La Grande Guerra Aerea - 3.4 - 1916 - L'estate
Dopo l'esperienza sull'altopiano si diffuse la consapevolezza che, se impiegato in modo opportuno, il mezzo aereo poteva essere di prezioso ausilio per l'artiglieria. In giugno, nonostante un inizio all'insegna del brutto tempo, l'attività dell'aviazione italiana si intensificò in misura notevole, fino a totalizzare alla data del 18 giugno oltre 200 sortite, con il lancio di 265 bombe. Alle ricognizioni lungo la Val Lagarina, sul massiccio del Pasubio e sugli altopiani di Tonezza e di Folgaria, i Farman del III Gruppo alternarono gli attacchi alle stazioni della linea ferroviaria dell'Adige, affiancando in questo compito i Caproni. II 2 ed il 5 giugno fu bombardata la stazione di Calliano, la prima volta da due trimotori della 5^ Squadriglia e da uno della 9^, la seconda da cinque Caproni, tre della 5^ e due della 9^, e da otto Farman, due della 30^, due della 31^, quattro della 32^, mentre 1'8 giugno quattro trimotori, due della 5^ e due della 9^, attaccarono quella di Rovereto. II tiro contraereo, intenso e preciso, danneggiò in varia misura quattro velivoli durante la prima incursione e nella seconda costrinse ad un rovinoso atterraggio fuori campo un Caproni della 5^, fortunatamente senza conseguenze per l'equipaggio. Per contro, nell'azione del 2 giugno, in cui l'aviazione austro-ungarica intervenne con almeno tre velivoli, la 5^ Squadriglia rivendica l'abbattimento di un biposto. Nello stesso periodo, il IV Gruppo attaccò con tre Caproni concentramenti di truppe a Monte Erio e presso Camporovere il 31 maggio, aree di sosta e di radunata in Val d Astico con sei il 3 giugno, ripetendosi alla confluenza dell'Assa nell'Astico, tra Rotzo e Pedeskala, con tre velivoli sia il giorno 7 che il giorno 9, sempre con un armamento "antipersonale" che alle granate-torpedine da 162 mm affiancava freccette d'acciaio. Durante l'azione del 9 giugno il trimotore del capitano Carta e del sottotenente Scala, con il mitragliere Saletta, fu colpito da uno shrapnel che ferì Scala e Saletta, ma non gli impedì di completare la missione e rientrare regolarmente ad Aviano. Questi attacchi furono intervallati dall'azione del solitario Caproni che il 5 giugno bombarda le posizioni di Monte Erio e dall'intervento, ancora del tipo "antipersonale", di tre velivoli su Camporovere e Gallio il giorno 8. Nella seconda decade di giugno, rinforzato da una terza squadriglia da bombardamento, la 10^, il III Gruppo alternò alle incursioni sui centri logistici delle retrovie gli attacchi a concentramenti di truppe in prossimità della linea del fronte. Cosi, mentre il 14 ed il 15 giugno fu bombardata la stazione di Mattarello, in Val Lagarina, il 10 giugno vennero colpiti accampamenti in Val d'Astico e nella zona tra Monte Erio e Monte Campolongo, l’11 presso Gallio e su Monte Fiara, il 12 ed il 13 alla confluenza tra la Val Posina e la Val Tovo, il 16 in Val Campomulo ed in Val di Nos. Anche se le preoccupazioni maggiori erano suscitate dai frequenti guasti ai motori, diversi velivoli furono danneggiati dal tiro contraerei. Da Aviano il IV Gruppo operò l’11 giugno sulla Val di Nos con tre velivoli, il 12 sulla zona Pedescala-Rotzo con due, il 14 ancora con due sulla Val di Nos e sulla Val Campomulo, producendo su questa stessa zona il massimo sforzo il giorno 16, quando dieci trimotori vi lanciarono un totale di 62 bombe da 130 mm e 40.000 freccette. Il 22, il 23 ed il 24 giugno coppie di velivoli attaccarono dei baraccamenti presso Gallio, accampamenti e zone di sosta tra Roana, Rotzo e Castelletto, ed ancora accampamenti tra Castelletto e Roana. Dopo il ripiegamento delle forze austro-ungariche nella notte del 25 giugno, l'azione dei bombardieri del IV Gruppo continuò ad essere indirizzata verso l'Altopiano di Asiago, pur calando d'intensità, mentre le squadriglie Caproni del III operarono soprattutto su Calliano, Folgaria e Monte Rovere. La comparsa dei Nieuport 11 aveva intanto limato il margine di superiorità di cui l'aviazione austro-ungarica aveva a lungo goduto, almeno dal punto di vista qualitativo, e l'inversione di tendenza, dovuta anche all'affinarsi di metodi e procedure, sarebbe diventata manifesta nel corso del mese di giugno. II giorno 15 un Farman della 30^ Squadriglia, pilotato dal sottotenente Antonio Locatelli con osservatore il capitano Enrico Giorgetti, in ricognizione su Mezzolombardo, uscì vittorioso dal combattimento con un Brandenburg C.I della Flik 7 (pilota sergente Karl Rose, osservatore tenente Johann Baumgartner), abbattuto nei pressi di Nave di San Rocco, ed il 27 giugno un altro biposto Brandenburg C.I diretto su Verona fu costretto ad atterrare in territorio italiano da tre velivoli della 75^. L'episodio ebbe una grande risonanza ed era in effetti il primo segno tangibile del consolidarsi di un'organizzazione della difesa aerea. II pericolo delle incursioni aeree rimaneva però reale ed è in questa consapevolezza l'origine di un'operazione di controaviazione offensiva, intesa cioè a colpire le fonti stesse del potere aereo dell'avversario, che era stata organizzata ed eseguita pochi giorni prima. Cosi si legge nel diario storico del IV Gruppo Aeroplani alla data del 20 giugno 1916: “In seguito alle informazioni che il nemico prepara una incursione aerea sulla pianura veneta, ed avendo il Gruppo di Verona (III Gruppo) deciso di agire decisamente sul Campo di Aviazione di Cirè (Pergine), si decide di partecipare all'azione col maggior numero di apparecchi possibile e si emana tale ordine per tutte le Squadriglie, stabilendo la partenza alle ore dodici per tutti gli apparecchi che potranno raggiungere la quota 3.200 m. circa (. ..)". E’ chiara l'intenzione di lanciare un attacco preventivo con tutti i mezzi disponibili e nello stesso tempo appare evidente il permanere di forti preoccupazioni per I'efficienza dei motori. L'individuazione delle macchine da lanciare verso l'obiettivo era infatti affidata alla loro capacità di raggiungere una quota di relativa sicurezza.
Tali preoccupazioni non erano infondate: dai campi di Aviano e della Comina partirono 12 trimotori, con il carico standard di sei bombe da 162 mm, ma per l'insoddisfacente funzionamento dei motori Fiat solo 8 poterono proseguire. L'esito della loro azione fu cosi riassunto dal comandante del IV Gruppo, tenente colonnello Lelio Gaviglio: “(…) Vennero lanciate 42 bombe sul campo di Aviazione di Cirè e 6 sulla stazione di Levico. Non fu potuto controllare l'esito del tiro perche il lancio dovette essere eseguito tra una nube e l'altra. Tutti gli apparecchi furono assaliti da aeroplani avversari da ricognizione e da caccia. Due di essi furono abbattuti (…) un terzo, colpito, atterrò precipitosamente sul campo. Tutti i nostri apparecchi furono più o meno colpiti dalle raffiche delle mitragliatrici avversarie e due dovettero rientrare con due soli motori in funzione (…)." II III Gruppo fece decollare da Verona tre Caproni della 9^ Squadriglia dei quali uno fu subito costretto a rientrare ed un secondo, non riuscendo a salire oltre i 2.400 metri, si liberò del carico sulla Val d'Assa - altri due Caproni della 10^ Squadriglia, due Farman della 30^ e due della 31^. Questi velivoli sganciarono sul campo di Cirè 27 ordigni da 162 mm e 20 da 90 mm, ai quali si aggiunsero i 16 da 90 mm di una pattuglia di quattro Farman della 32^ Squadriglia di Villaverla. Al di là dei risultati materiali, difficili da valutare, questa azione, insieme con i combattimenti aerei di quei giorni, segna il momento in cui l'aviazione italiana cominciò ad imporsi su quella avversaria, conquistando una superiorità che avrebbe poi sempre mantenuto salvo nei difficili giorni dell'autunno del 1917. Gli attacchi aerei nella regione degli altopiani ripresero il 23 giugno, quando per la prima volta fu colpita la localita di Monte Rovere, sede di depositi e punto nodale delle linee di comunicazione che alimentavano il fronte di Asiago. Dei sei Caproni impiegati, due per ognuna delle squadriglie da bombardamento del III Gruppo, solo la meta riuscì a far quota ed a portarsi sull'obiettivo, a riprova dell'incidenza dei problemi di efficienza dei motori. La stessa località fu ancora attaccata dai trimotori del III Gruppo nei giorni 25 e 27 giugno ed 1, 3, 9, 11 e 14 luglio, per un totale di 31 sortite. Diversi velivoli furono danneggiati dal tiro contraereo, ma sempre poco presente fu l'aviazione austro-ungarica. Solo l’11 luglio un Caproni della 5^ ed uno della 9^ squadriglia furono impegnati in combattimenti aerei, peraltro senza conseguenze. I bombardamenti, eseguiti da una quota di circa 3.000 metri, ottennero a giudizio degli aviatori buoni risultati, compatibilmente con le caratteristiche del munizionamento e con la visibilità del bersaglio, nascosto nei boschi. Gli attacchi su Monte Rovere furono inframmezzati da un'incursione su Calliano il 26 giugno, ad opera di cinque Caproni e quattro Farman, e dal bombardamento dei baraccamenti di Osteria del Termine, in Val d'Assa, eseguito il 29 giugno da due trimotori, della 9^ Squadriglia e della 10^ Squadriglia, e da quattro Farman, due della 30^ e due della 31^. Nell'azione, che fu l’ultimo intervento del III Gruppo sull'Altopiano di Asiago, furono lanciate 6 bombe da 162 mm e 16 da 90 mm, incontrando una reazione particolarmente intensa ed efficace: un Farman dovette sostenere un breve combattimento aereo contro due velivoli avversari, un altro ed i due Caproni furono ripetutamente colpiti dal fuoco contraereo ed il trimotore della 10^, raggiunto ad un serbatoio, andò distrutto in un atterraggio di fortuna a Zocchi, presso Asiago. Nello schianto morirono l'osservatore, tenente Guido Pacinotti, ed il secondo pilota, soldato Giovanni Facta. Pochi giorni dopo, il mattino del 3 luglio, il Farman della 28^ squadriglia, pilotato dal sottotenente Ugo Niutta con osservatore il tenente Cesare Franceschini, in ricognizione sulla Valsugana, fu attaccato da due velivoli austro-ungarici nel cielo di Borgo e, dopo un serrato combattimento, abbattuto nei pressi di Ospitaletto. La conclusione del ciclo operativo apertosi il 15 maggio 1916 fu per il III Gruppo una nuova serie di attacchi sugli accantonamenti di Folgaria, il primo il 15 luglio, ad opera di due Caproni della 5^ Squadriglia e di uno della 9^, il secondo il 25, con l'intervento di due trimotori della 10^ Squadriglia, e il terzo il 27, da parte di due della 5^. I bombardieri portavano il carico standard di sei bombe da 162 mm ed operavano come sempre da una quota di circa 3.000 metri, non sufficiente però a metterli del tutto al riparo dal fuoco dell'artiglieria controaerea appostata sul Sommo Alto, sul Cornetto e sul Finonchio. Per quanto riguarda il IV Gruppo, il mese di luglio lo vide battere installazioni logistiche e colonne di truppe e carreggio in Val d'Assa, il giorno 6 con tre velivoli, il 7 con due, con uno, il 12 ancora con due, il 13 di nuovo con un solo velivolo ed infine il 18 con una coppia di trimotori. II 16 luglio due Caproni bombardarono invece baraccamenti e concentramenti di truppe e materiali tra Monte Erio e Casara Gruback. Le numerose azioni di interdizione eseguite dal gruppo sull'altopiano a partire dalla fine di maggio comportarono la perdita di un Caproni della 4^ Squadriglia, gravemente danneggiato in combattimento aereo il 25 giugno sulla Val d'Assa ed andato distrutto in un atterraggio d'emergenza a Nove di Bassano con la perdita dell'intero equipaggio. I trimotori erano però un avversario ostico, soprattutto quando erano equipaggiati con una seconda mitragliatrice a protezione dei quadranti posteriori, come era ormai usuale nel giugno del 1916, ed in molti casi riuscirono a disimpegnarsi con successo. Vittorie aeree furono rivendicate da un velivolo della 3^ Squadriglia il 16 giugno sull'altopiano e nel corso dell'attacco al campo di Cirè del 20 giugno da due della 2^ e da uno dell' 8^. Con la fine della controffensiva italiana, sospesa il 25 luglio, sul fronte degli altopiani tornò la calma ed alla l^ Armata furono sottratte le forze non indispensabili alla difesa, riportandole sull'Isonzo. La prima a partire fu la 30^ squadriglia, che il 19 luglio si trasferì a Chiasellis, e nel giro di pochi giorni se ne andarono anche la 10^, la 27^, la 28^, la 42^ e la 43^. Rimasero al III Gruppo la 9^ da bombardamento e le due squadriglie da caccia, 71^ e 75^, mentre nell'ambito del VII Gruppo, che inquadrava i reparti di aviazione per l'artiglieria, il 25 luglio la 46^ si divise in due, dando vita alla 49^ Squadriglia con le tre sezioni di Nove di Bassano. Una valutazione dell'operato dell'aviazione italiana durante il ciclo operativo del maggio-luglio 1916 non può prescindere da quelle che furono le condizioni iniziali nè, ovviamente, dalle particolari caratteristiche del teatro di operazioni. In merito al primo aspetto l'elemento caratterizzante è senza dubbio la riorganizzazione dello strumento aereo attuata nella primavera del 1916, riorganizzazione che non si limitò ad un cambio di numerazione dei reparti e pose invece le basi per una razionale suddivisione delle diverse specialità, bombardamento, ricognizione, osservazione e, ultima ma certo non meno importante, la caccia. All'inizio dell'offensiva questo processo era già avviato, ma sul fronte trentino era condizionato da una limitata disponibilità di mezzi e da caratteristiche ambientali che ponevano ulteriori ostacoli all'impiego del mezzo aereo.
I provvedimenti adottati per rinforzare la 1^ Armata in tutte le sue componenti superarono rapidamente il problema dei mezzi, presto almeno quantitativamente (pur se non superiori a quelli dell'avversario), ed accelerarono il passaggio ad un modo più efficace ed organico di impostare e condurre le operazioni aeree. Se all'inizio l'attenzione fu rivolta soprattutto alla ricognizione, al fine di soddisfare le esigenze informative dei comandi, ben presto venne avviata una vera e propria campagna di interdizione, nell'intento di ostacolare prima ed impedire poi l'alimentazione dell'offensiva con attacchi mirati ai centri logistici ed alle vie di comunicazione, mentre l'urgenza del momento permise di superare rapidamente quelle remore mentali che fino ad allora avevano frenato l'impiego del mezzo aereo nell'osservazione del tiro. La disponibilità di squadriglie da caccia consentì infine di sviluppare l'azione di contrasto ai velivoli avversari con macchine più idonee dei Farman, e la decisione di condurre azioni di controaviazione offensiva, rimarcando la volontà di assumere decisamente l'iniziativa e completando un quadro d'assieme da cui emerge una impostazione sufficientemente moderna delle operazioni aeree. I mezzi dell'epoca erano quelli che erano, e da questo punto di vista una valutazione in termini puramente quantitativi dello sforzo prodotto sarebbe ingenerosa, ma ciò che si vuole rimarcare è piuttosto il consolidarsi di concetti d'impiego e di un'organizzazione certamente in linea con quanto avveniva, sia pure su scala ben diversa, sul fronte occidentale. La differenziazione delle diverse specialità, la presenza di una componente aeronautica d'armata accanto ad una componente a disposizione del Comando Supremo, costituita da unità da bombardamento, l'impiego di questa secondo criteri ben precisi e verso obiettivi accuratamente selezionati, la sempre maggiore aderenza dell'azione dei velivoli a quella delle truppe a terra, concorrono a disegnare uno scenario nel quale l'aeroplano, superata la fase pionieristica, si propone come un efficace strumento bellico, in grado di incidere in misura crescente sull'andamento delle operazioni. La costruzione di uno strumento bilanciato nelle sue diverse componenti, insieme al consolidarsi di una valida base industriale, permise all'aviazione italiana di guadagnare un significativo margine di superiorità, e questo nonostante si continuassero ad impiegare per la ricognizione velivoli a trave di coda, inferiori alle macchine a fusoliera messe in campo dall'avversario. L'inferiorità tecnica venne infatti compensata non tanto sul piano quantitativo, dove pure l'aviazione austro-ungarica comincia a perdere terreno, quanto sul piano dell'organizzazione e dei criteri di impiego. Le Flik sembrano infatti rimanere ancorate a concetti operativi che, nel privilegiare la ricognizione tattica e l'osservazione aerea, alternavano questa tipologia di missioni con occasionali incursioni contro i centri demografici ed industriali della pianura veneta e lombarda, senza neppure tentare di impostare un serio sforzo di interdizione e di controaviazione, mentre la mancanza di reparti da caccia e da bombardamento, facendo ricadere tutto il peso delle operazioni sui pur validi biposto da ricognizione, impediva la ricerca di soluzioni ottimali per le diverse situazioni.
Il testo è tratto da:
L'Aviazione Italiana nella Grande Guerra, di Basilio Di Martino, Mursia 2011
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