Il Fronte del Cielo - La Caccia - 6.4 - I Gregari di Baracca

La 91^ Squadriglia fu allestita mettendo insieme i maggiori assi dagli altri reparti. Il gotha della formazione era composto da Fulco Ruffo di Calabria, Ferruccio Ranza, Francesco Baracca e Pier Ruggero Piccio. Quest'ultimo però non faceva ufficialmente parte dell'organico, ma amava volare lo stesso con i suoi amici. Fulco Ruffo di Calabria era un nobile napoletano e aveva già 31 anni allo scoppio del conflitto. Era stato un volontario in cavalleria e aveva lavorato per un certo periodo in Africa. Dopo essere stato richiamato venne assegnato all'aviazione sui ricognitori. Nel 1916 passò alla caccia venendo aggregato alla 70^ Squadriglia dove volava Francesco Baracca. Ruffo si fregiava di un'insegna piratesca e, alla fine dell'anno, aveva già accumulato due vittorie raggiungendo il rango di «asso» nel maggio dell'anno dopo. Ruffo aveva un carattere riservato, un fisico asciutto e un portamento che tradiva le sue origini nobili. Seguì Baracca alla nuova 91^ Squadriglia transitando sugli SPAD. Durante la permanenza a Istrana nel giugno del 1917, ebbe tre vittorie di cui due su due aerei della Flik 21, impegnati in missione di protezione del campo di Pergine dov'era in visita il Kaiser. Dopo altre quattro vittorie fu costretto in agosto ad un periodo di riposo per esaurimento nervoso. Ritornato in servizio all'epoca del disastro di Caporetto, aggiunse altre vittorie al proprio carniere ed a dicembre assieme a Baracca e Piccio fu inviato a Torino per valutare i nuovi caccia. Dopo un'altra licenza fece ritorno a Quinto nel maggio del 1918. Ottenne altre due vittorie che furono le ultime della sua carriera di pilota. In giugno, alla morte di Francesco Baracca, assunse il comando del reparto sino a fine settembre, quando passò al comando del XVII gruppo. Prese parte alla Battaglia di Vittorio Veneto e, anche se abbattuto, riuscì a sfuggire alla cattura. Finito il conflitto con 20 successi all'attivo, dopo una incerta carriera militare, nel 1925 fu posto in aspettativa. Si ritirò allora nella sua tenuta in provincia di Frosinone, occupandosi di politica e opponendosi al regime fascista dal quale verrà perseguitato. Dopo l'8 settembre aiuterà la resistenza e gli alleati. Morì nel 1946 e tredici anni dopo la figlia Paola sposò Alberto di Liegi diventando poi la regina del Belgio. Ranza era un piacentino di Fiorenzuola d'Arda classe 1892. Allo scoppio del conflitto entrò subito nel «Battaglione Aviatori», dimostrando le sue qualità eccellenti di pilota. Solo nel 1916 transitò alla caccia con la nuova 77^ Squadriglia a Istrana.  Arrivò alla 91^ Squadriglia alla sua costituzione nel maggio del 1917. Con la Battaglia dell'Ortigara diventò «asso» raggiungendo le 5 fatidiche vittorie che consentivano al pilota di fregiarsi di questo titolo. Era un uomo di corporatura robusta ma di carattere sensibile anche se spigoloso. Il 24 giugno fu lui a trovare assieme al giornalista Raffaele Garinei del «Secolo» di Milano e al tenente Franco Osnago, che gli era stato gregario nell'ultimo volo, i resti di Francesco Baracca. Ranza assunse il comando della 91^ dopo Ruffo e con la battaglia finale arrivò alle 24 vittorie di cui però solo 17 ufficialmente riconosciute. Mantenne il comando della «Squadriglia Baracca» fino al 1919. In seguito partecipò al raid Roma-Tokyo ritirandosi per incidente a Calcutta. Ricoprì poi vari incarichi nella Regia Aeronautica, fino a raggiungerne il comando. L'8 settembre era a Bari dove partecipò alla difesa delle infrastrutture aeroportuali fino all'arrivo degli alleati. Fu tra coloro che riuscirono a convincerli ad impiegare il resto dei reparti italiani nella guerra di liberazione. Lasciato il servizio attivo nel 1945, trascorse la quiescenza serenamente. Si spense a Bologna nel 1973.

 

Immagine: Ferruccio Ranza
Francesco Baracca Tre semplici Assi

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LA SQUADRIGLIA DEGLI ASSI




La 91ª Squadriglia possiede una caratteristica che la rende forse unica nella storia delle forze aeree di tutto il mondo, giacché Francesco Baracca ebbe il privilegio di poter scegliere uno per uno “I SUOI” uomini. Nell'esercitare tale indubbio privilegio, l'asso romagnolo cercò negli altri aviatori quelle stesse caratteristiche di eccellenza quale uomo, soldato ed aviatore che pure lui possedeva. Baracca, era un professionista serio ed equilibrato, ben lontano da tronfi fanatismi ed animato da grande rispetto per i suoi stessi nemici. A tal fine conviene ricordare come la contessa Paolina Biancoli, sua madre, avesse definito in una lettera gli aviatori austriaci "birbanti". Baracca la riprese pregandola di non chiamarli in quel modo, giacché lui li considerava semplicemente dei soldati che compivano il loro dovere nei confronti del loro paese. In un esercito allora fortemente strutturato in senso gerarchico, si curava poco anche dei gradi, conscio come era che in aria non contasse la presenza od il numero delle stelle da ufficiale sulle maniche. In questo fu simile al suo grande amico Pier Ruggero Piccio, suo superiore quale comandante del X Gruppo ed Ispettore della Caccia e futuro primo Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica quale Arma indipendente. La figura di Piccio a rigor di logica esulerebbe dalla trattazione poiché l'ufficiale romano non faceva parte della 91ª ma la sua storia è talmente legata ad essa che davvero non si può prescindere dal citarlo. Piccio univa un'enorme competenza ad un carattere focoso che lo rendeva pronto alla lode ed al biasimo senza riguardo alcuno al grado dell'interlocutore. Gli aviatori della 91ª erano uomini con storie, provenienze e caratteri diversi, uniti come si è detto dalle non comuni abilità nell'arte del volo e del combattimento aereo. Fra loro, e solo per citarne alcuni, si possono ricordare figure come Fulco Ruffo di Calabria, di nobilissima famiglia del Mezzogiorno, il padre dell'attuale Regina dei Belgi, che pure mai fece pesare il suo rango e rimase al suo posto scontando l'impegno con una grave forma di esaurimento fisico, assumendo anche la guida del reparto dopo la morte di Baracca. Al fronte rimase pure il fiorentino Nardini, che con i suoi 35 anni avrebbe pure potuto avere un incarico nelle retrovie, magari egualmente impegnativo ma meno rischioso. Lontano dal fuoco a lungo venne invece costretto dalla propria abilità di collaudatore De Bernardi, che poi ebbe modo di mettersi in luce dopo la guerra conquistando diversi record aviatori e che pure pilotò il celebre Campini Caproni, il primo velivolo a getto progettato e prodotto in Italia. Campano come Ruffo era Gaetano Aliperta, che gravemente ferito in uno scontro poco prima di Caporetto, affrontò una dolorosa marcia pur di sfuggire all'avanzata austriaca e tornare a combattere. Vi erano nella 91ª uomini come Ranza, che raggiunse nella maturità il grado di generale continuando a volare e fuggendo come il diavolo scartoffie e mene politiche, o Costantini, che in un’epoca di preparazione empirica aveva una solida conoscenza tecnica e dopo la guerra si diede alle corse automobilistiche, vincendo gare come la Targa Florio. D'Urso invece, un siciliano schivo e taciturno, passava ogni attimo del suo tempo libero allo studio del moto perpetuo. In aria era un acrobata estroso ed abile, capace di stupire i pur esperti compagni di squadriglia. Si è detto come Baracca badasse al sodo dei suoi uomini, curandosi solo che compissero al meglio il loro dovere e senza badare ad altro. Nulla meglio della figura di Guido Keller illustra tale fondamentale aspetto della personalità del cacciatore lughese. Keller era un futurista e di lui si disse che riusciva a coniugare in sé Gabriele d'Annunzio e San Francesco. E' difficile riassumere in breve una personalità tanto complessa, ma basti dire come gli aspetti più palesi della sua bizzarra personalità fossero il regalare denaro anche a perfetti sconosciuti e l'abitudine di girare nudo per il campo di aviazione. Sempre nudo nuotava in un torrente nei pressi, giocando quando capitava come diceva lui, al “satiro ed alle ninfette" con le donne che in quelle acque lavavano i panni. Se le ragazze, che lo conoscevano, stavano al gioco e fuggivano ridendo e dandosi la voce, il parroco del paese vicino mostrò di non gradire il turbamento del suo gregge e Baracca dovette intervenire. Giacché Keller, tanto era eccentrico a terra anche per una mentalità più aperta quale la nostra, quanto era preciso in volo. Non solo era maestro nel condurre a termine efficaci ricognizioni fotografiche, tenendo l'aereo dritto a quota ed a velocità costanti in mezzo alla contraerea più violenta ma verificava personalmente il proprio aereo prima del volo, "controllando i bulloncini” sempre nelle sue parole. A Keller si deve fra l'altro l'idea del Grifone quale insegna della Squadriglia e la vicenda ci mostra come Baracca oltre a grandi qualità di pilota e di soldato, possedesse precipue doti di leader, curandosi anche del morale dei suoi uomini. Dopo la ritirata oltre il Piave conseguente ai tristi giorni di Caporetto, in cui la 91ª aveva perso due piloti molto amati, l'asso Giovanni Sabelli ed il tenente Enrico Perreri, Baracca provvide a portare i suoi aviatori al ristorante “Lo Storione”, uno dei migliori di Padova. In quell'occasione i piloti presero a discutere quale stemma avrebbe potuto avere il reparto ed alla proposta di Keller per questo mitico animale, simbolo della forza in terra ed in aria, Baracca accordò la sua preferenza. Lo spirito di corpo forgiato dall'aviatore romagnolo fu fortissimo, tanto che gli uomini della 91ª continuarono negli anni ad incontrarsi nel ricordo del loro comandante. Baracca aveva scelto i suoi compagni in maniera tanto oculata che alla fine del conflitto, ben 11 dei 42 assi dell'aviazione del Regio Esercito avevano militato nelle fila della 91ª ed il Grifone passò poi a rappresentare la specialità della Caccia nello stemma dell'Aeronautica Militare, mentre la tradizione di eccellenza continuava fino ai giorni nostri.(Articolo di Paolo Varriale, Rivista Aeronautica , 2005)

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FULCO RUFFO DI CALABRIA 1884 - 1946

Nasce e dopo gli studi ed il servizio militare nell'XI reggimento cavalleggeri Foggia, si trasferisce in Somalia come vicedirettore di una società per la navigazione ed il commercio sul Giuba, dove rimane tre anni. Scoppiato il primo conflitto mondiale si arruola volontario nel reggimento cavalleria dal quale molto presto si allontana per entrare nel battaglione aviatori. Dopo aver frequentato il corso di Mirafiori e conseguito il brevetto, passa al pilotaggio in zona di guerra. Dalle prime squadriglie di aviazione per artiglieria raggiunge, già due volte decorato al valore, la squadriglia da caccia di Francesco Baracca della quale erediterà il comando. Il 20 Ottobre 1918 viene abbattuto dietro le linee nemiche. Riesce a far atterrare il suo Spad con il serbatoio squarciato, sotto il fuoco nemico, e ne esce incolume. Riesce a fuggire prima dell'arrivo dei soldati austriaci e riattraversa a piedi le linee. Cinque giorni dopo l'Austria firmerà l'armistizio. Sopravvissuto alla Guerra rimane nell'esercito nei reparti di cavalleria. Nel '25 lascia la vita militare per dedicarsi alla proria azienda agraria ed alla società italo belga per cui aveva già lavorato in Africa e di cui diviene presidente. A lui si deve nel campo della scienza agraria la scoperta di una varietà di trifoglio gigante, nominato appunto trifoglio Ruffo. Nel '34 è nominato Senatore del Regno. Fu decorato con il Cavalierato dell'Ordine Militare Savoia, la Medaglia d'Oro al Valor Militare, due Medaglie d'Argento al Valor Militare, quattro Medaglie di Bronzo al Valor Militare, e una Promozione per merito di Guerra (dal sito: http://www.ruffodicalabria.it/nonno.html)


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FERRUCCIO RANZA 1892 - 1973




Nato a Fiorenzuola D'Arda, dopo gli studi di ragioneria si arruolò frequentando nel 1914 il primo corso per allievi ufficiali del Battglione Aviatori. Nell'ottobre del 1915 volò con i Caudron della 3^ Squadriglia d'artiglieria e ottenne poi il trasferimento alla 77^ Squadriglia da caccia dove si vide confermare la sua prima vittoria il 14 settembre 1916. Altre due vittorie vennero il 25 novembre e nel gennaio 1917 fu nominato comandante della 77^ squadriglia. . Il 1 maggio fu trasferito alla 91^ squadriglia e diventò un asso il 23 settembre condividendo con Sabelli l'abbattimento di un Brandenburg C.I.. Prima della fine dell'anno ottenne altre due vittorie, l'ultima delle quali, il 30 dicembre. La prima vittoria del 1918 fu ottenuta il l2 gennaio ai danni di un aereo tedesco, un Rumpler C.IV. Una doppietta fu rivendicata il 10 febbbraio e il 15 giugno, primo giorno dell'ultima offensiva austroungarica, abbettè un Brandenburg C.I... In settembre Ranza subentrò a Ruffo nel comando della 91^ Squadriglia ottenenendo le sue ultime due vittorie il 29 ottobre. In tre anni di voli di guerra aveva compiuto 465 voli di guerra con 17 vittorie confermate in 57 combattimenti. Rimasto sotto le armi e passato nella regia aeronautica, proseguì la sua carriera partecipando a voli operativi in Libia e in Africa Orientale. Durante la seconda guerra mondiale , con il grado di Generale di Squadra Aerea ebbe il comando dell'Aeronautica dell'Albania durante la sciagurata campagna di Grecia. All'armistizio Ranza era a Bari al comando della 4^ Squadra Aerea e non perse la testa, rimanendo al suo posto e riuscendo prima a mantenere la saldezza delle truppe evitando il sabotaggio degli aeroporti da parte dei tedeschi, collaborando poi con gli Allearti per mostrare la volontà degli italiani a liberare il proprio paese.. In congedo dal 1952, morì a Bologna nel 1973. (Da: Gli Assi Italiani della Grande Guerra, di Paolo Varriale)

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FRANCESCO BARACCA 1888 - 1918




Nato a Lugo di Romagna il 9 maggio 1888, da Enrico e da Paola dei conti Bianchi, uscì dalla Scuola militare di Modena, nel sett. 1909, col grado di sottotenente di cavalleria. Passato a sua richiesta nelle file dell'aviazione militare, il 28 apr. 1912 fu assegnato al battaglione "Specialisti d'aviazione" e inviato a seguire i corsi della scuola di pilotaggio dell'aviazione militare francese a Reims, dove il 9 luglio 1912 conseguì il brevetto di pilota. Nel 1913, partecipando alle manovre dell'arma di cavalleria, dimostrò le grandi possibilità militari che l'impiego del mezzo aereo apriva sul piano tattico, e gli fu affidato il compito d'istruire gli allievi piloti. Già completamente padrone della tecnica acrobatica, perfezionò continuamente le sue conoscenze e il suo addestramento tattico, abituandosi a pilotare apparecchi di tipi diversi. Con l'entrata in guerra dell'Italia a fianco dell'Intesa, il 24 maggio 1915, il B. accelerò la sua preparazione sugli aerei tipo "Nieuport", dotati di una velocità eccezionale per l'epoca, presso l'aeroporto parigino di Le Bourget. Rientrato nel luglio 1915 in Italia, fu subito mandato al fronte per collaborare all'organizzazione di una difesa contro i già operanti velivoli austriaci. Compì diverse missioni con vari compiti e ottenne la sua prima vittoria in un duello aereo il 7 apr. 1916, costringendo ad atterrare, ancora quasi intatto, all'interno delle linee italiane un velivolo austriaco tipo "Aviatik" : questa azione, che poneva in mano italiana un apparecchio di uno dei modelli più recenti da ricognizione e da combattimento, gli valse la prima medaglia di argento al V. M. Seguirono numerose altre vittorie: nel 1917, all'ottavo aereo nemico abbattuto, gli fu conferita la croce dell'Ordine Militare di Savoia. Dopo aver combattuto con la 70ª squadriglia, di base al campo di S. Caterina (Udine), passò nella primavera del 1917 alla 91ª squadriglia, una unità di nuova costituzione, nella quale confluirono i migliori piloti della 70a e che fu poi chiamata "la squadriglia degli assi". La nuova formazione ebbe in dotazione apparecchi tipo "Spad", superiori ai "Nieuport", con i quali collezionò una serie straordinaria di vittorie: dopo avere svolto attività assai intensa con base prima a Istrana (Treviso) e poi a S. Caterina, i piloti della 91ª squadriglia potevano vantare alla fine del settembre 1917 diciannove velivoli abbattuti dal B., comandante della squadriglia, tredici da Fulco Ruffo di Calabria, dodici ciascuno da P. R. Riccio e L. Olivari, sette da F. Ranza. La 91ª divenne in breve la squadriglia più famosa del fronte; i suoi piloti s'impegnavano anche in azioni di bombardamento con apparecchi "Caproni", ma la specialità, nella quale il B. e i suoi aviatori eccellevano, era la caccia: la tattica preferita dal B. consisteva nell'attaccare dall'alto il nemico, sfruttando soprattutto la propria eccezionale abilità nella manovra dell'aereo e delle armi di bordo. Altre due medaglie d'argento vennero a premiare l'audacia del B., che durante la battaglia di Caporetto e la ritirata s'impegnò a fondo per ostacolare il nemico con azioni rischiosissime di mitragliamento a bassa quota, anche nelle strade di Udine, che le colonne austro-tedesche stavano attraversando. Trasferitasi la gia squadriglia a Pordenone, e poi a Padova, la stretta collaborazione con la lotta delle truppe di terra continuò, sia nel campo dell'intervento tattico, sia in quello della ricognizione strategica e dei bombardamento. Il 7 dic. 1917 il B. abbatteva il suo trentesimo aereo nemico, un "Albatros" austriaco, sull'altopiano di Asiago. Per questa vittoria, il B. ebbe la croce di ufficiale della Corona belga, dal re Alberto in persona, il 6 febbr. 1918, sul campo di aviazione di Padova, e la medaglia d'oro al valor militare: seguì la promozione a maggiore per merito straordinario di guerra. Il cavallo rampante e il motto "ad maiora", che il B. aveva dipinto sulla carlinga, contribuivano a creare attorno all'aviatore un'atmosfera romantica, come del resto era accaduto ad altri famosi cacciatori di quella guerra, come il tedesco von Richtofen sul fronte francese e l'austriaco Brumowscky sul fronte italiano. La sua figura diveniva estremamente popolare tra i soldati e contribuiva notevolmente all'affermazione della nuova aviazione italiana. La offensiva austriaca e il contrattacco italiano nel giugno 1918 impegnarono a fondo la gia squadriglia. Il 15 giugno il B. abbatté il suo trentaquattresimo apparecchio nemico. Il 19 giugno, uscito al tramonto con altri due aerei della squadriglia per un'azione di mitragliamento a volo radente sul Montello, l'apparecchio del B. fu colpito da due pallottole incendiarie di fucile, che perforarono il serbatoio, e una delle quali raggiunse alla testa l'asso dell'aviazione italiana. (www.treccani.it)

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TEN. COL. PILOTA PIER RUGGERO PICCIO

Pier Ruggero Piccio nasce a Roma il 27 settembre 1880; il 29 ottobre 1898 entra alla Scuola Militare di Modena, da dove esce l’8 settembre del 1900 con il grado di sottotenente del 43° Reggimento fanteria. Nel 1903 viene inviato al Ministero degli Affari Esteri: dal novembre del 1903 fino al febbraio del 1907 è in missione a Kalambari (Africa). Rientrato in Italia, da marzo del 1908 al luglio del 1909 viene assegnato alla 2a Compagnia mista di Creta; dal 14 novembre 1911 al 2 dicembre 1912 viene assegnato al 37° fanteria durante la Guerra di Libia; come capo di una sezione di artiglieria ottiene una medaglia di bronzo al valor militare; il 31 marzo 1913 viene assegnato al 19° fanteria con il grado di capitano. Nel luglio del 1913 consegue il brevetto di volo su monoplano Nieuport, mentre nell’ottobre consegue il brevetto di pilota militare, venendo assegnato alla 5a Squadriglia. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale viene assegnato al Corpo Aeronautico Militare. Consegue una prima medaglia di bronzo al valor militare per le azioni di ricognizione effettuate dal maggio all’agosto del 1915. Inviato alla Malpensa per conversione su bombardieri Caproni, diviene comandante della 3a Squadriglia su Caproni 300.Nella primavera del 1916 viene inviato a Parigi per conversione su Nieuport biplano e nel giugno dello stesso anno assume il comando ad Istrana della 77a Squadriglia Nieuport. Nell’ottobre del 1916 viene decorato di medaglia d’argento al valor militare per l’abbattimento di un pallone Draken. Promosso maggiore nel dicembre del 1916, nell’aprile del 1917 viene assegnato in qualità di comandante al 10° Gruppo Squadriglie (vola con la 77a e con la 91a Squadriglia); promosso tenente colonnello per meriti in servizio nell'ottobre del 1917, diviene in seguito Ispettore delle squadriglie da caccia e nell’estate del 1918 viene decorato di medaglia d’oro e di medaglia d’argento al valor militare; con le sue 24 vittorie è uno dei principali Assi dell’aviazione italiana.




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70^ SQUADRIGLIA CACCIA

L'Unità nasce il 15 aprile 1916 sul campo di Santa Caterina di Udine. La linea di volo è composta da otto biplani Nieuport. All'alba del 16 maggio la squadriglia intercetta una dozzina di velivoli austriaci reduci da un incursione su Udine. I piloti erano Tacchini, Baracca, Olivati e Bolognesi. ...




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SPAD VII



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BATTAGLIA DI VITTORIO VENETO

Svoltasi tra il 24 ottobre e il 3 novembre 1918, segnò la conclusione delle operazioni belliche sul fronte italiano nella Prima guerra mondiale con il definitivo successo della controffensiva italiana sul Piave. L’obiettivo strategico del comando italiano, sotto la guida di A. Diaz, era quello di separare le forze austro-ungariche di F. Conrad nel Trentino da quelle di S. Boroevic sul Piave, con un’avanzata verso Vittorio Veneto. L’offensiva iniziò sul monte Grappa, ma le forti piogge impedirono l’attraversamento del Piave da parte delle truppe italiane. Il momento critico fu superato e il 28 ottobre gli Austriaci cominciarono a ripiegare sulla seconda linea di difesa. Il giorno successivo, dopo che nella notte tutte le truppe italiane erano passate sulla sinistra del fiume, alcuni reparti raggiunsero Vittorio Veneto. Le forze italiane riuscirono a raggiungere Trento il 3 novembre e lo stesso giorno, via mare, anche Trieste. Il 4 cessarono le operazioni militari con l’entrata in vigore dell’armistizio con l’Austria. La battaglia costò alle truppe italiane circa 38.000 uomini, tra morti e feriti.



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BATTAGLIONE AVIATORI

Dopo la positiva esperienza sull'impiego dell'aviazione in operazioni belliche in Libia nella guerra Italo - Turca definitivamente conclusa il 18 ottobre 1912, il Senato approva la legge n. 698 il 27 giugno 1912, grazie alla quale l'Esercito creava il Servizio Aeronautico presso la Direzione Generale Genio e Artiglieria del Ministero Della Guerra. Per cui il 1° luglio 1912 si costituì il Battaglione Aviatori a Torino con sede in via Maria Vittoria presso la Caserma Lamarmora e sede operativa il Comando Militare dell’Aerodromo di Mirafiori. Al Battaglione il comando degli aerei mentre al preesistente Battaglione Specialisti del Genio di Roma il comando sui dirigibili e gli aerostati. L’Aeroporto di Mirafiori di Torino era stato inaugurato nel 1911 in occasione del 50° Anniversario dell’Unità D’Italia e divenne anche il Campo scuola del Battaglione. Inoltre il Battaglione Aviatori comprendeva altre tre scuole collocate a Pordenone, Aviano, Somma Lombardo e cinque Squadriglie impegnate in Libia. Alla fine della guerra Italo Turca, le Squadriglie furono dislocate in diverse località italiane. Il primo Comandante del Battaglione Aviatori fu il Tenente Colonnello Vittorio Cordero Di Montezemolo con vice il Maggiore Giulio Douhet il quale assumerà il pieno comando nel 1913 (formalmente dal settembre 1912). Il 3 giugno 1913 la prima grande parata aerea militare col decollo in sequenza di 32 aeroplani appartenenti ad otto Squadriglie con velivoli Bleriot, Nieuport e Farman per formare in cielo una grande formazione d’attacco. La SIT di Torino costruì 25 di questi aeroplani. Il giovane Francesco Baracca appartenne al Battaglione e imparò a volare all’Aeroporto di Mirafiori, divenendo in seguito il più grande Asso della Grande Guerra. Il Battaglione fu sciolto nel 1915 a causa della riorganizzazione del Corpo Aeronautico e dell’imminente ingresso dell’Italia nella Grande Guerra avvenuta il 24 maggio 1915. L'ultimo schieramento del Battaglione Aviatori del 1914 era : 1° Squadriglia su aeroplani Nieuport presso il Comando Battaglione Aviatori a Venaria Reale di Torino, 1° Gruppo ad Aviano (comprendente la 2°, 3°, 13°, 14° Squadriglia su aeroplani Bleriot), 2° Gruppo a Pordenone (comprendente la 5°, 6°, 8° Squadriglia su aeroplani Nieuport), 3° Gruppo a Padova (4° Squadriglia su Bleriot, 7° Squadriglia su Nieuport), 1° Sottogruppo Biplani a San Francesco al Campo di Torino (9°, 10° Squadriglia su aeroplani Farman), 2° Sottogruppo Biplani con la 11° Squadriglia Farman a Brescia, 12° Squadriglia Farman a Verona e la 16° Squadriglia Bleriot Autonoma di Piacenza. Per la Grande Guerra il Battaglione fu riorganizzato nel Battaglione Squadriglie Aviatori.




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77^ SQUADRIGLIA CACCIA

La 77^ squadriglia Nieuport è formata il 31 maggio 1916 al campo della Comina. Al Comando del capitano Piccio è armata con velivoli Nieuport 10 ed inizia i voli di guerra nel luglio 1916, andando intanto a riequipaggiarsi con i Nieuport 11. In agosto si trasferisce al campo di Cascina Farello con il compito di fornire protezione agli idrovolanti della Marina. Nel corso del 1916 eseguiva 526 voli di guerra sostenendo 30 combattimenti e abbattendo due velivoli avversari e un Draken. Nel marzo del 1917 l'unità si trasferisce al campo di Aiello e riceve i primi SPAD. Nel corso dell'offensiva di agosto il reparto effettua ben 398 voli di caccia, scorta e crociera, sostenendo 20 combattimenti e abbattendo tre aerei nemici. Dopo Caporetto si ritira ordinatamente alla Comina, quindi ad Arcade e infine si assesta a Marcon a difesa della 3^ armata. Da Caporetto alla fine del conflitto la squadrigflia effettuò 372 voli di caccia, 667 di scorta, 1466 crociere e 44 ricognizioni fotografiche per un totale di 2549 voli bellichi cui occorre aggiungere 47 missioni contro i Draken. Ebbe cinque assi conclamat: Ancillotto, Lombardi, Cabruna, Rizzotto e Allasia. Sarà sciolta nel maggio 1919.



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BATTAGLIA DELL'ORTIGARA
6 GIUGNO - 2 LUGLIO 1917




In quei giorni primaverili i piani dell'esercito italiano non prevedevano solamente l'avanzata sul fronte isontino, ma anche un nuovo piano offensivo nella zona dell'Altopiano di Asiago. Nonostante la controffensiva dell'estate precedente infatti, questa ampia zona di montagna era ancora parzialmente occupata dagli austro-ungarici. Le loro posizioni sulle cime meridionali del Trentino davano un grande vantaggio perché potevano controllare agevolmente tutti gli spostamenti italiani. Il Comando Supremo decise perciò di agire in modo da ribaltare la situazione. Venne formata una nuova armata (la Sesta) agli ordini del generale Ettore Mambretti il quale avrebbe guidato i 200 mila uomini alla conquista del Monte Ortigara, una cima di 2105 metri all'estremità orientale dell'altopiano tra il Veneto ed il Trentino. L'azione, considerata una delle più importanti dell'intero conflitto, venne organizzata per la metà di giugno ma da subito fu bersagliata dalla sfortuna e dai contrattempi. La controffensiva austro-ungarica sul Flondar aveva reso necessario anticipare l'attacco. In tutta fretta Mambretti organizzò le prime linee ma proprio quando stava per essere dato l'ordine (7 giugno) le piogge torrenziali impedirono l'inizio delle operazioni. Il giorno seguente una mina destinata alla linea austro-ungarica esplose in anticipo uccidendo in un istante 230 soldati italiani. Nel frattempo, la situazione sul Carso si calmò dando così l apossibilità alla Sesta Armata di prepararsi con maggiore serenità all'operazione. Mambretti però, inspiegabilmente, decise di non aspettare e il 10 giugno lanciò l'assalto all'Ortigara. Le divisioni partirono verso le pareti scoscese della montagna mentre 430 cannoni e 220 lanciabombe iniziarono a colpire le trincee asburgiche. Ma ancora una volta la sfortuna si accanì sui soldati italiani: le nuvole basse impedivano di avere una buona visuale e tutti i colpi lanciati contro le postazioni nemiche andarono a vuoto. Nonostante le richieste di interruzione da parte di alcuni ufficiali, Mambretti ordinò di proseguire nella convinzione che le bombe e le granate italiane avrebbero sortito i loro effetti. Ma larealtà fu diversa e i soldati si trovarono bloccati sul fianco fangoso della montagna e si trasformarono in facili bersagli dell'artiglieria austro-ungarica. Il 19 giugno le condizioni del tempo migliorarono nuovamente e l'attacco riprese con il supporto dei bombardieri Caproni, triplani che fornirono l'appoggio aereo necessario per l'avanzata italiana. La battaglia infuriò per una settimana ma le conquiste, ad esclusione di diversi pezzi di artiglieria e di circa mille prigionieri, furono nulle. Il 25 giugno, dopo due settimane di combattimenti durissimi, i soldati asburgici respinsero definitivamente gli assalti della Sesta Armata con l'utilizzo di lanciafiamme e di gas. La Battaglia dell'Ortigara divenne così una delle pagine più drammatiche della Grande Guerra: in 16 giorni gli italiani persero più di 25 mila uomini e alcuni battaglioni persero oltre il 70% degli effettivi.(Da: http://www.itinerarigrandeguerra.it/)

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RAID AEREO ROMA - TOKYO
14 FEBBRAIO - 31 MAGGIO 1920



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CAMPO DI ISTRANA (TV)

Il campo di Istrana della prima guerra mondiale non corrisponde a quello attuale. Presso gli austriaci esso era noto come campo di Trevignano in quanto era stato realizzato sul confine con questo comune, nella zona a nord di Istrana e a est di Vedelago. Il Battaglione Aviatori aveva ricercato in quest'area terreni da trasformare in campi di volo fin dal 1913. Il 21 giugno del 1915, il capitano Attilio Ranza fu a Vedelago per verificare alcuni siti segnalati allo scopo. L'area su cui realizzare la base venne decisa ai primi di giugno dell'anno successivo. La base era collocata a sud dei «Pilastroni» della villa Onigo di Trevignano e si estendeva fino quasi alla Postumia Romana occupando circa 60 campi trevigiani, su di una superficie rettangolare che aveva il lato maggiore di 620 metri e quello minore di 480. Il campo, che può essere considerato un tipico esempio di struttura aeroportuale dell'epoca, era provvisto di una baracca Ufficiali e di uffici di compagnia, costruiti interamente in legno, compresi i pavimenti. Vi erano poi gli hangar per i velivoli. Due accoppiati di tipo Centocelle, che misuravano 36,2 metri di lunghezza e 25,53 metri di larghezza. Erano realizzati con ritti in legno e capriate, sempre in legno, della misura di 18,1 metri. La struttura era prefabbricata con pareti sia in muratura che in legno, con il pavimento in catrame spalmato e con portoni scorrevoli sempre in legno. Vi era poi, come previsto, un terzo hangar, destinato all'alloggiamento della truppa, dello stesso tipo e dimensioni dei due precedenti ma edificato più a sud, alla prevista distanza di 18,2 metri, tale che lo spazio fra le strutture potesse agevolmente venire ricoperto per installare un quarto hangar. Era stata inoltre realizzata una tettoia chiusa a cinque elementi per il ricovero di aerei. Le strutture erano completate dal corpo di guardia con l'annesso deposito carburanti, una costruzione di forma quadrata alta quattro metri e con un lato di 7 m. e 75 cm. La prova delle armi di bordo aveva reso inoltre necessaria la realizzazione di due parapalle che si trovavano nel lato sud dell'aeroporto. Infine numerosi baraccamenti furono approntati fra gli hangar ed altre infrastrutture costruite attorno a casa Quaglia. Il campo di Istrana, a partire dal 1917, fu inserito nella rotta Torino - Pordenone, che veniva impiegata per trasferire al fronte, direttamente dalle zone di produzione, i nuovi velivoli. L'esistenza di questo aeroporto era ben nota agli austriaci com'è testimoniato dai pesanti bombardamenti di cui fu oggetto a partire dal grande scontro del 26 dicembre 1917. In quell'occasione, i cieli della Marca, fecero da sfondo al più importante combattimento aereo dell'intero conflitto sul fronte italiano. La «battaglia di Istrana» vide affrontarsi decine di velivoli italiani e tedeschi e l'eco di quell'episodio fu tale da fargli conquistare un'illustrazione di Achille Beltrame, sulla prima pagina della Domenica del Corriere, onore che spettava solo agli avvenimenti di assoluto rilievo. L'incursione dei velivoli con la croce di ferro causò sensibili danni alle strutture del campo. Andarono distrutti l'hangar che veniva utilizzato come alloggiamento per la truppa e la baracca degli ufficiali. Divenne allora chiara la necessità di decentrare gli aerei su piste secondarie per renderli meno vulnerabili a futuri, sempre più probabili, attacchi. Tra gennaio e febbraio del 1918 le operazioni di spostamento dei mezzi ebbero inizio, verso i nuovi campi all'uopo realizzati, presso Paese (S.Luca) e Quinto. Nel successivo mese di aprile l'intero campo sembrò in procinto di essere trasferito a sud della Postumia Romana e, più precisamente, sui terreni ad est della Casa Rossi. Vennero iniziati i lavori per la costruzione delle necessarie fondazioni. Verso la fine del mese gli hangar della «vecchia» base, furono mimetizzati con motivi diversi. Appare lecito ipotizzare che questi lavori debbano avere in qualche modo tratto in inganno la ricognizione austrotedesca poiché i bombardieri germanici diminuirono la frequenza dei loro attacchi su ciò che restava del campo originale per andare a concentrarsi sulle infrastrutture in corso di realizzazione a sud della Postumia Romana che, nella notte, risultavano più evidenti. In breve tempo tutte le costruzioni furono mimetizzate e stando a quanto riferiscono le testimonianze raccolte in loco, venne iniziata la costruzione di nuove strutture che fra la popolazione che viveva intorno al campo erano note come «hangar finti». La complessa serie di mascheramenti che vennero posti in atto sembra avere effettivamente dato i frutti sperati. La carta della zona che fu compilata dalla ricognizione austriaca a seguito della missione 33/998 del 26 agosto 1918, non riesce infatti più a dare una chiara collocazione al campo di Istrana il cui posizionamento in precedenza era perfettamente noto. Su Istrana operarono anche reparti inglesi e squadriglie italiane da ricognizione.




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FLIEGERKOMPANIE 21 (FLIK 21)

Nel marzo del 1916 fu inviata nel Trentino sul campo di Gardolo, per la preparazion dell'offensiva di maggio e posta sotto il comando della 11^ armata.

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CAMPO DI AVIAZIONE DI PERGINE - CIRE'




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CAMPO DI QUINTO (TV)

Il campo di Quinto di Treviso era in pratica ad uso esclusivo della 91a Squadriglia che era conosciuta come «Squadriglia degli Assi». D'Annunzio per essa coniò il motto «Esce dal petto il mio fuoco». La base era stata realizzata su un'area quasi rettangolare di 600 m. per 500 m., oltre alle dipendenze esterne. L'aeroporto era costituita da 9 hangar tenda mimetizzati di cui 2 piccoli monoposto di tipo Mercandino. Tutto intorno erano distribuite una serie di baracche in legno. Le case esistenti furono riutilizzate per i servizi del campo. Nella parte sud della via Trevisana erano alloggiati i servizi tecnici, le officine e i magazzini e un viottolo in direzione nord-sud collegava il resto della struttura a questa parte. Ai due lati del tratturo erano posizionati almeno altrettanti accantonamenti, che consistevano in ricoveri singoli, in legno, con tetto in lamiera. Le pareti erano rivestite in arelle. Tali ricoveri furono montati sul fondo di piccole cave da cui era stato estratto il materiale ghiaioso necessario a preparare il fondo delle baracche e della zona di atterraggio. Probabilmente anche sugli altri lati del campo, lo spazio esterno alla zona di decollo era utilizzato per depositi e servizi. L'area di casa Murer era usata per i servizi destinati alla truppa e nelle abitazioni confinanti come il palazzo Lino casa Fantin, gli ufficiali in servizio di allarme avevano riservato alcune stanze per potervi dormire. Il deposito delle munizioni era stato costruito all'interno di una buca. A sinistra del convento dei frati di San Parisio era presente un secondo avvallamento del terreno dove, in alcuni hangar, venivano ricoverati gli apparecchi.




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