Il Fronte del Cielo - Gli Apparecchi - 14.4 - Armamento
il primo aereo con una mitragliatrice a bordo fu progettata dalla Vickers inglese tra il 1912 1 il 1913. In Italia
la Caproni progettò e costruì un aereo monomotore, momoplano e monoposto che venne armato con una mitragliatrice maneggiata dal pilota.
Il Ca.20 però non ebbe seguito operativo. E non solo in Italia. All'inizio della guerra
gli aerei momnoposto, nella loro totalità erano
disarmati. Di conseguenza si verificarono numerosi casi in cui i piloti, quando incontravano gli avversari in volo, non potevano fare altro che salutarli.
Per rimediare al senso d'impotenza dei piloti sui velivoli monoposto, poco dopo l'inizio delle ostilità, qualcuno iniziò a portarsi appresso una carabina o un revolver per sparare all'aversario,
ma senza alcuna risultato ratico. Questa abitudine, quando l'Italia entrò in guerra, in Francia era già stato abbandonata ed erano
state installante sui velivoli le mitragliatrici usate in trincea. Poiché nel nostro paese tali armi mancavano anche per
l'impiego al suolo, fu obbligatorio contare sulla produzione francese e inglese. Diversa fu l'origine dell'armanento per gli aerei biposto. Sui ricognitori con motore anteriore
venne montata - rivolta verso il retro del velivolo - una mitragliatrice brandeggiabile da parte dell'osservatore, mentre
nei ricognitori con motore posteriore, (
Voisin e
Farman) l'arma fu collocata frontalmente. Partendo da un velivolo con
caratteristiche analoghe i britannici svilupparono il loro prima aereo da caccia, il «
DH2». Negli anni seguenti i ricognitori
con motore anteriore, furono ulteriormente difesi da due mitragliatrici, una brandeggiabile dall'osservatore e una puntata
in avanti sopra il disco dell'elica e azionata anche dal pilota. Poi su alcuni ricognitori l'arma frontale venne sincronizzata
con l'elica dando la possibilità al pilota di usare l'aereo come un caccia (
Pomilio e
Bristol F2). Prima dell'avvento del
«sincronizzatore» che consentiva di far fuoco attraverso le pale dell'elica in movimento, un giovane pilota francese
Roland Garros, pensò di risolvere il problema, corazzando la parte interna dell'elica con
lamine d'acciaio. Questo empirico sistema che impediva l'auto-abbattiemento gli consentì tuttavia di ottenere 5 vittorie in pochi giorni. Un guasto al motore
lo obbligo però ad scendere fra le linee avversarie consentendo ai tedeschi di scoprire il suo segreto. Essi affidarono al
progettista olandese
Anthony Fokker, che lavorava per loro, il compito di applicare tale soluzione ai velivoli germanici.
Fokker si rese ben presto conto della precarietà del sistema inventato da
Garros e, dopo poche settimane di studio,
creò il meccanismo che consentiva alla mitragliatrice di bordo di sincronizzare il suo fuoco con la rotazione delle pale
dell'elica in modo da sparare tra di esse. Inizialmente i tedeschi, che erano pronti ad adottare la soluzione di
Garros,
non si dimostrarono altrettanto entusiasti del meccanismo elaborato da
Fokker. Quando però i due piloti che l'ebbero in
prova,
Oswald Boelcke e
Max Immelman, cominciarono a seminare la morte tra la fila degli aviatori alleati. i comandi
germanici mutarono la loro opinione. Ai caccia con la croce di ferro che l'avevano in dotazione, fu vietato di sorvolare il
territorio nemico. Con ogni probabilità il sincronizzatore perfezionato da
Fokker fu l'adattamento in senso migliorativo di
idee precedenti ed in particolare di un progetto dello svizzero Franz Schneider che per tale motivo, nel 1916, intenterà
anche una causa contro di lui. Una volta che il meccanismo cadde in mani alleate fu rapidamemte installato anche sui
velivoli dell'Intesa. Sul fronte Italiano i primi caccia «
Fokker E III» in forza alla
Flik 4, (basata ad
Aisovizza), monoplani
dotati del prezioso meccanismo di sincronizzazione, comparvero nel 1916. Come già sui cieli di Francia, anche ad essi
fu vietato di inseguire gli aerei avversari in territorio Italiano temendo che nel caso di abbattimento, il «sincronizzatore»
fosse scoperto. Dal 1916 sugli aerei da «difesa» si passò dall'arma fissa sopra l'ala e non sincronizzata ad una e poi a
due (nel 1918) mitragliatrici sincronizzate con l'elica. Queste erano posizionate in fusoliera sopra o sui fianchi del motore
e sparavano attraverso il disco dell'elica. Tale disposizione viene appunto chiamata «in caccia». I tipi di mitragliatrici
usate tra gli alleati furono maggiormente le
Vickers-Maxim cal.7,62 a 550 colpi/min., le Lewis cal.7,62 a 600 colpi/min.
e l'Hotchkiss Francese cal.7,7 a 550 colpi/min. Furono montate sui velivoli senza una regola
precisa. Ci furono anche aerei che vennero attrezzati con ulteriori armi oltre a quelle previste, con una bocca da fuoco sincronizzata «in caccia»
e una sopra l'ala o con il raddoppio delle armi brandeggiate dall'osservatore, o ancora, come accaduto in Francia, montate
sul lato esterno della fusoliera. Gli austrotedeschi invece usavano principalmente: la
Maxim-Spandau (l'originale)
Mg08/15 cal. 7,92 da 500 colpi/min. e la
Schwartzlose cal.8 da 400 colpi/min. Le armi fissate sopra l'ala presentavno
ulteriori problemi nel momento in cui si doveva cambiare il caricatore (quando previsto) o disinceppare una mitragliatrice
che si era bloccata. Il pilota doveva infatti alzarsi dall'abitacolo venendosi a trovare in una condizione precaria. Furono
pertanto studiati meccanismi che permettevano la rotazione dell'arma verso il basso per facilitare l'operazione. La questione
fu definitivamente risolta solo con le armi sistemate «in caccia» e alimentate da nastri. In Italia nel 1909-10 furono
valutate le mitragliatrici allora disponibili. La Fiat aveva presentato un modello che però non fu preso in considerazione,
preferendo la Maxim costruita dalla Vickers. Nel 1914 all'approssimarsi del conflitto, quando si
fece palese la scarsa dotazione di armi di questo tipo, dopo altre valutazioni e revisioni del progetto, la mitragliatrice Fiat venne finalmente acquistata
dalle nostre forze armate e denominata «
Mod. 14» in omaggio all'anno della sua entrata
in servizio. L'arma aveva
due svantaggi rispetto alla
Maxim: il raffreddamento a liquido con pompa esterna ed il caricatore a scatola da 50 colpi
che limitava l'autonomia. Nonostante tutto il meccanismo era più semplice dell'arma di origine tedesca ed in seguito fu
adottata anche in aviazione rimuovendo la camicia di raffreddamento. L'arma era calibro 6,5 con una cadenza di 500
colpi al minuto ed un tiro utile di 500 mt. La prima mitragliatrice italiana progettata per l'uso aeronautico fu la
Villar Perosa cal. 9 a 900 colpi/min., detta anche Fiat mod. 15. Fu ideata da
Abiel Bethel Revelli nel 1915 ed era costituita da due armi
parallele. L'intento era quello di realizzare una mitragliatrice che concentrasse il massimo volume di fuoco in un breve
attimo. Disponeva di due caricatori da 32 colpi - uno per ogni canna - che potevano essere sparati in maniera indipendente.
Si dimostrò potente ma imprecisa (tiro utile 100 mt.), a causa della canna corta e della carica ridotta dovuta alla
cartuccia che era quella della pistola
Glisenti. La scarsa autonomia fu un altro degli elementi che incise sulla decisione
di passarla alla fanteria dove era più comodo il cambio di caricatore. Anche in trincea però non trovò l'approvazione dei
soldati e il progetto nel 1918 fu passato alla Beretta che divise le due armi e, dopo averle dotate di calcio, diede vita ad
una arma che fu proposta agli Arditi.
Il problema dell'inceppamento delle mitragliatrici era sempre un'incubo per ogni
pilota che poteva trovarsi nel momento più importante del combattimento con le
armi inefficienti, passando di colpo da cacciatore a preda. Anche i piloti della «
Squadriglia degli Assi» di
Quinto, al pari dei colleghi di altre unità, dovettero spesso fare
i conti con questo guaio. In un volume di memorie del 1933, il pilota
Luigi Contini,
riferì che il 13 maggio 1918 anche
Francesco Baracca, impegnato su Nervesa nell'inseguimento
di 5 Brandemburg KD con la protezione di
Guido Nardini, quand'era
ormai a tiro, restò vittima di tale pericoloso inconveniente. A quel punto fu costretto
a una serie di vivaci acrobazie per levarsi di torno gli avversari. Poco tempo dopo
si rifece comunque abbattendo un Albatros su Salettuol. Anche a
Ferruccio Ranzaaccadde di trovarsi con l'arma bloccata. Visibilmente alterato, dopo avere preso
terra, si lasciò sfuggire una serie di apprezzamenti poco edificanti in presenza di piloti di altri reparti.
Baracca se ne accorse e lo prese da parte, per dargli la più classica delle
lavate di capo. Il giorno dopo però, si affrettò a rincuorarlo avendo saputo che l'amico,
per la romanzina patita, non aveva chiuso occhio tutta la notte.
Da: "Il Fronte del Cielo, di Renato Callegari e Stefano Gambarotto
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