Il Fronte del Cielo - Le Origini - 1.1 Le origini del volo in Veneto
Il Veneto ebbe una parte importante nella conquista del cielo, un ruolo che
anche l'antica mitologia gli riconosce. Come ricorda
Lorenzo Braccesi,
Dedalo approdò proprio alla foce del Po. Sulle isole Elettridi, formate dal
fiume, avrebbe «posto in una di esse la sua statua e nell'altra quella del
figlio Icaro; poi, avendo navigato alla loro volta i Pelasgi, quelli
cacciati da Argo, dicono che
Dedalo sia fuggito e si sia diretto verso
l'isola Icaria…» dalla quale avvenne la sua mitica fuga alata. Mitologia a
parte, storicamente si ricorda l'opera di
Fausto Veranzio da Sebenico
(possedimento veneto) che pubblicò a Venezia verso il 1595 un'opera
intitolata Machinae Novae, nella quale l'autore descriveva una sorte di
paracadute. Dopo di lui l'agordino
Tito Livio Burattini nel 1648 a Varsavia,
costruì una colomba meccanica volante che si alzò alla presenza del Re di
Polonia. Da non dimenticare quindi l'opera del gesuita
Francesco Lana, dove
è descritta una aeronave che poteva sollevarsi grazie a due lobi a cui era
stata sottratta l'aria. Bisogna però arrivare alla fine del '700 per avere
qualche risultato pratico. La notizia che in Francia il 4 giugno 1783 un
modello di pallone ad aria calda si era alzato, subito rimbalzò per tutta
l'Europa. A Venezia essa giunse attraverso un dispaccio dell'8 dicembre
inviato dall'ambasciatore Dolfin e mise in agitazione i dotti della
Repubblica. Sul finire dello stesso anno a Verona il
Cossali faceva volare
un pallone, ma non era il solo. Il 24 febbraio dell'anno seguente anche ad
Udine il barnabita
Stella faceva decollare un aerostato. A Venezia quindi il
15 aprile dello stesso anno volava il pallone dei fratelli
Zanchi la cui
realizzazione era stata finanziata dal procuratore di San Marco Francesco
Pesaro. L'evento ebbe vasta eco e la notizia fu celebrata largamente, anche
se il globo atterrò in maniera rovinosa al Cavallino. Ancora a Venezia il conte
Carlo Bettoni, membro di varie accademie scientifiche e letterarie,
diede alle stampe uno scritto sui palloni ad idrogeno, descrivendone anche
uno dirigibile e anticipando l'uso possibile dei mezzi aerei che, a suo dire
avrebbero offerto «la possibilità di salvare le persone che stanno per
annegare...», o quella di «operare salvataggi sui tetti quando le scale sono
impraticabili...», o di far sì che «speciali sentinelle volando di notte -
potessero - segnalare gli incendi», consentendo di «trasportare rapidamente
le autorità nei luoghi ribellati..». Infine, secondo il conte
Carlo Bettoni, «con
un grosso pallone - si sarebbe potuto - sollevare in aria, durante la
siccità, tale e tanta quantità di acqua da innaffiare le campagne a piacere
degli agricoltori». Così dunque, alla fine del Settecento si immaginava il
futuro dell'Aviazione. Sempre nel 1784 iniziarono in Italia le prime ascensioni con
persone a bordo. Dopo quella di
Andreani a Milano ne furono effettuate a
Venezia nel 1806, a Padova nel 1808 con atterraggio ad Arquà, a Treviso nel
1810, a Cison di Valmarino nel 1811 senza passeggeri, a Verona nel 1825 e a
Padova nel 1825 quando
Elisa Garnerin saliva dal
Prato della Valle per poi
lasciarsi cadere con un rudimentale paracadute. Nel 1838 e nel 1846, altri
due aerostati decollano a Venezia. Poi a volare con le mongolfiere sono
ancora
Orlandi a Padova nel 1844 e infine
Arban sempre a Padova nel 1847.
Parallelamente ai palloni ad aria calda si sviluppava la tecnologia dei
palloni ad idrogeno che garantivano si una maggiore forza ascensionale,
presentando però il problema della pericolosità del gas impiegato per
gonfiarli e del suo reperimento in grandi quantità. Il veneziano
Arban
che
volò con
Seifard a Padova nel 1847, si occuperà anche della questione relativa
alla dirigibilità dei palloni. Nel Veneto vi fu anche il primo tentativo di
uso bellico del volo. Nel 1849 durante l'anno in cui Venezia si rese
indipendente dagli Austriaci, questi ultimi progettarono il bombardamento
della città con palloni. Sembra che questi siano stati costruiti a Treviso
«dai Croati...». Per fortuna gli aerostati in balia delle correnti andarono
per conto loro senza creare danni. Il problema della navigazione aerea e
cioè di come poter dirigere in qualche modo le primitive aeronavi
dell'epoca, la cui sorte rimaneva affidata ai capricci dei venti, si pose
quasi subito.
Vittor Gera da Conegliano ai primi dell'800 inventava a questo scopo il pallone-aquilone. Nella seconda metà del secolo furono poi diversi i teorici che cercarono metodi vari per risolvere la questione. Solo nel 1852 però comparve un primo aerostato motorizzato. Ad idearlo fu il francese Henri Giffard. La via era così tracciata. In Italia il primo a sviluppare una macchina sagomata all'occorrenza fu Pasquale Cordenons, nato a S. Maria di Sala nel 1838. Egli realizzò nel 1880 il progetto di un dirigibile e lo costruì, ma non potè farlo volare perché a Vicenza, non vi era nessuno in grado di fornire il gas necessario. Sei anni dopo, il progetto Pasquale Cordenons raccolse l'interesse dei militari, ma il suo autore morì prima di poterne dimostrare la validità. L'eredità fu raccolta da un suo allievo, il Conte Almerigo da Schio, che costruì nel 1888 un dirigibile il cui progetto fu approvato e sostenuto finanziariamente anche dalle autorità militari che a tale scopo versarono un contributo. Nel 1905 a Schio la prima aeronave costruita nel nostro paese fu pronta. Si chiamava «Italia» e volò sui prati in località Caussa. La gente nell'alzare gli occhi al cielo diceva «…Questa xe la sfera del Conte Schio, fata co' a la so' testa e coi so' schei...». Nel 1903 salì agli onori delle cronache aeronautiche locali un curioso personaggio, il Capitano Quaglia, che si esibiva su un trapezio attaccato a un pallone, battezzato «Città di Verona» e che suscitò grande curiosità a Conselve e Montagnana. Un altro concittadino del conte Almerigo da Schio, Domenico (Nico) Piccoli nel 1909 costruiva a Mantova due dirigibili chiamati «Ausonia», e li mise a disposizione dell'esercito, ricevendo però una risposta negativa a causa della mancanza di personale. Nico fu un grande aeronauta, vincendo molte gare con palloni e diventando anche durante il primo conflitto mondiale istruttore militare di Dirigibili. Le nuove macchine volanti non potevano non catturare l'attenzione dei militari che, pur senza intravederne da subito le reali possibilità, non mancarono di interessarsene. Quando nel 1884 il francese M. Eugene Godard presentò i suoi palloni frenati all'Esposizione Nazionale di Torino, il Ministero della Guerra incaricò il Tenente Pecori-Giraldi di seguire gli esperimenti del francese. Nasceva così la Sezione Aerostatica dell'esercito presso il Genio, affidata al comando dello stesso ufficiale. Nel 1887 alle dipendenze del 3 Rgt., essa diventò «Compagnia Specialisti del Genio» con compiti anche di fotografia ed illuminazione. Nello stesso anno e nel corso del seguente, la compagnia ricevette il battesimo del fuoco partecipando alle operazioni in Eritrea. Venne poi trasferita alla caserma Cavour dove, nel 1894 fu trasformata in «Brigata Specialisti del Genio». Fu proprio questa unità che, nel 1906, agli ordini del Capitano Cesare Tardivo e del Tenente Attilio Ranza, realizzò a Venezia con un pallone frenato e rimorchiato, provvisto di macchina fotografica, le prime immagini planimetriche al mondo. L'operazione fu portata a termine per conto del Magistrato delle Acque del capoluogo lagunare, focalizzando l'attenzione sull'uso allora più appropriato del mezzo aereo.
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(Tratto da: "Schio" aprile 2010 di Luca Valente)