La Grande Guerra Aerea - 4.5 - 1917 - Battaglia d'Arresto
Il nuovo fronte dei combattimenti si stabilizzò
tra la metà di novembre e i primi di dicembre. In quei giorni fu combattuta
quella che poi venne chiamata «battaglia d'arresto», che servì a smorzare
l'impeto delle truppe austrotedesche ansiose di spingere l'Italia al
tracollo. I reparti aeronautici non ancora completamente sistemati,
si impegnarono come poterono nel contrastare l'intensa attività aerea
avversaria.
Fucini della
76^ squadriglia racconta: «Alloggiamo in
paese, a Fossalunga. Ho trovato una povera camera con due lettucci; con me
c'è
Masiero, il più spensierato, il più ostinato nel buonumore e nella caccia
agli austriaci. Veneto, i suoi sono a Padova ormai al sicuro, almeno
dall'invasione; non dai bombardamenti aerei. La nostra mensa è ancora al
campo, primitiva sempre, ma rumorosa di nuove allegrie. Ormai il peggio è
passato: il pericolo di una sconfitta più grave. L'Italia ha ritrovato se
stessa sul Piave e sul Grappa […], siamo provvisti di indumenti da volo, c'è
un pò d'ordine nei turni: crociera, scorta, allarme, caccia libera a chi se
l'é meritata o a chi dimostra di poterla senz'altro meritare. Nuove amicizie
nel nuovo ambiente, e anche amicizie vecchie» La
76^ squadriglia raccolse nelle proprie file
vari assi già affermati e talenti futuri. Ad
Arcade
aggregò alcuni piloti sbandati tra cui i tenenti
Mario Fucini e
Silvio Scaroni, poi a
Casoni assieme alla
81^ squadriglia costituirà il riferimento
più importante del settore del Grappa. I nuovi piloti della squadriglia
cominciarono a conoscersi fra loro in un clima di goliardico cameratismo. Un
esempio di tale clima si rinviene nel rapporto che legava il tenente
Giorgio Michetti
e
il sottotenente Amedeo Mecozzi, il quale doveva ancora dimostrare le sue qualità.
Mecozzi esibiva sul proprio aereo un simbolo enigmatico e una frase in latino per la
quale
Michetti
gli aveva appioppato il soprannome di «Catone». Il tenente
Mario Fucini così scrive dei due:
«Mecozzi era un pilota ostinato, abilissimo,
entusiasta e riflessivo insieme, e soprattutto paziente, aveva un punto di
domanda sulla fusoliera e accanto un motto latino: ''Sic rerum''. A
Istrana nella
76^ squadriglia era vittima di
Giorgio Michetti
che non osava scherzare su di lui quando
tornava furibondo dopo le missioni sfortunate. Ma quando a
Mecozzi gli era passata, allora
Giorgio Michetti
, piano piano lo stuzzicava: ''Quel distintivo, bada,
Catone, ti porta male!..''. Il soprannome glielo aveva affibbiato per il suo predicare onesto e che gli altri prendevano alla leggera e continuava: ''Catone! Leva quel distintivo; il dubbio non è per noi: o tutto
o nulla''. ''O spezzar o giungere'' - scrisse allora
Mecozzi e, accanto, mise un arco teso a scoccare la freccia;
e cancellò il punto interrogativo. Ma
Giorgio Michetti
non fu soddisfatto: ''Che cosa importa il medioevale? ' O va o sbrega'- Non ti pare più espressivo? Tanto più che siamo nel Veneto...'' Poi
Mecozzi cominciò ad avere le vittorie e
Giorgio Michetti
seppe dimostrargli la sua
stima con entusiasmo». A novembre furono introdotti i primi velivoli
SIA e quindi i primi
Pomilio. Dalla metà del mese fino a quella di marzo del 1918, vi fu una
intensa attività avversaria di bombardamento delle nostre retrovie nella fascia Venezia – Treviso – Bassano.
Sempre in novembre vennero poi lanciati anche volantini che propagandavano l'imminente sconfitta Italiana. Tra il 22 ottobre e il 25 novembre le squadriglie
Caproni da bombardamento
intervennero pesantemente su diversi obiettivi isontini e lungo le vie e i
ponti del Friuli. Furono effettuate 44 azioni con 234 aerei sganciando 48
tonnellate di bombe. I nostri dirigibili inoltre effettuarono 14 missioni
lasciando cadere sull'avversario altre 14 tonnellate di bombe. La caccia
italiana infine abbatté 53 velivoli con la croce di ferro. Altre 30
tonnellate di ordigni furono quindi fatte precipitare tra novembre e marzo su
obiettivi carsici.
Silvio Scaroni, il 14 Novembre 1917, ottenne la sua prima
vittoria abbattendo un biposto austriaco su Colbertaldo. Spesso avveniva che
per l'inceppamento delle armi, i piloti dovevano rinunciare al combattimento.
Questo dipendeva dalla scarsa qualità delle cartucce prodotte in serie. Col
caporale Luigi Botter, seguendo i consigli del suo armiere,
Silvio Scaroni preparava
i nastri scartando anche 2 pallottole su tre. Inoltre portava in volo un bel
martello di piombo, con il quale in caso di inceppamento poteva rimettere a
posto la leva di riarmo. Il pilota bresciano aveva evidentemente saputo far
tesoro dei consigli di Botter perché il 18 e il 19 dello stesso mese abbatté altri due aerei. La
91^ Squadriglia
dopo Caporetto, passando per
Arcade, arretrò fino a
Padova.
Francesco Baracca il 15 novembre 1917 partendo
dalla città del Santo, ottenne la sua 28^ vittoria sopra Sala di Istrana.
Anche quel giorno volava in coppia con il tenente
Giuliano Parvis. Fu un combattimento
che il pilota di Lugo descrisse come «tragico e spaventoso». A bordo dei loro
SPAD XIII i due intercettarono un
ricognitore ad alta quota. Erano le 12.30.
Baracca così descrisse lo scontro:
«[il velivolo avversario] si difese bene, ma dopo 120 colpi vidi fiamme a
bordo, e incominciò a scendere; vidi l'aeroplano avvolto dalle fiamme a 4000
metri, gli aviatori si gettarono fuori e l' Aviatik precipitò
vicino al campo di
Istrana. Scesi subito e dopo pochi minuti ero sul luogo»
Baracca annotò: «Gli aviatori tedeschi erano due tenenti di aspetto molto
distinto, uno di essi aveva un anello d'oro, la fede matrimoniale e un bel
ritratto di donna in un astuccio di pelle; aveva la croce di ferro. Conservo
dell'apparecchio le due mitragliatrici, i tubi del timone bruciato, la
macchina fotografica». Le
vittime erano Alfred Muller e Erich Peucer della FA14 tedesca. La mattina del
19 novembre, Mario Pini e il
tenente Marinello
Nelli della
70^ Squadriglia
attaccarono un ricognitore austriaco diretto sopra al Montello. Nell'impeto
dell'azione i nostri due aerei si scontrarono fra loro e con il carrello, il
primo danneggiò l'ala superiore destra del secondo. Nonostante tutto i piloti
riuscirono a rientrare al campo. In quel periodo alla squadriglia arrivarono
in dotazione gli ottimi
Hanriot Hd.1 in sostituzione dei vecchi
Nieuport. Nella stessa giornata, il tenente
Silvio Scaroni con
Mario Fucini,
Gino Allegri e
Guido Masiero, simularono la scorta a un ricognitore
Pomilio della
22^ Squadriglia
che aveva ai comandi il tenente Volontè e il capitano Lodi. Il vero obiettivo dei quattro aviatori era invece quello di cambiare rotta e di gettarsi all'improvviso su un
Draken
che gli austriaci issavano a Valdobbiadene.
Gino Allegri fremeva per distruggerlo ma il pallone veniva sempre
abbassato in tempo.
Fucini racconta:«Il nostro fra Ginepro
(Allegri)
guardava spesso là oltre le linee un
Draken
austriaco che da Valdobbiadene spiava, spiava… Lo vedi, mi dice quel vescicone osceno? Lui, nessuno lo
disturba, è sempre là a fare il comodo suo dalla mattina alla sera.
Con quell'aria da cetriolo, dondolando come uno scemo, guarda e vede e fa
segnali e... ci fa fessi... Vogliamo provare dargli una lezione? Ci stai?, Ci stò. Fra poco devono arrivare le ''fusées''. Aspettando i razzi incendiari
progettammo l'azione… Pensammo di ingannare in qualche modo i nemici,
portando, come scortato da noi, un apparecchio da ricognizione e fingendo
così di passare da quelle parti per tutt'altro scopo. Trovato l'equipaggio
volontario per questa finta ricognizione e trovati altri due
compagni cacciatori, fu decisa l'azione. I razzi erano arrivati. Furono
montati sull'aereo di
Allegri, che volle per se il compito principale e più
rischioso.
Scaroni,
Masiero ed io gli saremmo stati appresso per proteggerlo
dai cacciatori avversari; il cap. Lodi e il suo pilota, con un
Savoia Pomilio da ricognizione, dovevano
arrivare con la nostra scorta fino nei pressi del
Draken, poi, alla nostra
picchiata squagliarsela… E venne il giorno dell'azione. Sulle linee, tremila
metri, quota usuale, per non svelare l'inganno. Quota usuale e cannonate
usuali. Passiamo oltre, nella formazione stabilita; ognuno sbircia il
pallone, al quale ci avviciniamo di traverso, con rotta subdola.
Altre cannonate: le solite, per ora, non quelle buone. Il pallone non
s'abbassa. Aspettiamo il segnale di
Allegri Allegri, perché il
Savoia Pomilio ci lasci e noi si
piombi sulla vittima. Ecco il segnale; il cuore ci batte più forte. Giù a
precipizio tutti e quattro. il sergente
Allegri più sotto, come un bolide, punta al
bestione dondolante che pare abbia capito, perché scende, scende rapidamente.
Ma molto più rapidamente noi gli siamo addosso... il pallone ora è a poche
centinaia di metri sotto di noi; si vede bene ogni suo particolare:
Allegri è
già quasi a tiro e manovra a puntare. Ecco ecco, dalle sue ali sfrecciano i
due razzi…Che succede? Perché non brucia il pallone? Ah, non sono bastati i
razzi…
Allegri si accanisce come il cane attorno alla buca dove si è nascosta
la volpe; non si da pace dello smacco. E finché resta lui noi restiamo per
proteggerlo, anche se il nemico ci tempesta in ogni modo…
Allegri non lo vedo
più: i colpi cessano. Allarme! Ci sono vicini i cacciatori nemici. Guardo in
alto; eccoli: due. Più bassi altri tre… ''Attenzione all'urto! Il
combattimento di fronte, oltre che arduo per la difficoltà della mira, è
pericolosissimo per probabilità di cozzo...'' Ma il
Draken quella volta non
fu abbattuto. Si sviluppa un combattimento dove
Scaroni quasi va in collisione con il caccia
Albatros D.III
del Vizefeldwebel tedesco Kaspar Rahier e lo abbatte vicino al cimitero di Vidor.
Ecco come andare a caccia di un
Draken per prendere un
Albatros
!».
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