La Grande Guerra Aerea - 15.5 Navi Portaerei - Le "portaerei"
Le prime navi a capacità aerea della Regia Marina. Iprimi anni del Novecento videro l’affermarsi del mezzo aereo non soltanto come
«macchina volante» sperimentale o sportiva, ma anche come innovativo strumento
di conduzione delle operazioni belliche che, dopo i primi (e in parte giustificati)
dubbi e sospetti da parte degli Stati Maggiori delle principali Forze armate mondiali,
fece ben presto intravedere le proprie potenzialità, inizialmente sul piano tattico e poi
anche su quello strategico.
Le disponibilità di bilancio della Regia Marina, all’epoca indirizzate a finanziare la costruzione delle prime «dreadnought» e di altre necessarie categorie di naviglio,
consentirono inizialmente la sola parziale trasformazione del piccolo incrociatore Elba
del 1890-1895, da 2.300 t di dislocamento) modificato in funzione di «nave appoggio
aerei», su progetto del capitano del Genio Navale Alessandro Guidoni. In pratica,
sul cassero a poppavia del secondo fumaiolo, venne eretta una tettoia, sostenuta
da quattro montanti e chiusa verso l’esterno da teloni impermeabili, per il ricovero di
tre o quattro idrovolanti «Curtiss Flying Boat» e di un aerostato «Draken» per l’osservazione;
i velivoli erano movimentati per mezzo di un picco di carico posizionato
sulla mezzeria a poppavia della tettoia, ma l’intera sistemazione era — per quanto
ovvio — provvisoria e scarsamente efficiente.
Per disporre di una prima vera e propria unità portaidrovolanti, la scelta della Regia
Marina si orientò su un piroscafo da carico di costruzione britannica (varato il 4 agosto
1895) che, dal 1913, navigava sotto bandiera italiana con il nome di Quarto. Nella sua configurazione iniziale, l’unità (lunga poco più di 120 m, 4.134 t di stazza lorda e
2.636 di stazza netta) era strutturata come la maggior parte dei mercantili dell’epoca,
con dritto di prora pressoché verticale, castello di prora e cassero a poppa non molto
sviluppati in lunghezza e un’ampia sovrastruttura centrale a due livelli su cui si elevavano
il ponte di comando e — a poppavia di quest’ultimo — due alti fumaioli cilindrici
elegantemente inclinati all’indietro.
Il Quarto venne esaminato nella seconda metà di dicembre 1914, a Taranto, da una
commissione presieduta dal capitano GN Alessandro Guidoni (all’epoca responsabile
delle sistemazioni aeronautiche e del servizio di volo dell’Elba). La relazione inviata
dalla commissione all’Ufficio del Capo di Stato Maggiore della Regia Marina in data
9 gennaio 1915 raccomandava la requisizione e il successivo acquisto del bastimento,
giudicandone le caratteristiche idonee per la trasformazione in un’unità che — in previsione
— avrebbe dovuto essere utilizzata non soltanto come portaidrovolanti, ma anche
come «tender» per sommergibili.
Come già avvenuto per l’Elba, il progetto di trasformazione dell’Europa fu affidato
al capitano GN Guidoni, e i lavori di conversione dell’unità — iniziati all’Arsenale
della Spezia il 20 febbraio 1915 — furono con rapidità portati a termine, concludendosi nella prima metà del successivo mese di maggio.
Inizialmente, non fu necessario procedere a estesi lavori di demolizione di strutture
preesistenti, essendo questi limitati alla rimozione dei due alberi, delle maniche a
vento collocate sul cielo delle tughe tra le stive, di ulteriori maniche a vento posizionate
in coperta e di altri elementi minori dell’allestimento. Fu quindi possibile dare
quanto prima avvio alla vera e propria trasformazione dell’Europa, tenendone presente
il duplice impiego previsto a suo tempo dalla commissione presieduta dal capitano
Guidoni.
In quest’ottica — per il trasporto e la manutenzione degli idrovolanti, come pure per
alloggiare a bordo il numeroso personale destinato al reparto aeronautico — si rendeva
necessario predisporre hangar, officine, depositi, serbatoi per i carburanti avio ecc, mentre
per l’assistenza alle unità subacquee era necessario realizzare una centrale elettrica
per la ricarica delle batterie, depositi per la nafta e i siluri e alloggi e quadrati per gli
equipaggi dei sommergibili, da ospitare a bordo quando i battelli non erano operativi.
Su questo ponte superiore — indicato come «ponte delle tettoie» nella documentazione
tecnica dell’unità — furono innalzati, a prora e a poppa della sovrastruttura centrale,
due hangar di grosse dimensioni (definiti, per l’appunto, «tettoie»), di lunghezza
leggermente diversa: 37 metri quello poppiero e circa 34 quello prodiero, entrambi alti
oltre 6 metri. Una volta posto in opera il «ponte delle tettoie», l’aspetto delle murate
mutò considerevolmente a causa della presenza di lunghe gallerie aperte a centronave
che davano luce alla corrispondente zona, ormai chiusa, del ponte di coperta. Inoltre,
su ciascun lato, un’altra galleria di più piccole dimensioni era aperta verso l’esterno al
di sotto della porzione anteriore dell’hangar prodiero.
L’Europa mantenne l’apparato motore originario, la cui ridotta potenza consentiva
però di superare soltanto di poco i 12 nodi; alla velocità di 11 nodi, l’autonomia era di
circa 2.750 miglia, con 600 t di dotazione di carbone. L’apparato motore (prodotto dalla
«Dunsmuir & Jackson» di Govan) era composto da tre caldaie ubicate al di sotto dei
fumaioli e da un locale macchine immediatamente posto dietro; la particolare collocazione
delle caldaie — con quella prodiera disposta trasversalmente e le due più verso
poppa in senso longitudinale — portava come conseguenza a un «disassamento» dei
due fumaioli, con quello anteriore posizionato leggermente a sinistra e quello posteriore
a dritta rispetto all’asse di simmetria della nave.
Non disponendo più degli alberi originari, si rese necessario realizzare un nuovo
albero, posizionato anteriormente al fumaiolo prodiero e di considerevole altezza
(40 m al di sopra del galleggiamento), soprattutto al fine di garantire la migliore funzionalità
degli aerei dell’apparato radiotelegrafico che, dal pennone dell’alberetto,
raggiungevano quattro strutture di sostegno verticali innalzate in corrispondenza dei
due angoli anteriori dell’hangar prodiero e dei due angoli posteriori di quello poppiero.
Numerose e importanti furono le modifiche dei ponti inferiori, ove trovavano
sistemazione i già ricordati alloggi per il personale come pure locali tecnici e depositi
e — nei ponti di stiva superiore e inferiore — numerosi serbatoi per nafta, benzina
avio e lubrificanti. Al termine dei lavori, il dislocamento a pieno carico dell’Europa
superava le 8.800 tonnellate.
Attività operativa
A gennaio del 1916, visti i sempre maggiori impegni della Regia Marina nel Basso Adriatico e sulla sponda orientale di quel mare, l’Europa fu trasferita da Brindisi a Valona,
in Albania, con a bordo i quattro idrovolanti «L1» (il cui numero fu raddoppiato
pochi mesi dopo) della 258ª Squadriglia della Regia Marina, destinati alla difesa della
rada e ad azioni offensive contro basi e sommergibili nemici. Tra le più importanti
azioni cui presero parte gli idrovolanti dell’Europa va segnalato il bombardamento di
Durazzo del 16 luglio 1917, cui parteciparono cinque «M5» dell’unità al comando del
tenente di vascello Pellegrini, tre FBA decollati da Brindisi (tenente di vascello Pierozzi)
e sette altri idrovolanti di una squadriglia del Regio Esercito di base a Valona (la
cui manutenzione era affidata al personale dell’Europa) agli ordini del capitano fanteria
Fabretti.
Dall’inizio del 1916 al 4 novembre del 1918, il reparto di volo dell’Europa svolse
1.884 missioni di guerra, tra cui 1.500 di ricognizione e oltre 200 missioni offensive o
per la difesa della piazzaforte di Valona. Nel complesso, i velivoli dell’unità sganciarono
più di 2.000 bombe, di cui 1.000 nel solo 1916.
Nei mesi immediatamente successivi al termine del conflitto, l’Europa rimase dislocata in Adriatico partecipando all’occupazione di Sebenico e di altri sorgitori dalmati;
rientrò poi a Taranto e quindi alla Spezia dove passò in disarmo.
Usurata e di ormai scarso valore bellico, fu radiata il 10 settembre 1920 e venduta
ad un cantiere di Portoferraio dove — nel breve volgere di pochi mesi — fu smantellata
e demolita.
WWW.ILFRONTEDELCIELO.IT