Il Fronte del Cielo - Gli Apparecchi - 14.4 - Armamento

il primo aereo con una mitragliatrice a bordo fu progettata dalla Vickers inglese tra il 1912 1 il 1913. In Italia la Caproni progettò e costruì un aereo monomotore, momoplano e monoposto che venne armato con una mitragliatrice maneggiata dal pilota. Il Ca.20 però non ebbe seguito operativo. E non solo in Italia. All'inizio della guerra gli aerei momnoposto, nella loro totalità erano disarmati. Di conseguenza si verificarono numerosi casi in cui i piloti, quando incontravano gli avversari in volo, non potevano fare altro che salutarli. Per rimediare al senso d'impotenza dei piloti sui velivoli monoposto, poco dopo l'inizio delle ostilità, qualcuno iniziò a portarsi appresso una carabina o un revolver per sparare all'aversario, ma senza alcuna risultato ratico. Questa abitudine, quando l'Italia entrò in guerra, in Francia era già stato abbandonata ed erano state installante sui velivoli le mitragliatrici usate in trincea. Poiché nel nostro paese tali armi mancavano anche per l'impiego al suolo, fu obbligatorio contare sulla produzione francese e inglese. Diversa fu l'origine dell'armanento per gli aerei biposto. Sui ricognitori con motore anteriore venne montata - rivolta verso il retro del velivolo - una mitragliatrice brandeggiabile da parte dell'osservatore, mentre nei ricognitori con motore posteriore, ( Voisin e Farman) l'arma fu collocata frontalmente. Partendo da un velivolo con caratteristiche analoghe i britannici svilupparono il loro prima aereo da caccia, il « DH2». Negli anni seguenti i ricognitori con motore anteriore, furono ulteriormente difesi da due mitragliatrici, una brandeggiabile dall'osservatore e una puntata in avanti sopra il disco dell'elica e azionata anche dal pilota. Poi su alcuni ricognitori l'arma frontale venne sincronizzata con l'elica dando la possibilità al pilota di usare l'aereo come un caccia ( Pomilio e Bristol F2). Prima dell'avvento del «sincronizzatore» che consentiva di far fuoco attraverso le pale dell'elica in movimento, un giovane pilota francese Roland Garros, pensò di risolvere il problema, corazzando la parte interna dell'elica con lamine d'acciaio. Questo empirico sistema che impediva l'auto-abbattiemento gli consentì tuttavia di ottenere 5 vittorie in pochi giorni. Un guasto al motore lo obbligo però ad scendere fra le linee avversarie consentendo ai tedeschi di scoprire il suo segreto. Essi affidarono al progettista olandese Anthony Fokker, che lavorava per loro, il compito di applicare tale soluzione ai velivoli germanici. Fokker si rese ben presto conto della precarietà del sistema inventato da Garros e, dopo poche settimane di studio, creò il meccanismo che consentiva alla mitragliatrice di bordo di sincronizzare il suo fuoco con la rotazione delle pale dell'elica in modo da sparare tra di esse. Inizialmente i tedeschi, che erano pronti ad adottare la soluzione di Garros, non si dimostrarono altrettanto entusiasti del meccanismo elaborato da Fokker. Quando però i due piloti che l'ebbero in prova, Oswald Boelcke e Max Immelman, cominciarono a seminare la morte tra la fila degli aviatori alleati. i comandi germanici mutarono la loro opinione. Ai caccia con la croce di ferro che l'avevano in dotazione, fu vietato di sorvolare il territorio nemico. Con ogni probabilità il sincronizzatore perfezionato da Fokker fu l'adattamento in senso migliorativo di idee precedenti ed in particolare di un progetto dello svizzero Franz Schneider che per tale motivo, nel 1916, intenterà anche una causa contro di lui. Una volta che il meccanismo cadde in mani alleate fu rapidamemte installato anche sui velivoli dell'Intesa. Sul fronte Italiano i primi caccia « Fokker E III» in forza alla Flik 4, (basata ad Aisovizza), monoplani dotati del prezioso meccanismo di sincronizzazione, comparvero nel 1916. Come già sui cieli di Francia, anche ad essi fu vietato di inseguire gli aerei avversari in territorio Italiano temendo che nel caso di abbattimento, il «sincronizzatore» fosse scoperto. Dal 1916 sugli aerei da «difesa» si passò dall'arma fissa sopra l'ala e non sincronizzata ad una e poi a due (nel 1918) mitragliatrici sincronizzate con l'elica. Queste erano posizionate in fusoliera sopra o sui fianchi del motore e sparavano attraverso il disco dell'elica. Tale disposizione viene appunto chiamata «in caccia». I tipi di mitragliatrici usate tra gli alleati furono maggiormente le Vickers-Maxim cal.7,62 a 550 colpi/min., le Lewis cal.7,62 a 600 colpi/min. e l'Hotchkiss Francese cal.7,7 a 550 colpi/min. Furono montate sui velivoli senza una regola precisa. Ci furono anche aerei che vennero attrezzati con ulteriori armi oltre a quelle previste, con una bocca da fuoco sincronizzata «in caccia» e una sopra l'ala o con il raddoppio delle armi brandeggiate dall'osservatore, o ancora, come accaduto in Francia, montate sul lato esterno della fusoliera. Gli austrotedeschi invece usavano principalmente: la Maxim-Spandau (l'originale) Mg08/15 cal. 7,92 da 500 colpi/min. e la Schwartzlose cal.8 da 400 colpi/min. Le armi fissate sopra l'ala presentavno ulteriori problemi nel momento in cui si doveva cambiare il caricatore (quando previsto) o disinceppare una mitragliatrice che si era bloccata. Il pilota doveva infatti alzarsi dall'abitacolo venendosi a trovare in una condizione precaria. Furono pertanto studiati meccanismi che permettevano la rotazione dell'arma verso il basso per facilitare l'operazione. La questione fu definitivamente risolta solo con le armi sistemate «in caccia» e alimentate da nastri. In Italia nel 1909-10 furono valutate le mitragliatrici allora disponibili. La Fiat aveva presentato un modello che però non fu preso in considerazione, preferendo la Maxim costruita dalla Vickers. Nel 1914 all'approssimarsi del conflitto, quando si fece palese la scarsa dotazione di armi di questo tipo, dopo altre valutazioni e revisioni del progetto, la mitragliatrice Fiat venne finalmente acquistata dalle nostre forze armate e denominata « Mod. 14» in omaggio all'anno della sua entrata in servizio. L'arma aveva due svantaggi rispetto alla Maxim: il raffreddamento a liquido con pompa esterna ed il caricatore a scatola da 50 colpi che limitava l'autonomia. Nonostante tutto il meccanismo era più semplice dell'arma di origine tedesca ed in seguito fu adottata anche in aviazione rimuovendo la camicia di raffreddamento. L'arma era calibro 6,5 con una cadenza di 500 colpi al minuto ed un tiro utile di 500 mt. La prima mitragliatrice italiana progettata per l'uso aeronautico fu la Villar Perosa cal. 9 a 900 colpi/min., detta anche Fiat mod. 15. Fu ideata da Abiel Bethel Revelli nel 1915 ed era costituita da due armi parallele. L'intento era quello di realizzare una mitragliatrice che concentrasse il massimo volume di fuoco in un breve attimo. Disponeva di due caricatori da 32 colpi - uno per ogni canna - che potevano essere sparati in maniera indipendente. Si dimostrò potente ma imprecisa (tiro utile 100 mt.), a causa della canna corta e della carica ridotta dovuta alla cartuccia che era quella della pistola Glisenti. La scarsa autonomia fu un altro degli elementi che incise sulla decisione di passarla alla fanteria dove era più comodo il cambio di caricatore. Anche in trincea però non trovò l'approvazione dei soldati e il progetto nel 1918 fu passato alla Beretta che divise le due armi e, dopo averle dotate di calcio, diede vita ad una arma che fu proposta agli Arditi.

Il problema dell'inceppamento delle mitragliatrici era sempre un'incubo per ogni pilota che poteva trovarsi nel momento più importante del combattimento con le armi inefficienti, passando di colpo da cacciatore a preda. Anche i piloti della « Squadriglia degli Assi» di Quinto, al pari dei colleghi di altre unità, dovettero spesso fare i conti con questo guaio. In un volume di memorie del 1933, il pilota Luigi Contini, riferì che il 13 maggio 1918 anche Francesco Baracca, impegnato su Nervesa nell'inseguimento di 5 Brandemburg KD con la protezione di Guido Nardini, quand'era ormai a tiro, restò vittima di tale pericoloso inconveniente. A quel punto fu costretto a una serie di vivaci acrobazie per levarsi di torno gli avversari. Poco tempo dopo si rifece comunque abbattendo un Albatros su Salettuol. Anche a Ferruccio Ranzaaccadde di trovarsi con l'arma bloccata. Visibilmente alterato, dopo avere preso terra, si lasciò sfuggire una serie di apprezzamenti poco edificanti in presenza di piloti di altri reparti. Baracca se ne accorse e lo prese da parte, per dargli la più classica delle lavate di capo. Il giorno dopo però, si affrettò a rincuorarlo avendo saputo che l'amico, per la romanzina patita, non aveva chiuso occhio tutta la notte.


Da: "Il Fronte del Cielo, di Renato Callegari e Stefano Gambarotto

 


 
Produzione Armamento

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CAPRONI CA.20


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D.H. 2


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ROLAND GARROS 1888-1918


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ANTHONY FOKKER 1890-1939


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OSWALD BOELCKE 1891 - 1916

Dopo gli studi, nel maggio del 1914, entrò nell’aviazione tedesca e fu addestrato come pilota presso la scuola di bolo dell’azienda Halberstadt. Il 15 agosto 1914 ottenne il brevetto e fu immediatamente trasferito al fronte occidentale. Inizialmente fu assegnato alla stesa unità del fratello maggiore Wilhelm (il Fliegerabteilung 13) e volò con lui come osservatore. Nell’aprile del 1915 fu trasferito al Fliegerabteilung 62, sulla base di Douai, sempre in Francia, e il 4 luglio 1915 colse la sua prima vittoria aerea. Il 12 gennaio 1916, Bolcke e Max Immelmann furono insigniti della massima onorificenza, la Blu Max. Furono i primi due aviatori a ricevere questo onore. Nel maggio del 1916 divenne comandante di un gruppo di 6 velivoli, dove conobbe e divenne amico del principe ereditario Wilhem. Dopo la morte di Immelman fu trasferito nei Balcani per un breve periodo. Ritornato al fronte occidentale, gli fu permesso di scegliersi i piloti della sua squadriglia. Ne scelse tre: Manfred von Richthofen, Erwin Boehme e Hans Reimann. Dopo aver conseguito 40 vittorie, il 28 ottobre 1916 Oswald Boelcke rimase ucciso in combattimento



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MAX IMMELMANN 1890 - 1916

Max Immelmann, insieme al francese Adolphe Pegoud e al sovietico Nesterov, può considerarsi uno degli inventori dell'acrobazia aerea. In coppia con Oswald Boelcke, ai comandi del suo Fokker Eindecker, determinò la supremazia tedesca nei cieli, per quel periodo, fino alla primavera del 1916, passato alla storia come "the Fokker Scourge" (il flagello dei Fokker). Sempre con Boelcke fu il primo aviatore a venire insignito della "Pour le Merite", la celebre "Blue Max", l'onorificenza più prestigiosa dell'armata tedesca. Quando morì, per un cedimento strutturale del suo monoplano, era il pilota con il più alto "score" di vittorie, 15. Oggi la figura acrobatica composta da un mezzo looping seguito da un mezzo tonneau, classica manovra utilizzata per virare in pochissimo spazio, porta il suo nome.



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FOKKER E-III




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CAMPO DI AISOVIZZA (AJSEVICA)

Campo di aviazione austriaco a est di Gorizia. Attivo fino al 1916, quando con l'avanzata italiana verso Gorizia divenne bersaglio delle artiglierie italiane. Il nuovo campo di aviazione fu spostato ancora più ad est, ad Aidussina. Il campo fu la base delle Fliegerkompagnie 2 (giugno 1915 – agosto 1916), Fliegerkompagnie 4 (giugno 1915 – agosto 1916), Fliegerkompagnie 8 (marzo 1916), Fliegerkompagnie 12 (luglio 1915 – agosto 1916) e Fliegerkompagnie 19 (febbraio – agosto 1916). Nell'immagine un Albatross della Flik 16




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HOTCHKISS 1909-1914




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MAXIM SPANDAU MG8




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SCHWARZLOSE CAL. 8




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FIAT MOD. 14




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VOISIN


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PISTOLA GLISENTI MOD 1910 CAL. 9


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91^ SQUADRIGLIA

La 91ª Squadriglia possiede una caratteristica che la rende forse unica nella storia delle forze aeree di tutto il mondo, giacché Francesco Baracca ebbe il privilegio di poter scegliere uno per uno “I SUOI” uomini. Nell'esercitare tale indubbio privilegio, l'asso romagnolo cercò negli altri aviatori quelle stesse caratteristiche di eccellenza quale uomo, soldato ed aviatore che pure lui possedeva. Baracca, era un professionista serio ed equilibrato, ben lontano da tronfi fanatismi ed animato da grande rispetto per i suoi stessi nemici. A tal fine conviene ricordare come la contessa Paolina Biancoli, sua madre, avesse definito in una lettera gli aviatori austriaci "birbanti". Baracca la riprese pregandola di non chiamarli in quel modo, giacché lui li considerava semplicemente dei soldati che compivano il loro dovere nei confronti del loro paese. In un esercito allora fortemente strutturato in senso gerarchico, si curava poco anche dei gradi, conscio come era che in aria non contasse la presenza od il numero delle stelle da ufficiale sulle maniche. In questo fu simile al suo grande amico Pier Ruggero Piccio, suo superiore quale comandante del X Gruppo ed Ispettore della Caccia e futuro primo Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica quale Arma indipendente. La figura di Piccio a rigor di logica esulerebbe dalla trattazione poiché l'ufficiale romano non faceva parte della 91ª ma la sua storia è talmente legata ad essa che davvero non si può prescindere dal citarlo. Piccio univa un'enorme competenza ad un carattere focoso che lo rendeva pronto alla lode ed al biasimo senza riguardo alcuno al grado dell'interlocutore. Gli aviatori della 91ª erano uomini con storie, provenienze e caratteri diversi, uniti come si è detto dalle non comuni abilità nell'arte del volo e del combattimento aereo. Fra loro, e solo per citarne alcuni, si possono ricordare figure come Fulco Ruffo di Calabria, di nobilissima famiglia del Mezzogiorno, il padre dell'attuale Regina dei Belgi, che pure mai fece pesare il suo rango e rimase al suo posto scontando l'impegno con una grave forma di esaurimento fisico, assumendo anche la guida del reparto dopo la morte di Baracca. La 91ª Squadriglia possiede una caratteristica che la rende forse unica nella storia delle forze aeree di tutto il mondo, giacché Francesco Baracca ebbe il privilegio di poter scegliere uno per uno “I SUOI” uomini. Nell'esercitare tale indubbio privilegio, l'asso romagnolo cercò negli altri aviatori quelle stesse caratteristiche di eccellenza quale uomo, soldato ed aviatore che pure lui possedeva. Baracca, era un professionista serio ed equilibrato, ben lontano da tronfi fanatismi ed animato da grande rispetto per i suoi stessi nemici. A tal fine conviene ricordare come la contessa Paolina Biancoli, sua madre, avesse definito in una lettera gli aviatori austriaci "birbanti". Baracca la riprese pregandola di non chiamarli in quel modo, giacché lui li considerava semplicemente dei soldati che compivano il loro dovere nei confronti del loro paese. In un esercito allora fortemente strutturato in senso gerarchico, si curava poco anche dei gradi, conscio come era che in aria non contasse la presenza od il numero delle stelle da ufficiale sulle maniche. In questo fu simile al suo grande amico Pier Ruggero Piccio, suo superiore quale comandante del X Gruppo ed Ispettore della Caccia e futuro primo Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica quale Arma indipendente. La figura di Piccio a rigor di logica esulerebbe dalla trattazione poiché l'ufficiale romano non faceva parte della 91ª ma la sua storia è talmente legata ad essa che davvero non si può prescindere dal citarlo. Piccio univa un'enorme competenza ad un carattere focoso che lo rendeva pronto alla lode ed al biasimo senza riguardo alcuno al grado dell'interlocutore. Gli aviatori della 91ª erano uomini con storie, provenienze e caratteri diversi, uniti come si è detto dalle non comuni abilità nell'arte del volo e del combattimento aereo. Fra loro, e solo per citarne alcuni, si possono ricordare figure come Fulco Ruffo di Calabria, di nobilissima famiglia del Mezzogiorno, il padre dell'attuale Regina dei Belgi, che pure mai fece pesare il suo rango e rimase al suo posto scontando l'impegno con una grave forma di esaurimento fisico, assumendo anche la guida del reparto dopo la morte di Baracca.(Vedi scheda)




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GUIDO NARDINI 1881 - 1928

Nacque a Firenze e prese il brevetto di pilota numero 590 in Francia il 22 agosto 1911 sul campo di Betheny. Il primo anno dopo l'entrata in guerra lo passò come meccanico collaudatore addestratore e dovette attendere il 26 maggio 1916 prima di poter essere assegnato alla 75ª Squadriglia da caccia, basata sul campo di Tombetta. L'11 maggio un ricognitore fu messo in fuga, mentre il 16, aiutato da Buzio e Consonni, Nardini non solo fece ritirare in tutta fretta il ricognitore nemico, ma questi stretto fra i tre arei italiani perse l'apparecchio fotografico che finì in un campo vicino a Borgo Venezia. Il 27 maggio invece fu il giorno della prima vittoria di Nardini: aiutato da De Bernardi, Buzio e Consonni, costrinse un ricognitore, un Brandemburg C.1 ad atterrare. Tutti e due i piloti austriaci furono catturati. I veronesi, entusiasti per il primo abbattimento della 75ª, donarono 1.750 lire a ciascuno dei quattro piloti autori della vittoria, i quali, all'unanimità, li ridonarono al fondo per i mutilati di guerra. Verso la fine dell'anno Nardini passò alla 78ª squadriglia caccia, sempre con Nieuport 11. Dopo un breve passaggio alla 131ª su Pomilio PC, inizialmente concepito come caccia di scorta e poi da ricognizione, il pilota fiorentino tornò a Istrana alla 78ª e alla caccia. Pur volando ancora con un Nieuport 11, ormai obsoleto, nel 1917, sul fronte trentino, Nardini ritrovò la vittoria: il 14 giugno, fra l'altopiano di Asiago e la Valsugana, alle 8.20, obbligò un velivolo nemico ad atterrare e venti minuti dopo ne abbatté un secondo, facendolo precipitare in fiamme nella Valsugana. Il 18 luglio, grazie anche all'aiuto di Magistrini, costrinse all'atterraggio un Brandemburg C.1, il pilota sopravvisse, l'osservatore rimase invece ucciso nel duello aereo. Finalmente, nella tarda estate del 1917, Nardini passò all'Hanriot HD.1.Con questo velivolo Nardini rivendicò tre vittorie ma gliene venne riconosciuta solo una. Ferito in duello l'asso fiorentino stette lontano dal fronte per diversi mesi. Nel 1918 tornò in attività in forza alla 91ª squadriglia, quella di Francesco Baracca. Gli inizi però non furono fra i più gloriosi, atterrando con il suo nuovo SPAD S.VII matricola 5807, per un guasto al motore cappottò distruggendo l'aereo. Evidentemente Nardini non fece mai pace con lo Spad visto che si fece assegnare un Nieuport 27 con il quale tornò alla vittoria il 3 maggio in qualità di gregario proprio di Francesco Baracca. Il 23 agosto ebbe un grave incidente, e non recuperò più l'operatività che ebbe prima dell'infortunio. A conflitto finito, a fronte delle 11 vittorie da lui rivendicate, gliene vennero confermate solo 6. Il pilota fiorentino meritò in totale una medaglia d'argento al valor militare e due di bronzo.(da: http://guidonardini.it/index.html)




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FLIK 4

Inizialmente schierata a Rogatica passò poi a Wippach sul fronte isontino come reparto divisionale per l'osservazione e la direzione del tiro. Fu poi basata a Santa Maria la Longa, Giai, Gajarine

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FERRUCCIO RANZA 1892 - 1973




Nato a Fiorenzuola D'Arda, dopo gli studi di ragioneria si arruolò frequentando nel 1914 il primo corso per allievi ufficiali del Battglione Aviatori. Nell'ottobre del 1915 volò con i Caudron della 3^ Squadriglia d'artiglieria e ottenne poi il trasferimento alla 77^ Squadriglia da caccia dove si vide confermare la sua prima vittoria il 14 settembre 1916. Altre due vittorie vennero il 25 novembre e nel gennaio 1917 fu nominato comandante della 77^ squadriglia. . Il 1 maggio fu trasferito alla 91^ squadriglia e diventò un asso il 23 settembre condividendo con Sabelli l'abbattimento di un Brandenburg C.I.. Prima della fine dell'anno ottenne altre due vittorie, l'ultima delle quali, il 30 dicembre. La prima vittoria del 1918 fu ottenuta il l2 gennaio ai danni di un aereo tedesco, un Rumpler C.IV. Una doppietta fu rivendicata il 10 febbbraio e il 15 giugno, primo giorno dell'ultima offensiva austroungarica, abbettè un Brandenburg C.I... In settembre Ranza subentrò a Ruffo nel comando della 91^ Squadriglia ottenenendo le sue ultime due vittorie il 29 ottobre. In tre anni di voli di guerra aveva compiuto 465 voli di guerra con 17 vittorie confermate in 57 combattimenti. Rimasto sotto le armi e passato nella regia aeronautica, proseguì la sua carriera partecipando a voli operativi in Libia e in Africa Orientale. Durante la seconda guerra mondiale , con il grado di Generale di Squadra Aerea ebbe il comando dell'Aeronautica dell'Albania durante la sciagurata campagna di Grecia. All'armistizio Ranza era a Bari al comando della 4^ Squadra Aerea e non perse la testa, rimanendo al suo posto e riuscendo prima a mantenere la saldezza delle truppe evitando il sabotaggio degli aeroporti da parte dei tedeschi, collaborando poi con gli Allearti per mostrare la volontà degli italiani a liberare il proprio paese.. In congedo dal 1952, morì a Bologna nel 1973. (Da: Gli Assi Italiani della Grande Guerra, di Paolo Varriale)

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FARMAN 1914

Costruito dal 1914 come MF11, fu abbandonato nel 1916. Era propulso da un motore da 80 CV e fu impiegato come ricognitore, bombardiere e velivolo di appoggio per l’artiglieria. Biplano biposto in grado di sviluppare una velocità massima di 106 km/h e di raggiungere una quota di 4000 metri. Pesava 1188 kg a pieno carico ed aveva una autonomia di volo di 3 ore e 30’.



Apertura alare: 16,13 m
Superfice alare: 54 mq
Lunghezza: 9,42 m
Velocità: 100 km/h
Motore: Fiat A.10 da 100 CV

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FOKKER E-III




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HANSA BRANDENBURG D-I (KD)




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MITRAGLIATRICE VICKERS MAXIM 7.62




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FRANCESCO BARACCA 1888 - 1918




Nato a Lugo di Romagna il 9 maggio 1888, da Enrico e da Paola dei conti Bianchi, uscì dalla Scuola militare di Modena, nel sett. 1909, col grado di sottotenente di cavalleria. Passato a sua richiesta nelle file dell'aviazione militare, il 28 apr. 1912 fu assegnato al battaglione "Specialisti d'aviazione" e inviato a seguire i corsi della scuola di pilotaggio dell'aviazione militare francese a Reims, dove il 9 luglio 1912 conseguì il brevetto di pilota. Nel 1913, partecipando alle manovre dell'arma di cavalleria, dimostrò le grandi possibilità militari che l'impiego del mezzo aereo apriva sul piano tattico, e gli fu affidato il compito d'istruire gli allievi piloti. Già completamente padrone della tecnica acrobatica, perfezionò continuamente le sue conoscenze e il suo addestramento tattico, abituandosi a pilotare apparecchi di tipi diversi. Con l'entrata in guerra dell'Italia a fianco dell'Intesa, il 24 maggio 1915, il B. accelerò la sua preparazione sugli aerei tipo "Nieuport", dotati di una velocità eccezionale per l'epoca, presso l'aeroporto parigino di Le Bourget. Rientrato nel luglio 1915 in Italia, fu subito mandato al fronte per collaborare all'organizzazione di una difesa contro i già operanti velivoli austriaci. Compì diverse missioni con vari compiti e ottenne la sua prima vittoria in un duello aereo il 7 apr. 1916, costringendo ad atterrare, ancora quasi intatto, all'interno delle linee italiane un velivolo austriaco tipo "Aviatik" : questa azione, che poneva in mano italiana un apparecchio di uno dei modelli più recenti da ricognizione e da combattimento, gli valse la prima medaglia di argento al V. M. Seguirono numerose altre vittorie: nel 1917, all'ottavo aereo nemico abbattuto, gli fu conferita la croce dell'Ordine Militare di Savoia. Dopo aver combattuto con la 70ª squadriglia, di base al campo di S. Caterina (Udine), passò nella primavera del 1917 alla 91ª squadriglia, una unità di nuova costituzione, nella quale confluirono i migliori piloti della 70a e che fu poi chiamata "la squadriglia degli assi". La nuova formazione ebbe in dotazione apparecchi tipo Spad, superiori ai Nieuport, con i quali collezionò una serie straordinaria di vittorie: dopo avere svolto attività assai intensa con base prima a Istrana (Treviso) e poi a S. Caterina, i piloti della 91ª squadriglia potevano vantare alla fine del settembre 1917 diciannove velivoli abbattuti dal B., comandante della squadriglia, tredici da Fulco Ruffo di Calabria, dodici ciascuno da P. R. Riccio e L. Olivari, sette da F. Ranza. La 91ª divenne in breve la squadriglia più famosa del fronte; i suoi piloti s'impegnavano anche in azioni di bombardamento con apparecchi "Caproni", ma la specialità, nella quale il B. e i suoi aviatori eccellevano, era la caccia: la tattica preferita dal B. consisteva nell'attaccare dall'alto il nemico, sfruttando soprattutto la propria eccezionale abilità nella manovra dell'aereo e delle armi di bordo. Altre due medaglie d'argento vennero a premiare l'audacia del B., che durante la battaglia di Caporetto e la ritirata s'impegnò a fondo per ostacolare il nemico con azioni rischiosissime di mitragliamento a bassa quota, anche nelle strade di Udine, che le colonne austro-tedesche stavano attraversando. Trasferitasi la gia squadriglia a Pordenone, e poi a Padova, la stretta collaborazione con la lotta delle truppe di terra continuò, sia nel campo dell'intervento tattico, sia in quello della ricognizione strategica e dei bombardamento. Il 7 dic. 1917 il B. abbatteva il suo trentesimo aereo nemico, un "Albatros" austriaco, sull'altopiano di Asiago. Per questa vittoria, il B. ebbe la croce di ufficiale della Corona belga, dal re Alberto in persona, il 6 febbr. 1918, sul campo di aviazione di Padova, e la medaglia d'oro al valor militare: seguì la promozione a maggiore per merito straordinario di guerra. Il cavallo rampante e il motto "ad maiora", che il B. aveva dipinto sulla carlinga, contribuivano a creare attorno all'aviatore un'atmosfera romantica, come del resto era accaduto ad altri famosi cacciatori di quella guerra, come il tedesco von Richtofen sul fronte francese e l'austriaco Brumowscky sul fronte italiano. La sua figura diveniva estremamente popolare tra i soldati e contribuiva notevolmente all'affermazione della nuova aviazione italiana. La offensiva austriaca e il contrattacco italiano nel giugno 1918 impegnarono a fondo la gia squadriglia. Il 15 giugno il B. abbatté il suo trentaquattresimo apparecchio nemico. Il 19 giugno, uscito al tramonto con altri due aerei della squadriglia per un'azione di mitragliamento a volo radente sul Montello, l'apparecchio del B. fu colpito da due pallottole incendiarie di fucile, che perforarono il serbatoio, e una delle quali raggiunse alla testa l'asso dell'aviazione italiana. (www.treccani.it)

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PISTOLA MITRAGLIATRICE VILLAR-PEROSA 9 MM




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POMILIO P.E.




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CAMPO DI QUINTO (TV)

Il campo di Quinto di Treviso era in pratica ad uso esclusivo della 91a Squadriglia che era conosciuta come «Squadriglia degli Assi». D'Annunzio per essa coniò il motto «Esce dal petto il mio fuoco». La base era stata realizzata su un'area quasi rettangolare di 600 m. per 500 m., oltre alle dipendenze esterne. L'aeroporto era costituita da 9 hangar tenda mimetizzati di cui 2 piccoli monoposto di tipo Mercandino. Tutto intorno erano distribuite una serie di baracche in legno. Le case esistenti furono riutilizzate per i servizi del campo. Nella parte sud della via Trevisana erano alloggiati i servizi tecnici, le officine e i magazzini e un viottolo in direzione nord-sud collegava il resto della struttura a questa parte. Ai due lati del tratturo erano posizionati almeno altrettanti accantonamenti, che consistevano in ricoveri singoli, in legno, con tetto in lamiera. Le pareti erano rivestite in arelle. Tali ricoveri furono montati sul fondo di piccole cave da cui era stato estratto il materiale ghiaioso necessario a preparare il fondo delle baracche e della zona di atterraggio. Probabilmente anche sugli altri lati del campo, lo spazio esterno alla zona di decollo era utilizzato per depositi e servizi. L'area di casa Murer era usata per i servizi destinati alla truppa e nelle abitazioni confinanti come il palazzo Lino casa Fantin, gli ufficiali in servizio di allarme avevano riservato alcune stanze per potervi dormire. Il deposito delle munizioni era stato costruito all'interno di una buca. A sinistra del convento dei frati di San Parisio era presente un secondo avvallamento del terreno dove, in alcuni hangar, venivano ricoverati gli apparecchi.




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BRISTOL F2B


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