mmq46
Peso Totale: 1577 kg
Velocità Massima: 185 km/h
Tangenza: 5000 m
Autonomia: 2.30 ore Motore: FIAT A12 200 CV
Equipaggio: 2

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SAVOIA POMILIO SP.2




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AEROSTATO AVORIO-PRASSONI


Il pallone frenato per l'osservazione tipo A.P. (Avorio - Prassone) fu ideato e costruito dal Col. del Genio Avorio e dal Dr.Ing. Eugenio Prassone nello stabilimento "Aerostatica Avorio".

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S.A.M.L. S.2




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DRAKEN

Un pallone frenato o drachen, termine usato specificamente per i palloni frenati d'impiego militare, è un particolare tipo di aerostato che si distingue per essere vincolato al suolo mediante uno o più cavi. Il termine drachen deriva dalla denominazione tedesca dei primi palloni militari di questo tipo: drachenballon.




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FARMAN 1914

Costruito dal 1914 come MF11, fu abbandonato nel 1916. Era propulso da un motore da 80 CV e fu impiegato come ricognitore, bombardiere e velivolo di appoggio per l’artiglieria. Biplano biposto in grado di sviluppare una velocità massima di 106 km/h e di raggiungere una quota di 4000 metri. Pesava 1188 kg a pieno carico ed aveva una autonomia di volo di 3 ore e 30’.



Apertura alare: 16,13 m
Superfice alare: 54 mq
Lunghezza: 9,42 m
Velocità: 100 km/h
Motore: Fiat A.10 da 100 CV

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AVIATIK DI BERG




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AVIATIK B II




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HANSA BRANDENBURG C




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MARIO STOPPANI 1895 - 1959

Sergente Pilota, iniziò le vicende belliche con la 2^ Squadriglia di Artiglieria, poi nella 3^ e infine nella 76^ Squadriglia Caccia. Decorato con 2 Medaglie d'Argento al Valor Militare. Divenne pilota collaudatore




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HANSA BRANDENBURG B




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FOKKER E-III




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AVIATIK B1




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HANSA BRANDENBURG D-I (KD)




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PHONIX D-I


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AVIATIK B2




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FRANCESCO BARACCA 1888 - 1918




Nato a Lugo di Romagna il 9 maggio 1888, da Enrico e da Paola dei conti Bianchi, uscì dalla Scuola militare di Modena, nel sett. 1909, col grado di sottotenente di cavalleria. Passato a sua richiesta nelle file dell'aviazione militare, il 28 apr. 1912 fu assegnato al battaglione "Specialisti d'aviazione" e inviato a seguire i corsi della scuola di pilotaggio dell'aviazione militare francese a Reims, dove il 9 luglio 1912 conseguì il brevetto di pilota. Nel 1913, partecipando alle manovre dell'arma di cavalleria, dimostrò le grandi possibilità militari che l'impiego del mezzo aereo apriva sul piano tattico, e gli fu affidato il compito d'istruire gli allievi piloti. Già completamente padrone della tecnica acrobatica, perfezionò continuamente le sue conoscenze e il suo addestramento tattico, abituandosi a pilotare apparecchi di tipi diversi. Con l'entrata in guerra dell'Italia a fianco dell'Intesa, il 24 maggio 1915, il B. accelerò la sua preparazione sugli aerei tipo "Nieuport", dotati di una velocità eccezionale per l'epoca, presso l'aeroporto parigino di Le Bourget. Rientrato nel luglio 1915 in Italia, fu subito mandato al fronte per collaborare all'organizzazione di una difesa contro i già operanti velivoli austriaci. Compì diverse missioni con vari compiti e ottenne la sua prima vittoria in un duello aereo il 7 apr. 1916, costringendo ad atterrare, ancora quasi intatto, all'interno delle linee italiane un velivolo austriaco tipo "Aviatik" : questa azione, che poneva in mano italiana un apparecchio di uno dei modelli più recenti da ricognizione e da combattimento, gli valse la prima medaglia di argento al V. M. Seguirono numerose altre vittorie: nel 1917, all'ottavo aereo nemico abbattuto, gli fu conferita la croce dell'Ordine Militare di Savoia. Dopo aver combattuto con la 70ª squadriglia, di base al campo di S. Caterina (Udine), passò nella primavera del 1917 alla 91ª squadriglia, una unità di nuova costituzione, nella quale confluirono i migliori piloti della 70a e che fu poi chiamata "la squadriglia degli assi". La nuova formazione ebbe in dotazione apparecchi tipo Spad, superiori ai Nieuport, con i quali collezionò una serie straordinaria di vittorie: dopo avere svolto attività assai intensa con base prima a Istrana (Treviso) e poi a S. Caterina, i piloti della 91ª squadriglia potevano vantare alla fine del settembre 1917 diciannove velivoli abbattuti dal B., comandante della squadriglia, tredici da Fulco Ruffo di Calabria, dodici ciascuno da P. R. Riccio e L. Olivari, sette da F. Ranza. La 91ª divenne in breve la squadriglia più famosa del fronte; i suoi piloti s'impegnavano anche in azioni di bombardamento con apparecchi "Caproni", ma la specialità, nella quale il B. e i suoi aviatori eccellevano, era la caccia: la tattica preferita dal B. consisteva nell'attaccare dall'alto il nemico, sfruttando soprattutto la propria eccezionale abilità nella manovra dell'aereo e delle armi di bordo. Altre due medaglie d'argento vennero a premiare l'audacia del B., che durante la battaglia di Caporetto e la ritirata s'impegnò a fondo per ostacolare il nemico con azioni rischiosissime di mitragliamento a bassa quota, anche nelle strade di Udine, che le colonne austro-tedesche stavano attraversando. Trasferitasi la gia squadriglia a Pordenone, e poi a Padova, la stretta collaborazione con la lotta delle truppe di terra continuò, sia nel campo dell'intervento tattico, sia in quello della ricognizione strategica e dei bombardamento. Il 7 dic. 1917 il B. abbatteva il suo trentesimo aereo nemico, un "Albatros" austriaco, sull'altopiano di Asiago. Per questa vittoria, il B. ebbe la croce di ufficiale della Corona belga, dal re Alberto in persona, il 6 febbr. 1918, sul campo di aviazione di Padova, e la medaglia d'oro al valor militare: seguì la promozione a maggiore per merito straordinario di guerra. Il cavallo rampante e il motto "ad maiora", che il B. aveva dipinto sulla carlinga, contribuivano a creare attorno all'aviatore un'atmosfera romantica, come del resto era accaduto ad altri famosi cacciatori di quella guerra, come il tedesco von Richtofen sul fronte francese e l'austriaco Brumowscky sul fronte italiano. La sua figura diveniva estremamente popolare tra i soldati e contribuiva notevolmente all'affermazione della nuova aviazione italiana. La offensiva austriaca e il contrattacco italiano nel giugno 1918 impegnarono a fondo la gia squadriglia. Il 15 giugno il B. abbatté il suo trentaquattresimo apparecchio nemico. Il 19 giugno, uscito al tramonto con altri due aerei della squadriglia per un'azione di mitragliamento a volo radente sul Montello, l'apparecchio del B. fu colpito da due pallottole incendiarie di fucile, che perforarono il serbatoio, e una delle quali raggiunse alla testa l'asso dell'aviazione italiana. (www.treccani.it)

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PHONIX C-I


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LUDWIG LOHNER 1854 - 1925

Ingegnere nato a Liesing, Austria. Nel 1909 costruì un aliante ed in seguito iniziò la produzione di aeroplani.




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CAMILLO CASTIGLIONI 1879 - 1967

Nato a Trieste, nel corso della prima guerra mondiale divenne uno dei più ricchi e influenti finanzieri dell'Europa centrale e il primo maggiore investitore nella produzione di apparecchi in serie. Nel 1914 comprò la compagnia aeronautica Hansa und Brandenburgische Flugzeugwerke, che impiegava Ernst Heinkel come capo progettista. Comprò anche una parte della Austro-Daimler che aveva come capo progettisti Puch e Porsche. Nel 1917 acquista la Bayerische Motoren Werke assumendo un ruolo di primo piano nel rilancio della piccola azienda, nella quale investirà per tutti gli anni '20,salvandola da fallimento certo. Dopo una serie di rovesci seguiti alla sconfitta dell'Austria il suo impero finanziario collassò nel 1926. Si ritirò in Svizzera e poi a Milano dove stabilì una banca privata e, nuovamente, accumulò una notevole fortuna.




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MACCHI M3




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ALBATROS DV




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GOTHA IV




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PARSEVAL




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MACCHI L3




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LOHNER 40




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NIEUPORT 10




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GUIDO GUIDI 1891 - 1983

E' stato un pioniere dell’aviazione e ingegnere aeronautico italiano, autore di numerosi primati. Nel 1912 durante gli studi di ingegneria presso l’università di Torino intraprende le prime esperienze di volo presso l’aeroporto Mirafiori. Dopo la laurea nel 1914 viene assunto alla FIAT ma nel marzo 1915, con l’imminente ingresso dell’Italia in guerra, si arruola volontario ed essendo ingegnere viene inquadrato nel Genio Militare come sottotenente del Battaglione Aviatori – Direzione Tecnica Aviazione Militare (D.T.A.M.). Sempre nel 1915, nel tempo libero, frequenta la Scuola Volontari Civili d’Aviazione ed ottiene il 1° brevetto (civile) ed il 2° (militare) su monoplano Bleriot. In virtù di ciò, essendo l’unico pilota brevettato del D.T.A.M. viene nominato Capo Sezione Esperienze in Volo e l’impiego sia come progettista che collaudatore si concentra sul miglioramento delle prestazioni nel volo ad alta quota, visto l’impiego dell’arma aerea sulle Alpi. Il 3 febbraio 1916 ottiene il record italiano d’altezza con passeggero (5.300 mt con biplano Caudron G.3) e il 9 novembre 1916 il record mondiale d’altezza (7.950 mt con biplano Caudron G.4) rimasto imbattuto per due anni. Altra attività svolta durante la guerra fu l’investigazione tecnica degli incidenti ed il collaudo dei nuovi prototipi di aerei (tra cui il famoso S.V.A.). Nel 1919 viene congedato col grado di capitano, ma nel 1922 viene nominato Capo del primo Centro Sperimentale della Regia Aeronautica presso il campo di Montecelio (attuale Guidonia) col grado di maggiore. In questa veste ha la possibilità di provare anche gli aerei austriaci e tedeschi catturati aumentando la sua esperienza a 48 tipi di velivoli diversi. Nel 1923 lascia il Genio Aeronautico e viene assunto dalla S.A.I. Costruzioni Meccaniche (poi diventata C.M.A.S.A) come direttore dello stabilimento di Marina di Pisa. Tra il 1930 e il 1931, rielaborando completamente il “Wal”, progetta, realizza e collauda personalmente l’ “M.F.5” un nuovo idrovolante metallico per il trasporto civile con caratteristiche innovative in tutti i campi. Il progetto dell’M.F.5 segna anche l’uscita definitiva del Guidi dal mondo aeronautico: l’aereo doveva partecipare ad un concorso indetto dal Ministero dell’Aeronautica nell’agosto del 1930 e ne rispettava i requisiti. Però, dopo il termine di presentazione dei prototipi e per motivi non chiari, il concorso viene annullato e il Ministero presceglie il SIAI S.66, idrovolante in legno già all’epoca di concezione datata. La vicenda amara spinge il Guidi ad abbandonare l’aviazione e dedicarsi solo all’ingegneria civile.




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