La Grande Guerra Aerea - 3.2 - 1916 - Lubiana
L'11 gennaio 1916 9 idrovolanti austro-ungarici attaccarono Rimini e il 14 febbraio le città lombarde di Milano e Monza. Il Comando supremo decise di dare il via al raid su Lubiana, con l'ordine di colpire solo depositi e istallazioni militari. Un primo tentativo fu effettuato il 13 gennaio facendo alzare in volo 8 Caproni Ca3 dei quali, a causa del maltempo, uno solo riuscì ad arrivare sull'obiettivo e a sganciare le sue 6 bombe da 162 mm sulla stazione ferroviaria, mentre gli altri, sballottati dal vento, attaccarono obiettivi occasionali individuati da qualche squarcio tra le nubi: il campo di Aisovizza, i baraccamenti di Chiapovano, le stazioni ferroviarie di Longanatico e Dornberg. All'inizio di febbraio, dopo una sospensione dei voli per cause tecniche e a seguito dell'incursione su Milano compiuta il 14 febbraio 1916, il giorno 18 fu organizzato per ritorsione un'altro attacco su Lubiana, con un cielo ripulito dal vento. Per l'incursione furono approntati 10 trimotori Caproni Ca3, armati con differenti combinazioni di ordigni da 90 e da 162 mm, che tra le 7,30 e le 7,45 decollarono largamente intervallati dai campi di Aviano e della Comina. Tre velivoli rientrarono molto presto per problemi ai motori e degli altri solo cinque arrivarono sull'obiettivo per sganciare in tutto 36 ordigni, caduti in parte sulla stazione ferroviaria e in parte sulla città, peraltro parzialmente nascosta da uno strato di nebbia che impedì agli equipaggi di accertare i risultati della loro azione. I trimotori incontrarono una decisa reazione della contraerea e fecero ritorno alla base con i segni dei colpi incassati. Il velivolo del capitano Ercole Ercole e del tenente Giulio Laureati della 1^ Squadriglia Caproni ebbe il motore centrale messo fuori uso da un colpo in pieno e completò la missione con due soli motori. Meno fortunato fu il velivolo condotto dal comandante della alla 4^ Squadriglia, capitano Tullio Visconti, e dal capitano Gaetano Turilli. Mentre incrociava sulla città in attesa che si dileguasse la nebbia del mattino, Visconti si accorse del funzionamento irregolare del motore centrale. Si era staccato un tubo di alimentazione del carburatore ma il guasto, per quanto banale, non poteva essere riparato e i due ufficiali decisero allora di allegerire il velivolo, sganciando le loro bombe sulla linea ferroviaria che entrava da ovest in città, e dirigere verso l'Isonzo per la rotta più diretta. Poco dopo il motore centrale si arrestò e il Caproni Ca3 cominciò a perdere quota. In queste condizioni Visconti e Turilli , quando erano ormai sulla valle del Vippacco a non più di 1600 metri, vennero attaccati da un monoplano da caccia Fokker A-III pilotato dal capitano Heinrich Kostrba. Si trattava di uno dei 12 Fokker E-III, identificati dall'aviazione austro-ungarica come A.III, forniti nell'autunno del 1915 dalla Germania e non ancora riconosciuti dagli italiani. L'attacco dei Fokker E-III austriaci della Flik 4 fu dunque una sorpresa e nel tentativo di farvi fronte Visconti si portò alla mitragliatrice, mentre Turilli faceva virare il velivolo per presentare all'attaccante la prua. L'arma però si inceppò dopo i primi colpi e a peggiorare la situazione arrivò sulla scena un secondo Fokker E-III, pilotato dal tenente Hautzmayer, presto raggiunto da altri due caccia dello stesso tipo e da due biplani. Visconti venne ferito a morte mentre sparava contro gli attaccanti con la pistola, e il trimotore, colpito in più punti , si posò con una lunga planata nei pressi di Merna, all'interno delle linee austro-ungariche, dove Turilli fu catturato prima di riuscire a distruggere quanto ne restava. Era il primo Caproni Ca3 abbattuto in combattimento, ma non era il primo attacco dei Fokker in quella fatidica mattina del 18 febbraio 1916. Recita il rapporto di Kostrba sull'azione: " 09.50. Ho raggiunto una quota di 2700 m e ho picchiato su di un Caproni che volava a 2600 m. Ho sparato circa 150 colpi da meno di 80 metri di distanza. Lui ha virato verso di me e mi ha sparato davanti e sopra di me (le centine e la tela di rivestimento dello 03.51 sono state forate). Ho sparato il resto delle mie munizioni sulla parte posteriore del nemico da circa 40 metri. A questo punto, L'oberleutnant Hautzmayer ha picchiato abilmente su di lui sparandogli ancora. Io mi sono portato sul fianco destro del Caproni e ho prevenuto la sua fuga cambiando la mia rotta. (...)" In una precedente sortita Kostrba e il parigrado Bernath avevano infatti già intercettato a 2500 metri sulla Selva di Tarnova, il velivolo della 1^ Squadriglia Caproni pilotato dai capitani Luigi Bailo e Oreste Salomone, con il tenente colonnello Alfredo Barbieri quale osservatore. Secondo la tattica di combattimento messa a punto dai cacciatori tedeschi sul fronte occidentale, Kostrba e Bernath avevano attaccato il trimotore dall'alto e nei quadranti posteriori, mentre questo, come era prassi per le macchine con architettura a trave di coda, manovrava per presentare la prua ai suoi assalitori e ottimizzare così la capacità di risposta della mitragliatrice montata nella postazione anteriore. La rapida picchiata non gli aveva però lasciato il tempo per farlo. Bailo, che si era portato nella parte posteriore della carlinga imbracciando un fucile, aveva fatto in tempo a sparare solo qualche colpo prima di essere colpito a morte e le prime, precise raffiche dei due monoplani avevano ucciso anche Barbieri, piazzato alla mitragliatrice, ferito alla testa Salomone, rimasto ai comandi del velivolo, danneggiato il motore destro.
Il combattimento era stato così deciso al primo passaggio, in una chiara dimostrazione della terribile efficacia della formula del velivolo monoposto armato con mitragliatrice sincronizzata. A questo punto la vicenda del Ca.478 «Aquila Romana», così era stato battezzato il Caproni Ca3, uscì dalla storia per entrare nella leggenda. Salomone, per quanto sanguinante e con il velivolo crivellato dai colpi non era infatti disposto ad arrendersi. Con caparbio coraggio, incurante delle intimidazioni ad atterrare, si diresse verso l'Isonzo per riportare indietro il suo malconcio velivolo e i corpi dei compagni. I piloti dei Fokker avevano l'ordine tassativo di non oltrepassare le linee nel timore che un atterraggio forzato facesse cadere il prezioso dispositivo di sincronizzazione nelle mani italiane e per questo motivo, come pure per l'esaurirsi delle munizioni, abbandonarono l'inseguimento. Erano del resto convinti che l'italiano fosse ormai spacciato, ma Salomone riuscì invece a raggiungere il campo di Gonars dove atterrò senza danni. Achille Beltrame gli dedicò una celebre copertina della "Domenica del Corriere", e il re gli conferì motu proprio la medaglia d'oro al valor Militare, la prima concessa ad un aviatore. Nei giorni seguenti, mentre l'esito del bombardamento veniva valutato sulla base di notizie frammentarie provenienti da fonti svizzere che parlavano di danni considerevoli a Lubiana e di circa 300 tra morti e feriti, ci si preoccupò di migliorare le capacità di difesa dei Caproni. Il 16 marzo del 1916 si ebbe il primo sentore della fine della supremazia aerea austroungarica quando l'aviazione imperiale perse 5 aeroplani e cinque piloti nel corso di una tentata incursione condotta da velivoli terrestri e navali. I velivoli furono abbattuti dalla contraerea e i piloti finirono prigionieri. Il mese successivo i Nieuport della 1^ Squadriglia Caccia riuscirono ad abbattere due Brandemburg nel corso di una incursione su Udine. Tra gli aviatori italiani c'erano Francesco Baracca, Luigi Olivari, Tacchini e Bolognesi. La supremazia aerea iniziava a cambiare colore.
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