Il Fronte del Cielo - Emeroteca - Il Corriere della Sera

 

 
   

     
4 sett. Comunicato del Comando Supremo
     
7 sett. Un idrovolante austriaco affondato nella laguna veneta
     
15 sett. Un aeroplano coi colori italiani getta quattro bombe su Vicenza
     
16 sett. Comunicato del Comando Supremo
     
17 sett. Comunicato del Comando Supremo
     
18 sett. Per la difesa aerea dei centri abitati
     
20 sett. Comunicato del Comando Supremo
     
21 sett. D’Annunzio vola su Trento e lancia messaggi alla popolazione
     
22 sett. Il volo di D’Annunzio su Trento
     
24 sett. Idrovolante austriaco abbattuto in luglio
     
25 sett. Comunicato del Comando Supremo
     
26 sett. Il volo di D’Annunzio su Trento
     
     
     
  Attenzione, le pagine di questa sezione contengono solo la stampa del 1915, cioè L'Arena, Il Corriere della Sera e La Lettura; per visitare le altre pagine mostrate in indice entrare dalla sezione "La Memoria" dal menù principale.  


 

 

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IL CORRIERE DELLA SERA 4 SETTEMBRE 1915

COMUNICATO DEL COMANDO SUPREMO

Dal comunicato del Comando Supremo, 3 settembre. Un nostro velivolo bombardò con efficacia accampamenti nemici lungo la strada Kostanjevica-Vojscica. Firmato Generale Cadorna

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IL CORRIERE DELLA SERA 7 SETTEMBRE 1915

UN IDROVOLANTE NEMICO AFFONADATO NELLA LAGUNA VENETA
Due ufficiali prigionieri

Dal Comunicato del Comando Supremo, 6 settembre. Velivoli nemici tentarono con insistenza improvvise incursioni sul nostro territorio, ma dovunque essi appaiono le azioni delle nostre batterie antiaeree ed il pronto sollevarsi delle nostre squadriglie di caccia li obbligano a ritirarsi rapidamente. Firmato: Cadorna. Un idrovolante austriaco affondato nella laguna veneta. Due ufficiali prigionieri Roma, 6 settembre. Due idrovolanti austriaci hanno volato, ieri pomeriggio, ed hanno lanciato bombe sulla laguna veneta senza recare alcun danno. Uno di esso, colpito dalle nostre artiglierie antiaeree, dovette posarsi sul mare. I due ufficiali che lo montarono furono fatti prigionieri da nostre torpediniere. L’apparecchio affondò. (Stefani)

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IL CORRIERE DELLA SERA 15 SETTEMBRE 1915

UN AEROPLANO COI COLORI ITALIANI GETTA QUATTRO BOMBE SU VICENZA

Vicenza 14 settembre. Stamane, verso le 8, un aeroplano austriaco, portante i nostri colori nazionali, attraversò la città lanciando quattro bombe: una in vicinanza dell’Ospedale militare, danneggiando una casa e ferendo otto persone non gravemente; un’altra presso L’Ufficio postale, rimasta inesplosa; una terza sul Collegio Farina, danneggiando la cupola dell’annesso oratorio, ed una quarta nell’interno del cimitero. Il fatto non ha prodotto in città alcuna impressione. (Stefani).

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IL CORRIERE DELLA SERA 16 SETTEMBRE 1915

COMUNICATO DEL COMANDO SUPREMO

Dal Comunicato del Comando Supremo, 15 settembre. Velivoli nemici apparvero su Tolmezzo e sulle conche di Plezzo e di Caporetto e un’altra squadriglia tentò una nuova incursione su Udine ma, aggredita da nostri velivoli da caccia, venne respinta ed inseguita sul Carso. Accampamenti nemici a Nabresina furono efficacemente bombardati dai nostri aviatori. Firmato: Cadorna. La situazione. Aeroplani nemici hanno lanciato bombe su Tolmezzo, sulle conche di Plezzo e di Caporetto. Una squadriglia che tentava una nuova incursione su Udine, è stata aggredita, respinta, inseguita fin sul Carso da nostri aeroplani da caccia. Accampamenti nemici a Nabresina sono stati efficacemente bombardati dai nostri aviatori.

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IL CORRIERE DELLA SERA 17 SETTEMBRE 1915

COMUNICATO DEL COMANDO SUPREMO

Dal Comunicato del Comando Supremo, 16 settembre. Un velivolo eseguì ieri una rapida incursione nel vicentino lanciando da grande altezza una bomba su Asiago e otto su Vicenza; lievissimi i danni materiali e qualche ferito leggero. Firmato: Cadorna.

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IL CORRIERE DELLA SERA 18 SETTEMBRE 1915

PER LA DIFESA AEREA DEI CENTRI ABITATI

Dal Comunicato del Comando Supremo, 17 settembre. Da ricognizioni aeree è stata accertata la presenza di numerosi treni nelle stazioni di Nabresina e di santa Croce lungo la ferrovia di Trieste: la linea venne bombardata e danneggiata da un nostro aviatore nei pressi di Gabrovica. Un velivolo nemico lasciò cadere una bomba sulla nostra stazione sanitaria di Begliano: fortunosamente non si ebbe a lamentare alcun danno. Firmato: Cadorna. La situazione. Un nostro aviatore ha bombardato e danneggiata, presso Gabrovizza, la ferrovia Trieste-Opicina-Nabresina sulla quale erano stati segnalati numerosi treni; un aeroplano nemico ha lasciato cadere una bomba sulla stazione sanitaria di Begliano, ad ovest di Ronchi. Per la difesa aerea dei centri abitati. Istruzioni della L.A.N. al pubblico Le recenti incursioni aeree nemiche su alcune città della frontiera hanno richiamato l’attenzione dei cittadini di quelle località che per la loro ubicazione potrebbero essere fatte segno a consimili tentativi e la Lega Aerea Nazionale, molto opportunamente, ha redatto e largamente distribuito alcune istruzioni sul contegno che è opportuno sia mantenuto dal pubblico in simili circostanze. Premessi alcuni schiarimenti sull’efficacia sempre relativa di un’azione offensiva di fuoco contro gli aeroplani, quando questa sia sviluppata fuori delle zone di difesa a tale speciale scopo predisposte, sulla inutilità, anzi sul pericolo di consimili azioni da parte dei cittadini; ricordata la materiale impossibilità di impedire la venuta degli aeroplani e la grande difficoltà di discernerne la nazionalità – quando anche il nemico non abusasse indegnamente dei simboli nazionali come esso fa – per la grande altezza cui normalmente navigano, le istruzioni della L.A.N. insistono perché il pubblico rifugga da ogni panico e da ogni eccessiva preoccupazione, ma non dia esso stesso utili indicazioni al nemico raccogliendosi dove gli aeroplani possono essere osservati nelle loro evoluzioni. L’istruzione ricorda come da parte dell’autorità militare sia predisposta opportuna difesa regolata, però, in modo da non provocare danno ai cittadini i quali potrebbero facilmente, ed anche gravemente, essere colpiti dai proiettili ricadenti al suolo come è avvenuto a Parigi ed in molte altre località popolose. Fu, anzi, questa la ragione che consigliò una larga sostituzione delle armi da fuoco antiaeree con aeroplani da caccia, ma tali provvedimenti sono necessariamente possibili nei centri dove esistono campi d’aviazione. Data la quasi materiale impossibilità di impedire le incursioni, giacchè i centri abitati non possono essere mascherati, è opportuno siano ricordate e diffuse per quanto possibile le norme con le quali le istruzioni succitate conchiudono: ” Nel caso di una visita di aeroplani nemici il pubblico sappia e ricordi che il getto di esplodenti dall’alto per mezzo di aeroplani non è sempre sicuro, efficace, dannoso. Ma la tranquillità del pubblico di fronte ad una minaccia non deve arrivare fino all’incoscienza del pericolo. Non ingombrate inutilmente le piazze e le vie e sfollatele immediatamente, ma con ordine, al primo segno d’allarme”.

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IL CORRIERE DELLA SERA 20 SETTEMBRE 1915

COMUNICATO DEL COMANDO SUPREMO

Dal Comunicato del Comando Supremo, 19 settembre. Il Campo di aviazione di Aisovizza e il bivio e il viadotto di Nabresina, bombardati da dirigibili. I nostri dirigibili hanno eseguito una incursione sul campo di aviazione nemico di Aisovizza, colpendolo con 40 bombe. Furono anche bombardati il bivio e il viadotto della ferrovia di Nabresina. Le aeronavi ritornarono incolumi nelle linee. Velivoli nemici hanno invece lanciato ancora qualche bomba su città indifese come Asiago e Bassano. Si ebbero pochissimi feriti nella popolazione e lievi danni materiali. Nessun militare è stato colpito. Firmato: Cadorna. La situazione. Il campo di aviazione d’Aisovizza, all’est di Gorizia, e il bivio e il viadotto ferroviari di Nabresina sono stati bombardati dai nostri dirigibili. Il nemico trova più conforme ai suoi gusti e meno rischioso lanciar bombe su città indifese come Asiago e Bassano.

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IL CORRIERE DELLA SERA 21 SETTEMBRE 1915

D'ANNUNZIO VOLA SU TRENTO E LANCIA MESSAGGI ALLA POPOLAZIONE

(Servizio particolare del Corriere della Sera). Vicenza, 20 settembre, sera Oggi, 20 settembre, Gabriele D’Annunzio, sopra un aeroplano italiano, ha volato su Trento e, come aveva già fatto su Trieste, ha gettato sacchetti tricolori, in ciascuno dei quali era contenuta una copia di un messaggio inteso ad animare quelle popolazioni e ad informarle del vero stato delle operazioni militari intorno al Trentino. Il volo riuscì magnificamente e la missione fu compiuta con pieno successo. Il messaggio comincia così: “ Trentini, gente nostra d’amore e di dolore, fratelli in Dante eterno, oggi è la prima festa romana dell’Unità vera d’Italia, oggi è la consacrazione solenne della più grande Italia, della perfetta Italia, celebrata dalla volontà sicura di tutto il popolo in armi. Oggi, sopra le ossa dei martini commemorati e sopra il fresco sangue versato a gara, la volontà del popolo giura che Trento nei nostri monti, come Trieste nelle nostre acque, è città d’Italia, italiana e sacra quanto il petto di Narciso Bronzetti, quanto quel tricolore votivo, tagliato e cucito dalle vostre donne, che il profugo di Strigno s’avvolse alla viva carne e per voi recò in salvo di là da Peschiera a Garibaldi. Oggi il tricolore sventola in tutte le città sorelle, in cima a tutte le torri e a tutte le virtù. Più si vede e fiammeggia il rosso, riacceso con la passione e con le vene degli eroi novelli. Branche ignobili, violando le vostre case ha profanato il segno, l’hanno strappato, arso o nascosto? Ebbene, oggi non v’è frode, né violenza di sbirro imperiale che possa spegnere la luce del tricolore nel vostro cielo. Esso è invincibile. Questi messaggi, chiusi nel drappo della nostra bandiera e muniti di lunghe fiamme vibranti, sono in numero di ventuno, tre volte sette, per memoria di quei ventuno volontari presi a Santa Massenza dalla soldataglia austriaca e fucilati nella fossa del Castello il 16 di aprile 1848. Ne cada uno nel cimitero, sopra il loro sepolcro che siamo alfine per vendicare! Bisogna che i precursori si scuotano e risuscitino, per rendere più luminosa la via ai liberatori. E i morti risuscitano. Erano là, fin dal primo giorno di guerra, a Ponte Caffaro, alla gola d’Ampola, a Storo, a Lodrone, a Tiarno, a Ledro, a Condino, a Bezzecca, in tutti i luoghi dove rosseggiarono la camicia e la prodezza garibaldine. E i Corpi Franchi in Val di Sole, e i Legionari al Monte Stino, tutti i vostri messaggeri disperati, aspettavano la gioventù d’Italia risanguinando. O fratelli, niuno di essi eroi voi dimenticaste mai; e di ognuno serbate nella memoria l’atto e il motto ammirabili: può la potenza dell’animo virile dare più grandi baleni? Ebbene, sì, l’esempio è superato: Che la maschia Trento palpiti di allegrezza! Vi ricordate voi di Emilio Blenio? Da solo, con la paziente audacia, prese il fortino d’Ampola. Noi oggi abbiamo cento Blenii, mille Blenii, che soli, dove l’altura è più vertiginosa, dove la roccia è più aspra, dove il ghiacciaio è più crudo, tra picco e picco, tra masso e masso, tra crepaccio e crepaccio, soli pigliano una trincea, espugnano una baita, bruciano un rifugio, tagliano un reticolato, fanno saltare un’opera, tentano imprese da gran numero e le compiono. Il vostro sublime Narciso Bronzettii, a Seriate, con una compagnia di centocinque uomini assale alla baionetta mille e quattrocento Austriaci e li pone in fuga dirotta? Ogni giorno il suo demone rinasce e si moltiplica in uno dei nostri alpini indomabili: uno contro dieci, uno contro venti, e tutti contro la montagna. Dove trascinarono i loro pezzi i cannonieri della brigata Dogliotti? Al Fustaccio? Al Monte Croce? Dove portò il suo, Tancredi Alasia, per battere Ampola? Questi d’oggi issano i loro a tremila metri e oltre: Dove si congela l’alito dell’uomo, le bocche da fuoco lampeggiano e tuonano. Impervio non è più parola latina, se bene aurea: Chi di voi conosce la punta d’Ercavallo? V’è una bella batteria italiana, dal 7 di agosto; e la bisogna è fornita: Taluno di voi stupisce forse? Or quali frottole e menzogne son ammannite nel Castello del Malconsiglio e sul lordato Verruca?” Il messaggio qui espone partitamente la storia e lo stato della nostra conquista dallo Stelvio a Livinnalongo, precisando località e date. Quindi prosegue: “ Queste sono le nostre notizie, o fratelli, ignude ed esatte. Questo è lo sforzo stupendo fino ad oggi fornito dagli uomini che conduce l’onnipresente spirito di un Capo chiamato Luigi Cadorna; il quale porta sul suo fermo volto i solchi di sapienza ond’è arata la maschera antica di Aristide. Voi lo vedrete, quel volto, per non più dimenticarlo. L’amplissima cintura di forti, di batterie, di trincee predisposte dall’Austria non tanto a difesa contro una nostra irruzione quanto a sostegno di una sua calata in Italia, il crudele cerchio d’acciaio è già spezzato; e già per entro le rotture il nostro ardimento s’insinua e si rafferma. Non temete, fratelli, d’esser percossi un’altra volta dalla parola dolorosa e sublime che all’ordine inatteso fu risposta “potente ed alta come il più alto comando”. Questa parola, non scritta ma vivente, sta su ciascuno di noi non come segno di divieto o di rinunzia ma sì d’incitamento a operare e a patire cose più grandi che le nostre forze stesse. Noi non obbediamo, non possiamo più obbedire se non a un genio inesorabile che ci spinge sempre più oltre. Non torneremo indietro, se non dalla Chiusa di Verona l’Adige non rifluisca verso la sorgente. Questa è la legge marziale che Roma statuisce oggi sopra l’altare della Patria. Questa è la legge che il nostro Capo consolida sul confine già corretto, costruendo una insuperabile frontiera militare contro cui il più numeroso e veemente sforzo nemico si romperebbe senza scampo. Noi siamo ormai signori del nostro destino, signori dei destini fraterni. Oggi il pugno di bronzo di Dante si chiude sul tuo capo curvato, o popolo di Trento. Levati a riguardarlo. Il tuo Bronzetti a Castenedolo, rotto il braccio manco, rotto anche il destro, levava tuttavia in alto la spada e iterava il grido della vittoria. Non v’è piombo né acciaio che spezzi il braccio della silenziosa promessa proteso su te. La promessa è per compiersi. Ed ecco, fra poco, incoroneremo la tua fede, simile alla pietra di Arco ond’è costrutto il tuo fonte, quanto più annosa tanto più dura. E’ una virtù d’amore la tua durezza. Incontro alla durezza delle tue rupi e dei tuoi ghiacci s’avanza il nostro amore armato. Sembra che i combattenti ti riscolpiscano. Sembra che vogliamo ritrovare dentro il sasso la tua pura bellezza latina. Quasi sembra che l’angoscia michelangiolesca travagli oscuramente questo esercito di artieri anelanti. Tagliano la tua alpe, sotto il rombo della morte, come il Buonarrento tagliava l’apuana, per un ansia di rinvenire nel profondo una forma di magnanimità che li inebria. Sei tu che sfavilli sotto il piccone, anima i Trento; e par che tutto il tuo martirio si scrolli nella possa della mina. “Avanti! Avanti!” il grido del prode dei prodi “che dorme leggero sul cuore di Brescia fedele” è il loro assiduo grido, ma dentro chiuso, ma rattenuto dietro i denti. Pur ieri, alla testata del torrente Noce e della Conca di Presena nell’Alta Valle di Genova, in silenzio superarono se stessi dove il pericolo non aveva mai conosciuto lo sguardo diritto dell’uomo. Di là dai ghiacci e dai picchi, a Villacorna, raggiunsero i trinceramenti austriaci, li assalirono e distrussero. Poi se ne tornarono disegnando un’altra fazione. Oggi forse vorranno compiere un prodigio, in gloria di te. Su tuttala fronte i combattenti oggi nel sasso e nel gelo ti scolpiranno con una passione men silenziosa. Intoneranno il canto di Roma. In queste mobili fiamme, che per l’aria scendono nelle tue strade aspettanti, odi vibrare una nota di quel canto, riconosci gli spiriti di Roma. I volontari di Luciano Manara, i futuri eroi di San Pancrazio e del Vascello, s’erano abbeverati al Torrente Ambies, avevano udito stormire i pioppi del Sarca: e il loro sangue se ne ricordava. Oggi Roma a te consacra nel Foro un’urna riempita con l’acqua della sua fonte santa e un ramo di lauro colto lungh’essa la Casa delle Vestali; perché sa come nessuna altra acqua oggi ti disseti e nessun’altra fronda ti consoli. Non soffrirai più l’arsura, e sarai inghirlandata di allegrezza. Chi ti reca questo messaggio ha un nome da te ben conosciuto: Negli anni squallidi, quando la terza Italia pareva rassegnata per sempre all’obbrobrio e al selvaggio, quando le tue corone votive erano spazzate fuor dal Tempio e gettate all’immondezza, egli solo ti chiese perdono dell’infamia e confortò la tua disperazione. Verrà, verrà sul suo cavallo,/con giovine chioma./Torrà il nero e il giallo/vessillo dal tuo sacro monte/che serba il vestigio di Roma .. Ti sovviene? Invittamente egli ti annunziava quel che oggi è per compiersi: Se la sorte vuole che il tuo sangue sopra le si sparga, non lo commiserare.” Il messaggio reca la firma di Gabriele D’Annunzio e la data: “Nel cielo della Patria: 20 settembre 1915.”

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IL CORRIERE DELLA SERA 22 SETTEMBRE 1915

IL VOLO DI D'ANNUNZIO SU TRENTO

(Servizio particolare del Corriere della Sera). Vicenza, 22 sette, mattino. Il volo di Gabriele D’Annunzio su Trento era stato fissato verso le 13.30 di avant’ieri; ma il tempo fosco lo fece rimandare. Alle 15.30 circa il sole squarciò le nubi ed il poeta partì su un biplano alla volta di Trento, donde ritornò alla 17.30. La voce del volo felicemente compiuto di diffuse immediatamente e d’Annunzio fu festeggiatissimo: egli stesso appariva molto lieto per la missione confortatrice compiuta.

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IL CORRIERE DELLA SERA 24 SETTEMBRE 1915

IDROVOLANTE AUSTRIACO ABBATTUTO IN LUGLIO
RIPESCATO NELLE ACQUE DI MOLFETTA

Bari, 24 settembre, mattino La mattina del 17 corrente, a Molfetta, fu pescato, poco lungi dalla costa, un idrovolante austriaco in istato piuttosto buono. Sulla operazione la censura impose il riserbo ai corrispondenti; ma, poiché altri giornali hanno pubblicato in proposito notizie inesatte, ritengo opportuno mandarvene ora delle precise. Sarà ricordato ancora dai lettori il raid aereo nemico su Bari del 17 luglio. Gli apparecchi austriaci, in numero di tre, fatti segno ad intensa fucileria e a fuoco di artiglieria, fuggirono dopo avere causato pochi lievissimi danni. Uno fu abbattuto nelle acque di Barletta e gli aviatori furono fatti prigionieri, un altro fu visto barcollare e poi allontanarsi lentamente. Ora si apprende che questo secondo fu pure abbattuto al largo di Molfetta: l’equipaggio riuscì a salvarsi a bordo del terzo idrovolante, che fuggì indisturbato. Dal principio del mese le operazioni dei pescatori presso la costa di Molfetta riuscivano difficili: le reti restavano impigliate e le autorità, informate, disposero per ricerche che portarono alla pesca di un idrovolante nemico, di tipo Albatross, col macchinario di bordo in buono stato, con un ripostiglio con sette bombe, una mitragliatrice e quattro Mauser, tre sedili e carte topografiche spappolate

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IL CORRIERE DELLA SERA 25 SETTEMBRE 1915

COMUNICATO DEL COMANDO SUPREMO

Dal Comunicato del Comando Supremo, 24 settembre. Un velivolo nemico lasciò cadere tre bombe su Tonezza: nessuna vittima e nessun danno. Firmato: Cadorna.

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IL CORRIERE DELLA SERA 26 SETTEMBRE 1915

IL VOLO DI D'ANNUNZIO SU TRENTO

Vicenza, 25 settembre Si hanno i seguenti particolari intorno al volo compiuto da Gabriele D’Annunzio su Trento il 20 settembre. Gabriele D’annunzio arrivò al campo di aviazione la vigilia, poco dopo mezzogiorno: Gli fu destinato come pilota il giovine capitano Ermanno Beltramo e come apparecchio un velivolo di tipo Maurice Farman d’intera fabbricazione italiana, nuovo fiammante, munito di un motore Fiat da 100 cavalli. Questo tipo è leggerissimo. L’ossatura della fusoliera è ricoperto di tela. Il posto dell’osservatore è a prua, dinanzi a una mitragliatrice girevole che ha un grande raggio di tiro. Il pilota sta dietro l’osservatore. I loro piedi posano su due assicelle. Tutto il resto è ricoperto di tela trasparente. Il campo di osservazione è amplissimo e liberissimo. La vigilia passò in esercizi di tiro e in preparativi scrupolosi. Fu trovato il modo di evitare che, nel lancio dei sacchetti, qualcuno sbandando al vento potesse investire l’elica e impigliarvisi o spezzarla col peso della sabbia. Il motore fu messo al punto. La partenza fu fissata per le 8 della mattina seguente. Il tempo era chiaro. Al di sopra delle nubi. Per sfortuna, la mattina seguente una cappa di nuvole era calata su tutti i monti. All’ora stabilita, gli aviatori si trovavano sul campo e dolorosamente si convincevano della impossibilità di attraversare una foschia così densa. Era una desolazione in tutti, perché l’impresa non avrebbe avuto lo stesso significato se fosse stata differita differita a un altro giorno. Bisognava compierla il 20 settembre, alla data solenne che era segnata nel messaggio. I paesani del luogo pronosticavano la persistenza del maltempo sino alla sera. Non di mano i due compagni non si scoraggiavano e attesero pazientemente ore ed ore spiando il cielo. Il capitano Bonazzi, comandante la squadriglia, si levò col suo velivolo per una esplorazione. Tornò sconfortato. Verso il basso vicentino cominciava la chiara, ma di là dalle prime vette del Trentino la cappa era pur sempre chiusa e senza il più piccolo spiraglio. Gli aviatori decisero di attendere, ostinatamente. E la costanza fu ricompensata. Nelle prime ore del pomeriggio le nuvole cominciarono a diradarsi: Si scorse la famosa Cima Dodici apparire fuori dello strato. Si poteva sperare di raggiungere la città sorvolando le nuvole e forse di scoprirla in fondo alla valle abbastanza chiaramente per dirigere il getto dei messaggi. Fu deciso di tentare la sorte: I presenti videro con grande emozione il velivolo alzarsi e prendere quota: Lo seguirono per qualche tempo, poi lo videro sparire di là dai monti, perdersi nella foschia. Per un gran tratto gli aviatori volarono sopra lo strato, senza scorgere ne cime né valli. Il nuvolato era uniforme e nascondeva tutto, a perdita di vista. Il vento in prua riduceva di molto la velocità e squassava a quando a quando l’apparecchio, pur resistentissimo nella sua apparente fragilità. I forti austriaci erano nascosti, specialmente il più terribile, il Panarotta. L’apparecchio continuava a prendere quota, aveva già raggiunto i 3000 metri; ma la speranza della riuscita pareva perduta. Conveniva rinunziare? Tornare indietro per ripartire l’indomani?. Tre giri su Trento – La caccia I due compagni si consultarono, scrivendosi sul taccuino: Erano entrambi così risoluti a andare avanti, in qualunque modo, con qualunque esito, che subito furono d’accordo. Decisero di elevarsi alla massima altezza, per tentare di passare sopra le nuvole. La costanza fu ricompensata. Erano a 3400 metri quando in uno squarcio improvviso scorsero Levico: Salirono ancora: Avvistarono Pergine: La speranza di scoprire Trento nella valle sgombra li riempì d’una grande gioia: Gabriele D’Annunzio volle contare di nuovo i sacchetti – tre volte sette – e li dispose a portata di mano, con le fiamme bene avvolte intorno al crocchio di sabbia. Pochi minuti dopo, egli scorse in uno sfondo miracolosamente aperto la “città santa d’amore e di dolore”. Le nuvole intorno fumigavano e ondeggiavano, mulinate dal vento. Il velivolo fece tre giri sulla città, mentre la batteria aerea posta di recente sul Doss Trento, sull’antico Verruca, inaugurava il tiro contro quel visitatore certamente inaspettato. Tutti i messaggi andarono al segno, gettati nei diversi punti della città, alla periferia e al centro; ma gli shrapnels non riuscirono se non a imprimere qualche violento sussulto all’apparecchio che, compiuta l’impresa, si allontanava col vento in poppa a una velocità di circa centotrenta chilometri all’ora: I velivoli austriaci non avevano alcuna probabilità di raggiungerlo. Gli aviatori avevano messo circa un’ora e tre quarti per prendere quota e per portarsi su Trento, in quelle condizioni difficilissime. Al ritorno, avvistarono l’altopiano dei Sette Comuni dopo pochi minuti: Il capitano Beltramo aveva condotto il velivolo con un maestria rara. Si deve a questa e alla calma e all’ostinazione dei due compagni la perfetta riuscita del volo. Dopo il ritorno. L’accoglienza fatta ai ritornanti, sul campo, dai soldati e dai cittadini accorsi, fu commoventissima: Il ritorno era stato atteso con una ansietà crescente. Quando il velivolo apparve incolume sopra il Verena, scoppiò una acclamazione di gioia. Gabriele d’Annunzio la sera fu festeggiato da tutti gli ufficiali del presidio, alla mensa del generale. Subito dopo il pranzo partì per il fronte in automobile e rimase parte della notte in una trincea di là dalla Croce di Vezzena. La sua visita lungo tutto il fronte, nel Trentino, durerà alcuni giorni. Poi egli ritornerà al Corpo d’armata cui appartiene sul Basso Isonzo.

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